di Sabina Colombini, pedagogista e formatrice
“Progettare è facile quando si sa come si fa , quando si conosce il modo di procedere per giungere alla soluzione di qualche problema, e i problemi che si incontrano nella vita sono infiniti”
(Bruno Munari, “Da Cosa Nasce Cosa”, p. 8 e segg.)
Uno dei compiti più difficili per gli educatori e le educatrici che operano nei servizi 0-3 è individuabile nella costruzione di un percorso educativo, che duri tutto l’anno scolastico, e nella scelta di attività con la finalità di rispondere a obiettivi specifici. Non si tratta, infatti, di “far fare qualcosa al bambino”, ma di interrogarsi non solo su ciò che a questa “persona” viene proposto in termini educativi, ma anche su ciò che questa persona ci sta chiedendo in maniera più o meno esplicita.
Ecco, quindi, che l’équipe di lavoro all’interno del nido viene chiamata alla fine di ogni anno scolastico a incominciare a definire quella che sarà la programmazione annuale per l’anno successivo, ovvero a riflettere sulla distribuzione di obiettivi e contenuti di apprendimento in una progressione temporale. Si tratta di qualcosa di diverso dalla progettazione educativa (anche se per alcuni aspetti possono ritenersi sovrapponibili) e più in generale al progetto educativo (con il quale molti servizi, spesso, indicano proprio quella che – in realtà – è la programmazione). Programmare, infatti, prevede “lo svolgimento di un percorso strutturato rispetto al raggiungimento di uno scopo determinato, per il quale vengono pianificate e organizzate una serie di attività, definendone modi e tempi di realizzazione” (Infantino, 2002, p. 159). Ciò non toglie, però, che a monte della programmazione ci sia una progettazione. La progettazione educativa, infatti, anticipa la programmazione e definisce le basi per l’organizzazione e concreta realizzazione del progetto educativo. Progetto educativo e programmazione annuale sono, dunque, due cose piuttosto diverse. Il primo (anche chiamato progetto pedagogico del servizio) si caratterizza come documento fondamentale perché rappresenta, in qualche modo, la carta di identità del servizio, lo presenta ai genitori, ma anche alla comunità e al territorio nel quale è inserito (qui si intendono le amministrazioni, gli altri servizi, i tirocinanti, i volontari, ecc.). Si tratta di un documento scritto, all’interno del quale il servizio dichiara i propri intenti e definisce la propria identità, nonché “i suoi valori, le sue finalità educative, e tutte le azioni che intende promuovere per raggiungerle e per verificare di averle raggiunte” (Negri, Zecca, 2012, p. 81). È il documento indispensabile al servizio perché possa esistere (o almeno dovrebbe esserlo), e ha una forte valenza etica perché richiama il servizio alla “trasparenza nei confronti della comunità, attraverso la pubblicazione e l’apertura al confronto su quanto nel progetto dichiarato” (ibidem). All’interno del progetto, dunque, viene esplicitata l’idea di bambino rispetto alla quale si definirà ogni altro aspetto (a partire dalla routine fino alla disposizione di spazi e materiali). Oltre all’idea di bambino, il progetto pedagogico riporta in modo chiaro quelli che sono gli scopi, gli obiettivi (generali e specifici), giustificandoli, ovvero fornendo delle motivazioni che permettano di comprendere a fondo quelle che sono le ragioni alla base delle scelte, anche educative, del servizio. Un’altra caratteristica fondamentale del progetto è che esso deve essere inteso come orientativo: proprio per la complessità dei processi educativi non risulta possibile poter definire a priori tutto. Questo documento, infatti, offre a chi opera nel servizio una guida per orientare le pratiche educative, ma non può essere immutabile ed esaustivo. Per questa ragione il progetto pedagogico, alla luce di quanto osservato nel tempo dall’équipe di lavoro, dovrebbe essere periodicamente rivisto e – se necessario – modificato.
Per contro, nella programmazione annuale, a partire da ciò che è definito originariamente (e in maniera più astratta) nel progetto pedagogico, vengono definiti modi, tempi, spazi e risorse utilizzate per raggiungere gli obiettivi generali e specifici originariamente prefissati, non rispetto – però – al bambino ideale descritto nel progetto, ma rispetto a quello reale…o meglio, rispetto ai bambini (“quei” bambini) che frequentano il servizio in uno specifico anno scolastico e che avranno esigenze e bisogni specifici.
Essa, dunque, traducendosi come la “messa in pratica” del progetto educativo del servizio, deve essere intesa come chiave di lettura di ciò che verrà proposto in corso d’anno, e – allo stesso tempo – risultare sufficientemente flessibile da permettere di rispondere alle esigenze specifiche dei bambini che frequentano il nido. Non si tratta di avere un programma rigido da seguire, ma si tratta di programmare un percorso educativo, che sia comunque flessibile.
La definizione della programmazione educativa annuale porta educatori ed educatrici ad interrogarsi su questioni centrali che riguardano non solo il focus tematico che guiderà la definizione del percorso educativo che si intende portare avanti, ma più precisamente le attività da proporre in corso d’anno, attività che devono prevedere – a monte – una progettazione educativa in grado di definire obiettivi generali e specifici (tenendo conto dei bisogni impliciti dei bambini e di quelle che sono le loro reali competenze, anche in base alle diverse fasce di età), risorse disponibili all’interno del servizio e strategie di valutazione in itinere e finali. Tutto questo richiede, dunque, un inteso lavoro di équipe e lo sviluppo di competenze indispensabili al fine di proporre percorsi efficaci, che prevedono il possesso di abilità quali quelle osservative, progettuali e, in ultimo, di documentazione.
Riferimenti
Infantino A. (2002), Progettazione pedagogica e organizzazione del servizio, Guerini, Milano.
Negri S., Zecca L. (2012), Il progetto pedagogico organizzativo nei servizi e nelle scuole per l’infanzia, Junior, Parma