Non chiamiamoli capricci

Educazione e sviluppo infantile, Tutti gli articoli

di Silvia Iaccarino, formatrice e psicomotricista

 

 

Si è piuttosto largamente diffusa l’idea che bambini e bambine “non fanno i capricci” (sebbene ancora ci sia da fare per allargare questa consapevolezza). 

Abbiamo compreso oramai che i “capricci” non sono “cattivi comportamenti”, ma crisi di rabbia che ci comunicano qualcosa su come sta il bambino/a.

Ancora più nello specifico, le crisi di rabbia sono principalmente espressione di stress. Potremmo quindi chiamarle “crisi di stress”.

Sottovalutiamo molto la portata dello stress nella vita dei nostri bambini e bambine e l’impatto che ha sul loro comportamento. Ma le neuroscienze ce lo evidenziano in ogni modo.

Quelli che solitamente chiamiamo “capricci” sono per lo più “crisi di stress”. Il serbatoio affettivo dei bambini si esaurisce e “vanno in riserva”, o per accumulo di fatica e/o per singoli episodi/situazioni stressanti.

Quando un bambino/a va in riserva, il suo comportamento comincia a disregolarsi. Ma prima di arrivare alla “crisi” vera e propria, spesso possiamo cogliere dei “segnali premonitori”:

  • Oppositività, scarsa collaborazione, “sfida”/”provocazione”;
  • Comportamento e/o linguaggio da “bambino piccolo”, isolamento, ritiro, piccoli incidenti per scarsa coordinazione motoria (inciampare, cadere, rovesciare qualcosa etc);
  • Intrusività, insistenza/lagnosità, logorrea, irritabilità, comportamenti aggressivi;
  • Difficoltà di concentrazione, ipermotricità, ricerca “avida” di stimolazione;
  • Fatica a rilassarsi e/o addormentarsi.

I segnali elencati possono rappresentare per noi un’utile “cartina tornasole” che ci aiuta a comprendere come il bilancio corporeo/serbatoio affettivo del bambino/a sia in affanno.

Se osserviamo per esempio nostra figlia diventare insistente e “irragionevole”, è inutile cercare di convincerla che “la tazza rossa è uguale a quella blu”. Quando è attiva una risposta di stress, il ragionamento non è la strada da imboccare. Piuttosto, per esempio: “Lucia, volevi proprio la tazza rossa stamattina, che rabbia! Piangi pure, sono qui con te, tra poco andrà meglio”

I piccoli hanno bisogno di esperienza e di una salda guida emotiva adulta per “allenare” il loro serbatoio a diventare più capiente e per imparare a regolarsi.

Servono tempo, pazienza e Presenza.

Possiamo aiutare i nostri bambini e bambine e noi stessi, cambiando paradigma e sguardo. Iniziando a pensare che alcuni comportamenti non sono intenzionali, ma un chiaro segnale di svuotamento del serbatoio.

Se riusciamo a cogliere i segnali premonitori, possiamo fare molto per prevenire le crisi “acute”. Per esempio, quando ci accorgiamo che il nostro bambino/a diventa “lamentoso”, invece che innervosirci possiamo aiutarlo/a a riempire il serbatoio, con un abbraccio o altre attenzioni affettuose.

Le crisi di stress diminuiranno nel tempo in intensità, durata e frequenza man mano che il serbatoio affettivo si amplia e rinforza. La nostra guida salda, amorevole e gentile può fare la differenza. E possiamo recuperare empatia guardando alla non intenzionalità del comportamento dei nostri bambini e bambine.

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