Dov’è finito “sbagliando si impara”?

Educazione e sviluppo infantile

 

di Alice Bonello, psicomotricista funzionale, pedagogista

 

“Chiudiamo gli occhi e iniziamo a guardare”

A. Catalano

 

Spesso e volentieri dietro ai modi di dire si nascondono grandi verità, tramandate di generazione in generazione. Ognuno di noi è cresciuto con nonni o genitori che all’occorrenza si affidavano a proverbi o modi di dire per spiegarci concetti o verità assodate, da prendere e considerare come realtà assolute: dei veri e propri assiomi che non lasciavano possibilità di replica!!!

 “Sbagliando si impara” è uno fra i tanti… ma in questo momento socio-educativo ne sento professionalmente un po’ la mancanza. Dov’è finita la consapevolezza profonda che l’errore è maestro di vita? Negli ultimi anni questo viene visto troppo spesso con sospetto, paura, addirittura vergogna, quasi come una malattia contagiosa da depennare! 

NOOO fermiamoci e facciamoci questa domanda: cos’è l’errore? Lo sbaglio… l’incidente di percorso… chiamatelo come volete, ma chiediamoci: Cosa vive dentro l’errore?

Nella società in cui viviamo e nella scuola che respiriamo ogni giorno, viene data molta più importanza al “RISULTATO” piuttosto che al “PROCESSO” che ci ha portato a quel risultato.

Focalizzando eccessivamente l’attenzione sul primo piuttosto che sul secondo si cade inevitabilmente nel considerare l’errore come il nemico da ostracizzare, poiché rischia di allontanarci dal nostro obiettivo primario: raggiungere il risultato!!!!!

Se provassimo però a cambiare prospettiva si comprenderebbe immediatamente come e quanto lo sbaglio aiuti la persona (nel nostro caso, il bambino) a crescere: l’errore è apprendimento allo stato puro.

Mi spiego meglio: J.P. Giulford, psichiatra americano del ‘900, fa una netta distinzione tra pensiero convergente e pensiero divergente. Il primo è il pensiero lineare, algoritmico che da A porta inevitabilmente a B e si attiva ogni qualvolta un problema che ci viene posto ha una e una sola soluzione, oppure quando ci viene richiesto di risolverlo in un’unica modalità. Avendo una sola e unica strada da percorrere è inevitabile che sbagliando non si riesca ad arrivare al tanto anelato risultato.

Il Pensiero divergente, invece, viene definito come CREATIVITA’, mette in gioco la flessibilità della persona. Bruner lo definisce olistico, poichè produce risposte che hanno un’ampiezza superiore alla somma delle singole parti”.

 

Il pensiero divergente, dunque, mette in gioco il bambino, lo stimola a cercare risposte originali, PERSONALI, uniche.

In quest’ottica l’errore quasi non esiste, ma diventa il volo pindarico che la mente umana può effettuare per risolvere un problema! E qui c’è il ribaltamento della prospettiva: il processo che vince sul risultato! Perchè in quel procedere cre-attivo il bambino mette in gioco se stesso e gli strumenti che possiede, li riorganizza, improvvisa e si lascia trasportare dalla possibilità.

Che cosa succede nella mente della persona in quel momento in cui prova e riprova, tenta e ritenta, sbaglia e risbaglia?

In quel preciso momento apprende, ma non solo… apprende ad apprendere!

Il tentativo ed errore rappresenta per il bambino una vera e propria palestra in cui si “fa le ossa” (giusto per continuare con i modi di dire!).

Antonio Catalano, padre della pedagogia povera, ci insegna che l’errore nega il pensiero unico, mischia le carte in tavola… è giunta dunque l’ora di dare nuova dignità allo sbaglio, perchè dentro a questo ci sta la persona!!!!

A sua volta diamo nuovo spazio al pensiero divergente, all’inaspettato e all’imprevisto perchè in esso  sta la genialità del bambino! 

Si badi bene che pensiero divergente e convergente non devono competere… bensì convivere!

Ed è responsabilità dell’adulto fornire al bambino tutti gli strumenti necessari per essere in grado di poter accedere alla modalità di risposta più appropriata per ogni situazione.

Desidero chiedere però a chi opera nella fascia 0-6 di fare particolare attenzione: noi non lavoriamo nel didattico, bensì nel formativo e nell’educativo… Dunque: se già la scuola, dalla primaria in poi, richiede al bambino un potenziamento esagerato del pensiero convergente perchè molto concentrata sul risultato, noi educatrici, pedagogiste o operatrici psico-pedagogiche dello 0-6 dobbiamo lavorare con la dovuta consapevolezza sul fatto che il bambino ha bisogno di rafforzare il suo pensiero creativo… di apprendere dai suoi errori… di fare voli pindarici in cui nessuno gli mozzi le ali… insomma diamo spazio al processo e non al risultato… perchè per quello ci sarà altro tempo! 

In questo modo facciamo capire al bambino che pedagogicamente, educativamente, socialmente, emotivamente e cognitivamente non è tutto qui”… perchè è ancora tutto da creare (magari sbagliando)!!!!!

 

 

 

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