di Silene Garbarino, psicomotricista
SI EDUCA MOLTO CON CIO’ CHE SI DICE…
pensiamo a tutte le volte che spieghiamo ai bambini come ci si deve comportare “laviamoci le mani prima di mangiare” o “dopo aver giocato metti a posto i giochi”.
Oppure a tutte quelle volte in cui parliamo ai bambini delle loro emozioni “quando ti senti arrabbiato puoi farlo sentire con la voce grande” e “possiamo fare insieme dei giochi per vedere se la rabbia diventa più piccola”.
È facile immaginare che con il nostro insegnamento diretto i bambini imparino valori, comportamenti prosociali e a vivere in serenità i loro vissuti emotivi.
Ma questo non è l’unico modo.
ANCOR DI PIU’ CON CIO’ CHE SI FA…
I bambini sono osservatori attivi e imparano anche quando non vogliamo insegnare loro esplicitamente qualcosa.
Pensiamo ad un bambino che cade e si sbuccia il ginocchio e viene da noi piangendo.
Se noi gli diciamo che non è successo niente, che non deve piangere, lui penserà che piangere è sbagliato e che quando si sentirà così dovrà “cavarsela da solo”.
Se invece ci spaventiamo, ci prende l’ansia, lui imparerà a vivere queste situazioni in modo ansiogeno.
Se quando piange lo accogliamo, lo tranquillizziamo e gli diciamo che succede di farsi un pò male quando si gioca, gli insegnamenti che gli stiamo trasmettendo saranno ancora diversi.
MA MOLTO DI PIU’ CON CIO’ CHE SI E’…
L’apprendimento più efficace è quello implicito e avviene attraverso l’imitazione.
Fin da piccolissimi, a poche ore di vita, i bambini sono in grado di imitare le espressioni del viso e i movimenti della bocca.
Questa competenza innata è fondamentale per la sopravvivenza.
Pensiamo a quanto riescono a comunicare quando ancora non hanno imparato a parlare. Lo fanno attraverso lo strumento che hanno a disposizione: il linguaggio non verbale, fatto di movimenti, gesti, posture, tono di voce, sguardo, azioni.
Non lo usano soltanto per esprimere bisogni, stati d’animo e interessi ma anche per scoprire loro stessi, il mondo che li circonda e soprattutto per comprendere e sintonizzarsi con gli altri.
Tutto quello che diciamo col nostro corpo diventa per loro fonte di apprendimento.
Torniamo all’esempio del bimbo che si è sbucciato il ginocchio e alla modalità dell’accoglienza.
Com’è il nostro abbraccio? Siamo coinvolte e contenitive? Oppure, pur tenendolo fra le braccia siamo distanti, il nostro corpo è rigido?
Il bambino sente tutto quello che siamo, lo assimila e fa suoi i nostri modi di essere.
Sono cose che tutti sappiamo anche se non ci pensiamo mai.
In fondo, conosciamo bene la difficoltà di far addormentare un bambino cullandolo fra le braccia quando siamo nervosi, arrabbiati o stiamo pensando ad altro.
“Si educa molto con quel che si dice, ancor più con quel che si fa, ma molto di più con quel che si è”. Sant’Ignazio di Antiochia