Le famiglie straniere nei servizi all’infanzia: rappresentazioni e modelli d’intervento – SECONDA PARTE

Nido

 

di Daniela Corradi, pedagogista

 

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Alcune idee guida per la relazione con  le famiglie straniere (e non)

«L’emergenza di prospettive di analisi che collocano la crescita del bambino entro le dinamiche triangolari che la caratterizzano» scrive Fruggeri «comporta un ripensamento anche delle competenze degli operatori pedagogici che sono sollecitati dalle nuove impostazioni scientifiche a coniugare le loro abilità tecniche con una sensibilità all’interdipendenza dei contesti relazionali» (Fruggeri, 2002, p.129). Questo non significa necessariamente snaturare il ruolo dell’educatrice fino a trasformarla in esperta di relazioni familiari o in terapeuta. La consapevolezza, tuttavia, di essere collocata essa stessa al centro di una rete di interazioni diventa l’occasione per ripensare agli oggetti e alle funzioni della propria professionalità. Vorrei concludere questo contributo indicando alcune idee guida che vengono qui declinate nei confronti della famiglia straniera, ma risultano strategie d’intervento che possono essere previste e utilizzate per le famiglie tout court.

 

Osservazione e comprensione

Imparare ad osservare e comprendere le differenze interculturali è un lavoro complesso. Non si tratta infatti di una semplice attività di osservazione e “presa d’atto” di ciò che ci accomuna e di ciò che ci distingue, ma implica anche la capacità di cogliere il significato che fatti e comportamenti assumono per l’Altro, d’interpretare e ricostruire il modo in cui l’Altro si rappresenta il mondo (Rogoff, 2004, p 15). 

Nel caso in cui l’Altro sia una determinata famiglia potremmo parlare della necessità di riconoscerne il paradigma familiare, ovvero il « complesso di presupposti, immagini reali e ideali, rappresentazioni, concetti, che coincide con la visione complessiva del mondo e di sé» (Formenti, 2000, pp 79-80). Sarà la visione del mondo condivisa a determinare il funzionamento della famiglia, orientandone le interazioni quotidiane e fornendo una mappa e delle strategie per affrontare il nuovo, la diversità (ibidem). 

Probabilmente, però, una comprensione completa ed oggettiva è impossibile da compiersi. Anzi, pensare di aver capito l’Altro, di aver colto le logiche, le premesse e i modelli di funzionamento di una determinata famiglia, potrebbe essere rischioso: l’illusione di conoscere oggettivamente, di poter catalogare ed etichettare, può rivelarsi rassicurante perché semplifica e riporta alla dimensione del controllabile, come si è visto precedentemente, ma allo stesso tempo comporta il rischio d’impoverire le storie, di reificare e assolutizzare affinità e differenze, di non riconoscere i processi evolutivi dei paradigmi culturali (Rogoff, 2004), di riportare e interpretare gesti, comportamenti, parole, significati all’interno delle proprie cornici di riferimento col rischio di snaturarne il significato.

E’ possibile però conoscere la famiglia con cui si interagisce «per quello che appare nella storia della relazioni con quel contesto» (Formenti, 2000, p151), partendo da questa visione parziale e contestuale per fare ipotesi e sperimentare strategie di connessione.

Per conoscere la famiglia in questo senso si richiede all’educatrice una disposizione particolare, che non è una propensione generica all’ascolto, ma il tentativo di circoscrivere e sospendere (epoché) momentamentamente i propri giudizi e pre-giudizi, la propria visione del mondo, i propri valori e paradigmi teorici di riferimento, per aprirsi con interesse e curiosità a chi ci sta davanti. 

In particolare potrebbe rivelarsi utile documentare i concreti episodi di comunicazione, specie quelli che hanno generato blocchi della comunicazione, portandoli in un contesto di supervisione o formazione, per evidenziare i punti critici e le risorse, ricostruire i processi, per interrogarsi e cercare interpretazioni che siano spunto e stimolo per ampliare la propria capacità di lettura ed azione (Infantino, 1996, p.133). 

 

Co-costruzioni

Si tratta anche d’inserire la propria professionalità educativa nella cornice di una sorta di “pensiero debole”, nel senso di riconoscere l’Altro, in questo caso la famiglia,  come «co-costruttore e attore di un progetto di cui non si può più avocare al ruolo educativo l’esclusiva titolarità, se si vuole che sia non solo incisivo ma realmente percorribile» (Palmieri, 2000, pp 160-161). Questo significa che, nell’ottica di una relazione co-evolutiva (Formenti, 2000, p 152), vengano abbandonati i modelli istruttivi in favore di modelli co-costruttivi che sottolineano i processi di negoziazione dei significati comuni di educatrici e famiglie, ricercando modalità d’intervento che riconoscano l’apporto di risorse da parte di tutti e la legittimità di tutti i punti di vista. 

Alla base di ciò sta la premessa che non esista un unico modo di pensare e praticare l’educazione, per cui l’incontro con punti di vista differenti viene letto come una risorsa che non solo apre possibilità aumentando il potenziale di repertori comportamentali, ma permette di riflettere sui propri modi di pensare ed agire, facendoli emergere dalla scontatezza e inconsapevolezza.

 

 

Bibliografia

Angrisani S., Marone F., Tuozzi C., Cinema e cultura delle differenze, Pisa, edizioni ETS, 2001

Favaro G., «Costruire l’integrazione a partire dai piccoli» in AAVV, Mille modi di crescere. Bambini immigrati e modi di cura, Milano, Angeli, 2002

Favaro G., «Costruire l’integrazione a scuola», in Formarsi all’intercultura. La giornata interculturale della Bicocca di Milano, a cura di M.Giusti, Milano, Angeli, 2004

Favaro G., Le radici e le foglie. Essere genitori nella migrazione, in “Adultità, n.11/2000, Milano, Guerini

Formenti L., Pedagogia della famiglia, Milano, Guerini e associati, 2000,

Fruggeri L., «Genitorialità e funzione educativa in contesti triadici» in Emiliani F.(a cura), I bambini nella vita quotidiana. Psicologia sociale della prima infanzia, Roma, Carocci, 2002

Geertz C., Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1998

Infantino A., «La differenza culturale», in E. Nigris (a cura di), Ecologia della differenza, Bergamo, Edizioni Junior, 1996

A.Infantino, «Un’esperienza interculturale: donne egiziane in un servizio per la prima infanzia», in L.Operti (a cura), Cultura araba e società multietnica, Torino, Bollati Boringheri, 1996

Palmieri C., La cura educativa Milano, Angeli, 2000

Rogoff B., La natura culturale dello sviluppo, Milano, Cortina, 2004

Sclavi M., Arte di ascoltare e mondi possibili, Milano, Le Vespe, 2000

Seveso G., «Le famiglie straniere con bambini piccoli», in AAVV, Percorsi educativi di qualità, Bergamo, Junior, 2003

Tabboni S., La rappresentazione sociale del tempo, Milano, Angeli, 1988

 

 

 

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