La Teoria Polivagale e i bambini: la sensazione di sicurezza

Educazione e sviluppo infantile, Nido, Scuola dell'Infanzia, Teoria polivagale
La teoria Polivagale e i bambini – Silvia Iaccarino PF06

 

di Silvia Iaccarino, formatrice, psicomotricista, fondatrice Pf06

 

 

 

In questo articolo intendo focalizzare un aspetto fondamentale della vita di noi umani per declinarlo rispetto alla vita di bambini e bambine nei servizi educativi e scuole 06: si tratta del tema della Teoria Polivagale e della sicurezza intesa nel senso di sentirsi al sicuro.

Il contenuto è composto da due parti.

  • Nella prima delineiamo gli aspetti teorici della trattazione e ne facilitiamo la comprensione. Potrebbero essere necessarie più letture per recepire del tutto le informazioni: è normale!
  • Nella seconda parte evidenziamo le ricadute pratiche della Teoria Polivagale, in modo che i professionisti dell’educazione possano ricevere indicazioni chiare rispetto a come lavorare al meglio con bambini e bambine per favorire il loro senso di sicurezza all’asilo Nido e alla scuola dell’Infanzia.

 

Le ricerche scientifiche degli ultimi decenni, in particolare quelle neuroscientifiche, aiutano a capire da un lato come funzioniamo, e dall’altro a comprendere cosa sia importante mettere in campo nel rapporto con bambini e bambine affinché crescano al meglio.

Uno dei contributi a nostro avviso più interessanti, anche se poco conosciuti, è quello di Stephen Porges e della Teoria Polivagale.

Grazie ai suoi studi, il ricercatore ha messo in evidenza l’importanza per noi umani di sentirci al sicuro nell’ambiente e nelle relazioni per funzionare al meglio, soprattutto sul piano sociale.

La sua teoria, e molte altre recenti ricerche scientifiche, evidenzia come non dobbiamo mai dimenticare che siamo mammiferi e il nostro funzionamento nel mondo è in gran parte basato sul modo in cui i nostri sistemi biologici rispondono alla sicurezza o minacciosità dell’ambiente.

Ci siamo evoluti, come umani, a partire dal fatto che nel mondo animale siamo anche prede (e non solo predatori) e pertanto abbiamo dovuto sviluppare la capacità di monitorare costantemente l’ambiente per cogliere eventuali segnali di pericolo e garantire la sopravvivenza.

Approfondiamo i concetti base della Teoria Polivagale.

 

La Teoria Polivagale di Porges

Porges ha scoperto che il nostro sistema nervoso autonomo, deputato alla gestione del sistema vegetativo (ovvero dei nostri organi interni e ghiandole) grazie al sistema simpatico e parasimpatico, è significativamente coinvolto nel cercare di tenerci al sicuro attraverso un processo involontario che egli ha chiamato neurocezione. 

Porges evidenzia che – in maniera automatica, del tutto FUORI dal controllo della nostra consapevolezza e a tutte le età -, noi umani monitoriamo con costanza il nostro corpo, la mente, l’ambiente e le relazioni attraverso il processo neurocettivo il quale ci porta a catalogare in modo istintivo gli stimoli (compresi quelli di tipo affettivo e sociale) per capire se siamo al sicuro oppure se incombe una minaccia o un pericolo alla nostra incolumità (fisica e psicologica).

La neurocezione è ben distinta dalla percezione, in quanto la prima è automatica e istintiva, mentre la seconda si esprime attraverso processi cognitivi di interpretazione degli stimoli.

Il processo neurocettivo ci porta a essere attenti al mondo interno e circostante, a tutti i livelli, per poter cogliere in tempo utile un eventuale stimolo rischioso o pericoloso e attivare di conseguenza, qualora fosse necessario, i nostri meccanismi difensivi biologici di base.

 

Quali meccanismi mettiamo in moto secondo la Teoria Polivagale?

I meccanismi principali sono tre:

  • il famoso istinto di lotta/fuga,
  • il meno conosciuto “freezing”, ovvero il congelamento
  • la finta morte/svenimento/dissociazione.

Porges ha scoperto che il nostro sistema nervoso autonomo si è filogeneticamente modificato, nella transizione dai rettili ai mammiferi, in modo da sostenere i nuovi programmi di funzionamento di questi ultimi, più evoluti, per cui attualmente siamo dotati di modalità difensive sia arcaiche (rettili) che più recenti (mammifere).

Come mammiferi, abbiamo sviluppato il sistema simpatico, programmato per la lotta/fuga quando attivato per la difesa/protezione, per cui di fronte a una minaccia mobilitiamo il nostro corpo o per lottare contro di essa o per fuggire qualora la lotta non fosse praticabile per vari motivi. Il sistema simpatico produce energia per consentirci di fronteggiare l’evento, anche recuperandola dagli organi vitali e convogliandola verso i muscoli.

Oltre al sistema simpatico che mobilita lotta/fuga, Porges ha evidenziato che possediamo un altro sistema difensivo, ereditato dai rettili: la finta morte/spegnimento/collasso che prevede una immobilizzazione del corpo. Tale possibilità difensiva si attiva in modo del tutto automatico quando ci sentiamo in pericolo di vita e non abbiamo la possibilità di lottare né di fuggire.

Il nostro corpo, in modo autonomo e fuori dalla nostra volontà, ricorre alla finta morte (come il topo nelle fauci del gatto), oppure, per esempio, mette in campo la dissociazione psichica.

Si tratta di una extrema ratio, che può venire attivata se la neurocezione cataloga un evento come pericoloso per la sopravvivenza dell’individuo senza che sia possibile fronteggiarlo utilizzando il sistema simpatico di lotta o fuga.

Tale strategia difensiva è pilotata dal nervo vago, in particolare da quello che origina nel nucleo dorsale del tronco encefalico, nel sistema parasimpatico.

Porges ha messo in luce un’ulteriore strategia difensiva: il freezing tonico, che si esplicita con la contemporanea attivazione del vago dorsale e del sistema simpatico. È il classico congelamento/pietrificazione, ad esempio, del capriolo che si immobilizza di fronte ai fari di un’automobile.

È una condizione di forte attivazione energetica (sistema simpatico) con blocco motorio (vago dorsale).

La messa in campo di uno di questi sistemi di difesa è FUORI dalla nostra volontà. Il sistema nervoso autonomo, attraverso la neurocezione, valuta in modo rapido e istintivo le situazioni e decide se attivare il sistema simpatico (lotta o fuga), il vago dorsale (spegnimento/collasso/dissociazione) o il freezing, in base alla gravità del pericolo e alle nostre reali possibilità di sopravvivenza.

Vi sono situazioni dove aumentiamo le possibilità di sopravvivenza se restiamo fermi invece di lottare o fuggire. Per esempio, se qualcuno ci minaccia con un’arma, è più probabile sopravvivere se ci immobilizziamo piuttosto che provare a correre via o ingaggiare una lotta a mani nude.

Porges ha anche evidenziato che queste vie difensive sono gerarchicamente stabilite: in prima battuta ricorriamo (involontariamente) al sistema simpatico e se questo non può essere efficace per i motivi già esplicitati, il sistema nervoso attiva il vago dorsale per lo spegnimento.

La messa in campo del sistema di immobilizzazione, a differenza del simpatico, per noi umani ha delle conseguenze. Se, una volta terminato l’evento minaccioso, tornare alla normalità dal sistema simpatico è relativamente veloce, utilizzare la via rettile dello shutdown (filogeneticamente più antica e meno evoluta, una via non mielinizzata) fa sì che sia più difficoltoso tornare alla normalità.

A livello neurale la via della dissociazione e della immobilizzazione è come se ci facesse precipitare in un pozzo, dove possiamo avere più possibilità di sopravvivenza, ma da dove è anche più difficile uscire.

 

Teoria Polivagale e nervo vago

La ricerca attuale di Porges si sta concentrando soprattutto su come favorire l’uscita dal vago dorsale in modo più rapido, per consentire alle persone traumatizzate da eventi in cui hanno sentito di essere in pericolo, di poter riprendere più efficacemente la “normalità” delle proprie vite.

Porges ha scoperto un’altra via vagale (da qui il nome di Teoria Polivagale) che origina nel nucleo ambiguo del tronco encefalico e che definisce vago-ventrale. Questa via vagale è filogeneticamente la più recente ed è deputata alla gestione del sistema di coinvolgimento sociale.

È una via neurologica esclusiva dei mammiferi, la piattaforma neurale che fornisce la guida per le nostre relazioni.

Il vago ventrale gestisce anche le corde vocali, i muscoli del volto e della testa, di conseguenza, come Porges ha messo in luce, questa via vagale è connessa alla nostra espressività emotiva attraverso la mimica facciale, la prosodia e la vocalizzazione, le quali sono forti regolatrici delle relazioni sociali.

Attraverso la nostra mimica, la voce e il suo tono, modulate in base alle situazioni, regoliamo emozioni e relazioni fin da neonati e siamo costituzionalmente programmati per questo.

Tale via vagale, anch’essa all’interno del sistema parasimpatico, è tipicamente mammifera. Poiché siamo esseri sociali, a differenza dei rettili, abbiamo sviluppato a livello neurofisiologico la piattaforma neurale necessaria a gestire le relazioni con i conspecifici (e con altre specie: pensiamo alla nostra relazione affettiva con gli animali domestici).

Da un punto di vista gerarchico, la via vagale ventrale è di ordine superiore alle altre del sistema nervoso autonomo e viene utilizzata quando ci sentiamo al sicuro per coinvolgerci nella relazione con gli altri in modo efficace e positivo, consentendoci così di stare bene, di crescere al meglio e di recuperare le energie.

 

Come funziona la Teoria Polivagale in pratica?

Quando la nostra neurocezione, in modo autonomo e involontario, decodifica l’ambiente (dentro e fuori di noi) come sicuro (ambiente inteso sia in senso fisico che relazionale/psicologico), consente al vago ventrale (ovvero al sistema di coinvolgimento sociale) di funzionare e permette di utilizzare la nostra mimica facciale, la voce e la prosodia per entrare in relazione con gli altri in modo sereno, rilassato, positivo, favorendo così la costruzione di buone relazioni – tra cui quelle di attaccamento sicuro per esempio tra genitori e figli –, e più in generale ci fa star bene e mantiene in equilibrio.

Se invece la nostra neurocezione, in modo autonomo e involontario, legge nell’ambiente (dentro e fuori di noi) segnali di minaccia o di pericolo, mette in pausa il vago ventrale (e quindi il sistema di coinvolgimento sociale, di ordine superiore) per ingaggiare il sistema gerarchicamente inferiore del simpatico e prepararsi alla lotta o fuga, oppure attiva il vago dorsale per l’immobilizzazione qualora valuti che la lotta o la fuga non siano adeguate in quel momento a garantire la sopravvivenza (fisica e/o psicologica).

Vediamo alcuni esempi concreti.

  1. Pensiamo a un genitore col suo neonato: quando è tranquillo e si sente al sicuro, a partire dal suo vago-ventrale (piattaforma neurale del sistema di coinvolgimento sociale), interagisce col piccolo utilizzando il parentese ed espressioni facciali che lo tranquillizzano, co-regolano il suo stato emotivo e fisiologico, consentendo al piccolo di rinforzare a sua volta il vago ventrale e ingaggiarsi in modo sempre più articolato e complesso nella relazione, favorendo l’attaccamento sicuro e un positivo sviluppo socio-emotivo, linguistico, cognitivo.
  1. Se invece il genitore è agitato e in preda all’ansia (intendo come stile relazionale e non una tantum), ovvero non si sente al sicuro sul piano psico-emotivo, il suo sistema di coinvolgimento sociale di ordine superiore non viene attivato, ma agisce a partire dal sistema simpatico. Di conseguenza, la qualità della sua interazione col bambino/a sarà molto diversa da quella descritta in precedenza e i segnali che invierà al piccolo/a potrebbero non contribuire a farlo sentire a sua volta al sicuro, attivando anche in lui/lei il sistema di mobilizzazione del simpatico. Potremmo avere quindi un bambino/a a sua volta agitato, anche a livello motorio, oppure il piccolo/a potrebbe attivare il suo sistema di immobilizzazione e ritirarsi, chiudersi.
  1. Lo stesso potrebbe accadere nel caso di un genitore depresso, ritirato (sempre intendo in modo continuativo), preda del suo sistema di immobilizzazione dorso-vagale, per cui il sistema di coinvolgimento sociale sarà disattivato e non invierà segnali di sicurezza al bambino, il quale reagirà a sua volta sentendosi insicuro e coinvolgendo il suo sistema simpatico o dorso-vagale in base a come la sua neurocezione leggerà la situazione.

Ciò che Porges enfatizza non è tanto la portata degli eventi in sé, ma il modo in cui la nostra neurocezione legge le situazioni e quindi la risposta difensiva che si attiva di conseguenza (via del simpatico ovvero lotta/fuga o via dorso-vagale ovvero spegnimento).

Negli ultimi due casi, l’attaccamento che emergerà dalla relazione sarà di tipo insicuro e lo sviluppo del bambino nelle varie aree potrebbe essere più difficoltoso, come sappiamo dagli studi sull’attaccamento.

 

La Teoria Polivagale e i comportamenti umani

Un aspetto fondamentale sottolineato da Porges nella Teoria Polivagale – e che tutti possiamo osservare nella quotidianità sia nei nostri comportamenti che in quelli altrui (tanto di adulti che di bambini) -, riguarda come le nostre azioni siano neurologicamente fondate. 

Quando ci sentiamo al sicuro, il nostro sistema di coinvolgimento sociale è nella condizione migliore per potersi esprimere e possono naturalmente emergere comportamenti socialmente adeguati che favoriscono l’instaurarsi dell’attaccamento sicuro e di relazioni positive con gli altri.

Quando non ci sentiamo al sicuro il nostro sistema nervoso autonomo, in modo involontario, attiva il simpatico o il dorso vagale o entrambi contemporaneamente (a seconda di come la neurocezione legge la situazione), attivando comportamenti che sono fuori dal nostro controllo volontario e mirano a proteggerci, a qualsiasi costo. Ciò significa che possiamo attuare degli agiti, anche socialmente inadeguati, più forti di noi. Ovvero, siamo in balia del nostro istinto di sopravvivenza il quale, in modo adattivo, cerca di fare il meglio che può per tenerci al sicuro.

 

 

La Teoria Polivagale tratta anche altri aspetti del funzionamento del sistema nervoso autonomo, che è possibile approfondire sul manuale di Porges e che qui non ho trattato per brevità.

Ora facciamo un bel respiro e vediamo in che modo, nei contesti educativi 06, possiamo tenere conto di queste dinamiche per favorire l’ambientamento di bambini e bambine e il loro benessere quotidiano.

 

La Teoria Polivagale applicata ai contesti educativi 06

Facciamo un ripasso: la Teoria Polivagale di Porges enfatizza l’importanza di sentirci al sicuro dal punto di vista fisico, psicologico, relazionale e ambientale per funzionare al meglio, a tutti i livelli.

Il nostro sistema nervoso autonomo, regolatore della fisiologia e dell’equilibrio, si esprime attraverso tre vie gerarchicamente connotate, dalla più recente (dal punto di vista filogenetico) alla più arcaica. Due di queste vie sono mammifere, mentre una terza via l’abbiamo ereditata dai rettili:

  • la via ventro-vagale, la più recente, tipicamente mammifera, che regola le relazioni sociali;
  • il sistema simpatico, mammifero, che regola la reazione di attacco/fuga in caso di minaccia al nostro essere;
  • la via dorso-vagale, rettile, che ci porta all’immobilizzazione in caso di pericolo di vita.

Quando ci sentiamo al sicuro, il nostro SNA (Sistema Nervoso Autonomo) funziona attraverso la via ventro-vagale che porta benessere/salute, crescita, recupero delle energie e consente di coinvolgerci in modo efficace nelle relazioni sociali, stabilendo legami e connessioni positive con gli altri.

Quando ci sentiamo in pericolo, il nostro SNA, in modo automatico e involontario, attiva il sistema simpatico o la via del vago-dorsale per far fronte alla minaccia, scegliendo una o l’altra strada in base alla valutazione istintiva della situazione. Se possibile la lotta o la fuga, viene attivato il simpatico, viceversa viene messo in gioco il vago dorsale e la conseguente immobilizzazione, lo spegnimento. Il sistema potrebbe anche attivare simpatico e vago-dorsale in contemporanea, in quello che viene chiamato freezing (tonico).

Abbiamo sviluppato questo complesso sistema polivalente di risposta all’ambiente e alle situazioni in quanto, come umani, in natura siamo anche prede.

Attraverso il meccanismo della neurocezione proviamo a controllare il contesto in cui siamo inseriti, pattugliandolo costantemente (sia a livello ambientale che psicologico/relazionale), in modo involontario e automatico, fuori dalla nostra consapevolezza, per accertarci di essere al sicuro.

Questa sorta di continua preoccupazione per la nostra sicurezza è innata e costitutiva del nostro essere, prima di tutto, mammiferi. Non possiamo farne a meno, né sopprimerla. Non sarebbe del resto auspicabile!

Se la nostra neurocezione si disattivasse, non saremmo in grado di proteggere noi stessi lungo l’arco della nostra vita, né sul piano fisico, né socio-affettivo/psicologico.

Porges, con la sua Teoria Polivagale, ha enfatizzato il ruolo del SNA per garantire il nostro buon funzionamento nel mondo, evidenziando come il senso di sicurezza sia fondamentale per poter tenere operante e attiva la via del vago ventrale deputata al benessere e alle relazioni sociali positive.

 

Sul piano operativo, cosa significa per chi lavora con i bambini e le bambine in particolare al Nido e alla Scuola dell’Infanzia?

 

I primi 6 anni di vita, e ancora di più i primi 3, costituiscono la pietra angolare su cui costruiamo tutta la nostra personalità. Come un edificio, questa fase di vita ne rappresenta le fondamenta e se queste sono solide, tutta la costruzione ne beneficerà.

Da professionisti, tenere conto della Teoria Polivagale significa operare nella quotidianità avendo sempre in mente l’importanza di far sentire il bambino/a al sicuro, affinché il suo SNA in maturazione possa attivare il più possibile (sempre è impossibile!) la via evoluta e mielinizzata (quindi più efficiente dal punto di vista neurale) del vago ventrale, in grado di garantire:

  • recupero delle energie,
  • buone relazioni sociali,
  • crescita,
  • salute,

ovvero tutte quelle condizioni ottimali per un individuo affinché possa crescere in modo sano e armonico nelle varie aree di sviluppo.

Si tratta di stimolare ed allenare la via vagale perché possa rinforzarsi il più possibile, come in una sorta di palestra.

Man mano che il sistema nervoso matura, avere una via del vago ventrale forte e allenata, significa avere la capacità regolare in modo flessibile l’accensione del simpatico e del vago dorsale, ovvero regolare le proprie reazioni difensive nella relazione con gli altri e con il mondo circostante, sviluppando la capacità di pensare e riflettere prima di agire (ovviamente anche in base alla finestra evolutiva).

Ciò si traduce in un evidente vantaggio evolutivo dato dalla possibilità di muoversi nei diversi contesti e nelle diverse situazioni non solo in preda ai meccanismi difensivi automatici attivati dalla neurocezione, ma padroneggiando il proprio mondo istintuale, cognitivo ed emotivo e funzionando in modo più efficiente sul piano sociale, così importante per noi umani e per la nostra riuscita nella vita.

 

Teoria Polivagale: dieci consigli per allenare la Via del Vago Ventrale

In che modo allenare la via del vago ventrale per ottimizzare lo sviluppo umano?

Abbiamo a disposizione diverse azioni e attenzioni che possiamo introdurre nella quotidianità. Condividiamo qui dieci consigli per educatori, educatrici e insegnanti dell’Asilo Nido e della Scuola dell’Infanzia.

 

  1. Favorire l’ambientamento

Favorire un buon ambientamento dei bambini e delle bambine nei servizi e nelle scuole, attraverso pratiche in grado di fornire un pervasivo senso di sicurezza nel nuovo ambiente.

In Percorsi formativi 06® promuoviamo da tempo l’ambientamento partecipato che funziona molto bene proprio perché il principio fondante è quello di garantire al bambino una forte sensazione di sicurezza data dalla presenza del proprio adulto di riferimento in modo intensivo per almeno 3 giorni consecutivi.

Grazie alla garanzia che il bambino/a ottiene dal fatto che il proprio caregiver primario è presente con lui/lei nel nuovo ambiente, può con più facilità attivare il proprio sistema di coinvolgimento sociale e regolare i sistemi difensivi che si allertano quando andiamo incontro alla novità. Ciò si traduce in una maggiore disposizione del bambino/a a:

  • intessere relazioni con educatrici, educatori, insegnanti e pari,
  • essere coinvolto nelle diverse attività e proposte,
  • esplorare l’ambiente.

 

  1. Creare un ambiente sicuro

Creare un ambiente che fornisca al bambino/a un senso di sicurezza dal punto di vista sensoriale (1).

Porges enfatizza il ruolo della stimolazione uditiva rispetto all’attivazione dei nostri sistemi difensivi. Egli evidenzia in che modo i suoni a bassa frequenza vengano letti dagli umani di tutte le età come segnali di possibile predazione e tendano quindi ad accendere il sistema simpatico per prepararci alla lotta o alla fuga.

Dovremmo quindi essere attenti ai rumori di sottofondo dei nostri ambienti come, ad esempio, ventole degli impianti di aerazione, suoni del traffico che scorre lungo la via, voci di adulti e bambini in sezione.

Questo è un punto centrale che Porges sottolinea con forza. Invece, di frequente, abitiamo comunità educative rumorose che non favoriscono il nostro stare bene. Il rumore di fondo sollecita i sistemi difensivi tanto dei bambini quanto nostri, rendendoci tutti più nervosi e reattivi, a causa dell’attivazione del simpatico.

Potremmo allora trovare delle strategie, dove possibile, per attutire i rumori, insonorizzando le pareti, abbassando i soffitti, utilizzando tappetoni al pavimento, in modo che il suono possa evitare di rimbalzare ovunque.

Tra l’altro Porges evidenzia come gli umani, in ambienti inquinati dal punto di vista sonoro, fatichino a estrarre il suono della voce umana e ciò, nei bambini piccoli, si può anche tradurre in un ritardo dello sviluppo linguistico.

Sul piano sensoriale dedichiamo attenzione anche alla stimolazione visiva, per cui sarebbe auspicabile che gli ambienti fossero arredati con colori neutri, naturali, e luci artificiali non troppo intense.

L’ordine dello spazio, come la Montessori ci ha insegnato, a sua volta contribuisce a calmare i sistemi difensivi, così come l’armonia e la bellezza dell’ambiente in generale.

 

  1. Progettare gli spazi

Facciamo in modo che nello spazio siano presenti tane, angoli raccolti, angoli morbidi, tavolini dove si possa lavorare da soli o in piccoli gruppi, affinché bambini e bambine possano trovare luoghi in cui rifugiarsi, riposarsi, staccarsi dal coinvolgimento con il gruppo allargato per poter recuperare energia e calma quando necessitano.

 

  1. Accendere la Musica

Se valutiamo di utilizzare musica di sottofondo, preferiamo quella melodica, cantata da una voce molto modulata e con tonalità ad alta frequenza, evitando il più possibile le basse frequenze e la musica greve, in modo che possa essere trasmesso un senso di tranquillità e sicurezza (ecco un esempio).

Cantare insieme ai bambini/e sappiamo che importanza abbia all’interno dei nostri servizi. Nella teoria Polivagale, Porges definisce la musica un “esercizio neurale”, come altre pratiche che possiamo attivare per allenare la via del vago ventrale la quale origina nell’area del tronco encefalico deputata all’ascolto, alla vocalizzazione, all’espressione mimica. Quindi utilizzare musica melodica e/o cantare canzoni con alte frequenze risulta utile per creare un pervasivo senso di sicurezza nei bambini e nelle bambine.

 

  1. Pianificare la routine

Creiamo prevedibilità nell’avvicendarsi della routine quotidiana in modo che il bambino/a sia in grado di anticipare gli eventi. Avvisiamo i bambini di eventuali cambiamenti o imprevisti in modo che il senso di sicurezza possa essere favorito.

 

  1. Promuovere le interazioni

Promuoviamo il più possibile, soprattutto coi bambini/e più piccoli/e al Nido, le interazioni faccia a faccia e l’uso del parentese (vocalizzazione ad alta frequenza) che hanno anche una valenza come esercizi neurali per allenare il vago ventrale.

 

  1. Favorire il contatto fisico

Su richiesta/necessità del bambino/a, non lesiniamo il contatto fisico: quando un bambino/a è spaventato/a o agitato/in ansia, la miglior garanzia per la sua sopravvivenza è il contatto fisico con l’adulto importante per lui/lei.

  • Se manifesta più o meno esplicitamente il bisogno di venire in braccio, o essere tenuto per mano o abbracciato, sarà importante garantirgli/le tale trattamento, senza forzarlo/a all’autonomia o etichettarlo/a in modo negativo per questo.
  • Se viene espresso un bisogno di contatto fisico (o anche psicologico) è fondamentale che noi agiamo in modo sensibile e responsivo a fronte di tale richiesta, in modo da ripristinare il senso di sicurezza per lui/lei.
  • Qualora, per diversi motivi, il contatto fisico non fosse possibile, possiamo attivare un contatto psicologico attraverso lo sguardo e una voce modulata, con volume basso e parole di conforto e rassicurazione, in modo che il bambino/a non si senta lasciato/a a sé stesso in un momento per lui/lei faticoso.

Rispetto al discorso del contatto fisico ed alla sua importanza (2), un punto centrale riguarda anche il monitoraggio della qualità delle pratiche di cura, al Nido ma anche alla Scuola dell’Infanzia. Il modo in cui, a tutte le età, veniamo avvicinati e toccati dagli altri è estremamente potente per farci sentire al sicuro e benvoluti o, al contrario, per farci sentire minacciati e rifiutati.

Garantiamo ai bambini la dovuta attenzione, sensibilità, tenerezza, cura?

Siamo in grado di assicurare un tempo disteso in questi momenti o tutto è frettoloso, meccanico, impersonale?

Che ricaduta può avere sul comportamento del/la bambino/a, sul suo stato emotivo e sul suo senso di sicurezza il modo in cui ci prendiamo cura di lui/lei?

 

  1. Considerare i sistemi difensivi

Quando il bambino/a agisce in modo inadeguato teniamo conto della finestra evolutiva, ma anche del fatto che tale azione possa essere facilmente condizionata dall’attivazione dei sistemi difensivi automatici a causa di un pervasivo senso di insicurezza e fatica.

Per esempio, se lui/lei si sta sentendo minacciato/a per qualsiasi motivo (anche solo sul piano immaginario), tenderà ad attivarsi in maniera automatica e involontaria il sistema difensivo simpatico che condizionerà il bambino/a a comportarsi in modo “aggressivo” (attivazione della reazione di lotta).

Ciò accade anche ai bambini nella scuola dell’infanzia, i quali spesso verbalizzano che tale comportamento “è stato più forte di loro”.

Quando sperimentiamo situazioni in cui ci comportiamo in un modo che non riusciamo a controllare, significa che siamo preda dei nostri sistemi difensivi, i quali agiscono in modo istintivo per proteggerci in situazioni che sperimentiamo come minacciose a qualche livello.

Una volta tenuto conto della involontarietà dell’azione del bambino/a, l’adulto può intervenire in modo da garantirgli/le un senso di sicurezza.

Ciò significa abbassarsi alla sua altezza (meglio ancora se più in basso dei suoi occhi), parlare con voce calma, modulata, con un volume basso e, se necessario, evitando di guardarlo diritto negli occhi (3).

Se vogliamo garantire che il bambino/a ci ascolti per apprendere, i suoi sistemi difensivi NON devono essere attivati, ovvero deve sentirsi al sicuro nella relazione (4).

Se invece agiamo in preda alla rabbia, con ostilità, o mettendo il bambino/a in time-out, isolato dal gruppo (5), lui/lei sperimenterà più probabilmente un senso di minaccia che lo/la potrebbe far reagire con ulteriore aggressività o con chiusura (6).

 

  1. Regolare le emozioni

Sosteniamo il bambino/a nella regolazione delle sue emozioni in generale, affinché si senta accompagnato/a da un adulto di fiducia nell’esplorazione del suo mondo interno, che non è rassicurante se attuata in solitudine. Il mondo emotivo dei bambini è molto variegato e ciò che provano è solitamente intenso: è facile che si sentano spaventati e in ansia a causa delle loro sensazioni ed emozioni potenti e spesso per loro incomprensibili.

Hanno bisogno di una guida che li accompagni e li faccia sentire al sicuro mentre prendono contatto col loro mondo interno (7).

 

  1. Giocare

Tra gli esercizi neurali, il gioco in generale svolge un ruolo di eccellenza: Porges sottolinea come, in particolare il gioco corporeo come quello di lotta o di mischia (8), sia fondamentale per i bambini e le bambine al fine di allenare il vago ventrale e il sistema simpatico nel coinvolgersi insieme in una modalità positiva e di ulteriore rinforzo per il SNA.

 

Far sentire bambini e bambine al sicuro grazie all’applicazione della Teoria Polivagale

Far sentire il bambino/a al sicuro non significa che non debba essere soggetto a difficoltà, frustrazioni e limiti. Né significa che dobbiamo iper-proteggerlo/a impedendogli di prendere dei rischi e di sperimentarsi, anche a livello corporeo (9).

Al contrario, tutto questo diventa un esercizio neurale quando il bambino/a è rassicurato dall’accompagnamento di un adulto amorevole e affidabile, in grado di garantire la base sicura per l’esplorazione del mondo esterno e di quello interno.

Le diverse azioni elencate sono strategie spesso note, che probabilmente già utilizziamo da tempo nella relazione educativa coi bambini/e. La Teoria Polivagale fornisce il substrato scientifico del motivo per cui tali azioni funzionano e sono importanti, ampliando la nostra consapevolezza e il senso di sicurezza nel metterle in campo.

Avere chiaro come funzioniamo e quali sono le vie per favorire uno sviluppo umano ottimale, consente anche di poter prendere decisioni rispetto a come intervenire nelle varie situazioni che incontriamo: possiamo ragionare a partire dai meccanismi bio-neuro-fisiologici che ci regolano, al fine di attuare modalità che lavorino in accordo e non in contrasto coi nostri sistemi di base, potenziando così la nostra azione educativa (10).

Dobbiamo renderci conto del fatto che, come esseri umani, abbiamo bisogno della reciprocità e della sensazione di sicurezza” S. Porges

 

 

Contenuti utili e note per approfondire argomenti correlati alla Teoria Polivagale

 

  1. Per approfondire puoi leggere anche questo altro mio articolo: https://percorsiformativi06.it/integrazione-sensoriale-1/

 

  1. Approfondimenti ulteriori: https://percorsiformativi06.it/mi-fate-tante-coccole/

 

  1. In genere ci insegnano a guardare negli occhi i bambini quando li “riprendiamo”. In realtà, visto che l’obiettivo primario è quello di non farli sentire minacciati, è facile rendersi conto di come ciò possa sollecitare in alcuni il sistema difensivo: lo sguardo diretto può essere vissuto come minaccioso in alcuni casi e contesti. Teniamone conto.

 

  1. Quando ci sentiamo al sicuro, è attivo il sistema di coinvolgimento sociale, che è anche deputato all’ascolto profondo degli altri.

 

  1. Ecco un articolo sul time out: https://percorsiformativi06.it/time-out-o-time-in-al-nidoscuola-dellinfanzia-prima-parte/

 

  1. Puoi approfondire scaricando gli ebook gratuiti su rabbia/aggressività ed emozioni e che trovi qui: https://percorsiformativi06.it/contenuti-gratuiti/

 

  1. Puoi approfondire leggendo il mio ebook sulle emozioni dei bambini

 

  1. Puoi leggere qui un altro articolo in merito: https://percorsiformativi06.it/giochi-movimentati-turbolenti-lotta/

 

  1. Puoi approfondire qui il tema del rischio in educazione: https://percorsiformativi06.it/rischiamo-il-rischio/

 

  1. A tal proposito puoi approfondire anche con gli articoli sul temperamento che possono fornire ulteriori spunti di riflessione ed azione educativa:

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Porges, “La guida alla teoria polivagale”, ed. Giovanni Fioriti
  • Porges, “La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione”, ed. Giovanni Fioriti

 

 

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