di Marta Rizzi, psicologa e psicoterapeuta
Quando sta per nascere un figlio si pensa che sia compito esclusivo della mamma occuparsene, accudirlo e crescerlo, tanto da essere convinti che esista il fatidico “istinto materno” a venire in soccorso, ma così come nessun uomo nasce capace di fare il padre, neppure nessuna donna nasce già madre.
È per questo che è fondamentale che i genitori si supportino l’uno con l’altro fin da quando la donna porta in grembo il bambino, così da potersi sentire uniti, compresi, non soli o inadeguati nell’affrontare ogni passo di un processo di crescita condiviso.
La nascita di un figlio mette ogni persona di fronte al proprio passato, presente e futuro e non tutti sono capaci e vogliosi di confrontarsi in modo introspettivo con se stessi, ancor di più per gli uomini a cui è stata negata questa libertà di espressione nella loro infanzia di quanto non accada, invece, alle donne.
I papà di conseguenza spesso sono i grandi assenti nello scenario educativo dei propri bambini e per differenti motivi non sanno bene dove collocarsi:
- La nostra società e la politica del lavoro anche se ha fatto molti passi avanti rispetto al passato, concepisce e agevola ancora l’uomo come lavoratore tout court, colui che non può assentarsi dal posto di lavoro anche di fronte alla nascita di un figlio. Un uomo che si identifica facilmente con il ruolo sociale che si è conquistato nel tempo con la propria professione, utilizza, più o meno consapevolmente, questa come maschera e si sente legittimato nel non esserci a casa;
- Vi è una propensione a delegare tutto alla donna già nel rapporto di coppia, ancor più quando sta per diventare mamma: dalle questioni più organizzative logistiche a quelle di cura e accudimento, dalle scelte educative a quelle stilistiche del bambino.
- Esiste ancora un dilagante analfabetismo emotivo tra gli uomini che non agevola un contatto ed un’empatia con i bambini, che sono, invece, portatori ed espressione pura, incondizionata e non filtrata di emozioni. Gli uomini che si possono permettere il lusso di piangere, parlare delle proprie paure, dare sfogo in modo costruttivo alla loro rabbia, chiedere aiuto sono molto pochi.
È inevitabile per cui che per rendere il papà più partecipe nell’entourage familiare, una figura che si confronta e coopera con la madre c’è bisogno di una sensibilizzazione su più fronti, così da bypassare definitivamente il periodo storico del padre padrone o autoritario o addirittura assente nella vita del bambino.
Come poter fare?
Soprattutto nel primo anno di vita del bambino è inevitabile che il protagonismo nella relazione genitore-figlio lo abbia la madre che ha una vera e propria funzione nella sopravvivenza del bambino in quanto lo nutre, lo protegge e si prende cura di lui. Il papà in questo periodo deve riuscire ad essere di supporto nel facilitare questa relazione occupandosi della logistica e dell’organizzazione della giornata e delle faccende domestiche essendo un punto di riferimento e di ascolto per la mamma che spesso si sente incompresa e sola. Questo è fondamentale perché la coppia si possa sentire unita ed alleata anche in futuro potendo prendere decisioni in condivisione che riguardino loro figlio. Per il bambino apprendere che il padre ha uno stile di accudimento diverso da quello della madre, ma al tempo stesso non in contraddizione ed opposizione è un’enorme opportunità per comprendere che esistono punti di vista differenti per affrontare le questioni e decisioni della vita. Il padre diventa così un modello alternativo a quello della madre da cui prendere esempio.
Inoltre, vedere che il padre è un valido accompagnatore della madre lo abituerà ad esserlo anche per il bambino durante le sue scoperte, le sue difficoltà, le sue conquiste, le sue incertezze, le sue titubanze e così lo vedrà anche il bambino in futuro.
Il ruolo del padre si pensa sia quello esclusivamente rigoroso, normativo o giocherellone, in realtà dovrebbe essere quello di un vero e proprio regolatore, di una guida capace di creare dei confini, dei limiti che contengano i bambini senza attingere da uno stile autoritario che fa dei comandi, delle punizioni e dei castighi il suo punto di forza creando distanza e sensi di colpa, bensì un papà dovrebbe prediligere l’ascolto, le regole e i no che diano la possibilità al bambino di sentirsi sicuro e protetto e di avere un punto stabile da cui tornare ogniqualvolta ne abbia bisogno.
Queste sono basi fondamentali per un rapporto sereno soprattutto nel lungo termine. È dimostrato, infatti, come la presenza di una figura paterna ferma e coerente durante l’infanzia riduca nei maschi durante l’adolescenza problemi comportamentali, mentre nelle femmine quelli emotivi e psicologici.
Insomma, il papà è genitore quanto la mamma e come tale deve pensarsi e comportarsi…forse è lui il primo a doversene convincere…