di Silvia Iaccarino, formatrice e psicomotricista
Siamo abituati a prendere i comportamenti dei bambini e delle bambine “alla lettera”. Li guardiamo in modo piatto, per quello che appaiono, giudicandoli “adeguati” o “scorretti” e spesso allargando tale giudizio al bambino/a stesso/a.
Avremmo bisogno invece di imparare a guardare al comportamento (e non solo a quello dei bambini) come se fosse un iceberg. Ciò che osserviamo è come la parte emersa dell’iceberg, solo il 5% della questione. Il restante 95% è sotto l’acqua, fuori dalla nostra vista diretta e immediata, ma ben più significativo e influente.
Guardare i comportamenti più in profondità ci aiuta a comprendere le vere ragioni di ciò che osserviamo.
Così, un “capriccio” non è una manifestazione irrazionale e futile, ma espressione, il più delle volte, di stress, sovraccarico, stanchezza.
Un comportamento “oppositivo” potrebbe essere una richiesta di connessione da parte di nostra figlia che ci sta, di fatto, chiedendo di essere vista e riconosciuta, di sentirsi importante per noi.
Quando nostro figlio non vuole mettersi le scarpe, potrebbe dirci, di fatto, che desidera sperimentare la sua volontà e affermare la sua personalità. E’ il suo modo di costruire sé stesso.
E così via.
Allenarci a guardare i comportamenti espliciti in modo più profondo, raffinato e articolato può aiutarci a essere più empatici e meno giudicanti. Può favorire l’accoglienza dei nostri bambini e bambine e la connessione con loro.
Ciò non significa ovviamente non mettere i necessari limiti e regole! Piuttosto si tratta di NON vivere la relazione educativa come una lotta, un braccio di ferro tra differenti volontà, ma di com-prendere che i bambini e le bambine fanno come possono e il meglio che possono per navigare lungo le loro complesse giornate.
Comunicano con noi attraverso i comportamenti, il primo e principale linguaggio alla loro portata, per dirci, momento per momento, come stanno e di cosa hanno bisogno.
Noi siamo gli adulti e, per quanto a volte vorremmo davvero poterci sgravare di questa respons-abilità, nessun altro può prendersene carico. Sta a noi provare a essere più grandi e saggi.
E gentili.
Non sempre ce la facciamo, non sempre ce la faremo.
Ma non è questo il punto. L’errore fa parte del gioco, ed è una parte fondamentale e fondante.
Il punto è Esserci per quanto possiamo, per come possiamo, con i nostri punti di forza e i nostri limiti.
Umani.
Con apertura e disponibilità. Disponibilità anche a crescere insieme ai nostri bambini e bambine. Con benevolenza non solo verso di loro ma anche e soprattutto verso noi stessi. Facciamo sempre il meglio che possiamo, in base alla nostra storia di vita, ai nostri tasti dolenti, alla nostra consapevolezza e ai nostri strumenti. Si può certamente migliorare, sempre nella vita. Ma questo non dovrebbe impedirci di accoglierci per quello che siamo, qui e ora, e di abbracciare noi stessi, insieme ai nostri bambini e bambine.