Attività, rapporti numerici e lavoro educativo

Educazione e sviluppo infantile

 

di Jessica Omizzolo, coordinatrice di servizi 06 a Fano e docente di PF06

 

 

Mi capita spesso, portando il mio approccio “Ad ampio sguardo”, di confrontarmi con insegnanti ed educatori sul tema dei rapporti numerici, di come “far fare esperienze ai bambini” intendendo “come faccio se son sola con 25 a far fare l’attività a tutti e seguirli bene?”

Inizio da alcune domande:

È davvero importante che tutti facciano tutto?

O è più importante che ognuno faccia un individuale percorso di crescita adeguato ai suoi bisogni, partendo dai suoi interessi?

Cosa ci dicono i numerosi studi in campo psicologico e pedagogico?

Ci parlano di apprendimento per scoperta, fondato su un “incidentale” incontro, in contesto educativo, con un oggetto, una esperienza, una domanda interessante e divergente. Interessante e divergente va a significare: che cattura l’interesse del bambino  (non perchè è vestita da lucette psichedeliche e colori sgargianti!) in quanto vissuta come in linea con le proprie curiosità emergenti e posizionabile nell’area prossimale di sviluppo.

Il bambino si interessa a quella possibilità perchè nel vivere ed approfondire le sue curiosità viene a trovarsi di fronte a qualcosa che non aveva ancora pensato ma che percepisce essere curioso, utile, appunto interessante per lui.

Quell’oggetto (che chiameremo rilancio) che l’educatore ha inserito nel contesto educativo sarà interessante per tutti?

No. Per fortuna.

Nell’ambiente educativo infatti ci saranno diverse possibilità esperenziali, elementi, quindi rilanci, interessanti per altri.

Questo cosa provoca? Una distribuzione spontanea dei bambini nei vari spazi della scuola con una contemporaneità non di attività massive tutte uguali, ma di esperienze personalizzate (dal bambino stesso che si attiva nel gioco) individuali o in piccolo gruppo, spontanee e altamente educative.

Perchè?

Perchè supportate dall’ interesse, dalla curiosità, dal piacere della scoperta del bambino stesso che, non obbligato a fare determinate esperienze omologanti, ma lasciato libero di guidarci, in osservazione,  a comprendere ció di cui ha bisogno, si posiziona nei suoi punti di ricerca con la massima attenzione e cura.

Cosa comporta per l’adulto in educazione questo lavoro?

  • Innanzitutto un abbattimento istantaneo e spontaneo dei numeri di concentrazione bambini-spazi gioco. Se lo spazio è ben allestito ed organizzato i bambini si suddivideranno in piccoli gruppi di interesse spontaneamente.
  • La possibilità di seguire alcuni momenti di difficoltà emergente senza affannarsi a tenere impegnati altri bambini. Se un bambino ha difficoltà e gli altri stanno giocando concentrati è molto più semplice occuparsi e prendersi cura della situazione emergente.
  • Competenze osservative alte, a sedere, non a rincorrere i bambini.
  • Una progettazione non programmatica ma in itinere, al passo con l’evolvere delle ricerche dei bambini.
  • Il rispetto e la valorizzazione dell’eterogeneità senza omologazione per età, per attività e lavoretti tutti uguali, urgenze incalzanti.
  • La possibilità di prendersi cura delle difficoltà emergenti.
  • L’abbattimento del rapporto numerico in diretta (se la maggior parte dei bambini sono concentrati, felici, appassionati nelle ricerche, il peso della supervisione e guida in diretta si abbassa, aumentano le possibilità osservative, la raccolta dei materiali documentativi, la riflessione immersiva).

 

E allora vedete che è immediata la riflessione che ci porta sul rapporto numerico. Certo esiste un rapporto aureo che ci fa star tutti sereni, con una compresenza adulti bambini buona e spazi idealmente perfetti. Ma noi viviamo qui ed ora, spesso 1:25 e allora cosa possiamo fare?

Lavoriamo con il nostro collega: il terzo educatore.

Organizziamo lo spazio che abbiamo a disposizione mappando le varie aree, progettandone l’allestimento (variabile nel corso del tempo, non fossilizzatevi sui bellissimi allestimenti creati!), monitorandone l’uso.

Lo spazio gioco deve essere interessante non nel senso di sbrilluccicare di polvere di unicorno, ma nel senso di cogliere il pensiero, la riflessione, la curiosità in atto nel bambino e nel gruppo di bambini attivando nuove domande e ricerche, aprendo pensieri anzichè dare risposte.

A volte basta rilanciare con un libro, una foto, un nuovo oggetto/strumento per aprire infinite ricerche da parte dei bambini.

A noi sta cogliere quel quid nei loro occhi, sostenerlo, rilanciarlo, documentarlo.

Sembra facile? Lo è se ci facciamo alleati degli spazi. Liberiamo, riorganizziamo e soprattutto stiamo in ascolto dei bambini!

Buon lavoro!

 

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