Curare la lettura, la lettura come cura

Educazione e sviluppo infantile

 

di Alice Rampa, pedagogista

 

Ultimamente nei gruppi che maggiormente frequento sui social ci sono stati diversi post con richieste di libri, più o meno indirizzati a temi specifici, proposte, problemi.

Io volevo provare a spostare l’attenzione su altri elementi che caratterizzano la lettura al nido, ma direi in generale la lettura, elementi condivisi anche dal gruppo educativo del nido in cui lavoro (da un percorso formativo esteso a tutto il personale educativo lo scorso anno è nato anche un vero e proprio documento sul tema della lettura di albi illustrati al nido).

  

1-    LA LETTURA AD ALTA VOCE COME DONO.

Voglio iniziare da qui, dal dono.

Dono: “ciò che si dà altrui volontariamente, senza esigerne prezzo o ricompensa, o restituzione”.

Se non siamo convinti che nel lavoro di cura, nel lavoro educativo ci sia esperienza di dono, ecco che ne facciamo decadere la parte più preziosa.

Il dono permette le condizioni per il vero incontro con l’altro e quando la relazione è naturalmente sbilanciata com’è necessariamente la relazione tra educatrice/bambino si configura come un elemento ancora più potente e irrinunciabile. 

Intervista a Ivo Lizzola: “Mettere in comune la vita per sostenere le fragilità”

“Il lavoro sociale ed educativo può permettere di leggere e di coltivare il nuovo che sta nascendo. Il tema educativo è, a mio avviso, fondamentale. L’educazione è per eccellenza il luogo della cura. Purtroppo assistiamo a derive strumentali dell’educazione, concepita come addestramento e istruzione. L’educazione è una relazione nella quale prende forma il tempo, va intesa come luogo di cura e costruzione di nuovi legami in cui ci si ascolta e ci si assume una responsabilità reciproca. Come sottolineava un pedagogista di delicata sensibilità, Fulvio Manara, quando si svolge un lavoro educativo si è obbligati alla verità e a scoprire il gusto di dire parole nuove. Proprio per questo la scuola non può essere lo specchio della società o limitarsi a replicare nozioni. Deve essere un luogo di anticipazione del mondo, capace di cogliere le domande di futuro che vengono dai ragazzi. L’educazione è la capacità di chiedere ragione, di trovare le parole nuove per dire il mondo. Nelle classi delle nostre scuole non deve ruotare tutto intorno agli insegnanti ma ci deve essere una cura reciproca, l’uno dell’altro, e una cura del futuro. La cura quindi deve essere il cuore della ricerca educativa. In questa prospettiva è molto importante gestire il conflitto; un buon conflitto può diventare elemento generativo.” 

Ed ecco che in questa struttura la lettura di albi illustrati, di alta qualità, entra di diritto tra le possibilità di dono e di incontro con l’altro. 

Il dono del raccontare, la pratica dell’offrire narrazioni e, implicitamente, occasioni di riflessione, di pensiero, di costruzione di conoscenza, come rito e come dono, non ci consegna l’idea di narratori avviliti e accudenti, né di narratori destinati a diventare donne e uomini forti, lottatori, vincitori. Ci consegna il rapporto fra esseri curiosi, sensibili, non di rado emozionati e magari spaventati, bisognosi di conferme e di relazioni appaganti, ma capaci di sentire, pensare, dire, di trovare sempre la via di un’ulteriorità di senso potenzialmente presente in ogni evento, in ogni incontro e in ogni cosa, protagonisti instancabili di ricerca e di testimonianza simbolica e poetica, capaci di riconoscersi come comunità fragile e ben riconoscibile.”

Marco Dallari, Raccontare come pratica di cura – in Incanto e racconto nel labirinto delle figure.

  

2-    La RICERCA DI SENSO

Magia.

Tu leggi un libro.

Loro costruiscono il loro senso. 

Io la trovo un’esperienza di una potenza incredibile.

Leggere ai bambini, per me in particolare a bambini della fascia 03, è qualcosa che permette anche all’adulto una nuova ricerca di senso.

Ci mette nelle condizioni di intravedere quei processi di costruzione di senso, con diverse modalità, nel loro divenire.

Un’aggiunta.

Ci permette di partecipare a questi momenti in situazioni in cui i bambini non stanno “facendo” qualcosa con le loro mani, ma è come se ci permettesse di entrare in relazione con gli aspetti più intimi e personali.

Però, attenzione, non è che le mani e il corpo dei bambini non partecipino a questo processo! Sarebbe impossibile, corpo, mente, anima sono un tutt’uno, questo non possiamo mai permetterci di dimenticarlo.

Ed ecco che noi abbiamo degli “indizi” di quello che sta accadendo “dentro”, là dove non abbiamo e non avremo mai accesso (aggiungerei fortunatamente). 

“Questa “ricerca di senso” viene spesso esplicitata dai bambini nel momento in cui ascoltano una storia. I bambini, ascoltando, faticano a stare fermi, il loro corpo finisce per seguire in qualche modo le vicende che scorrono sulle pagine: le gambe dondolano, le bocche si aprono, le dita grattano la sedia o il tappeto, la schiena accenna un dondolio. Il corpo con piccoli cenni partecipa allo svolgersi della trama. A volte questo non è sufficiente e i piccoli sentono la necessità di intervenire. Le trame, insomma, inducono il desiderio di raccontare le proprie esperienze, di ordinarne gli eventi.”

Nicoletta Gramantieri, L’albo illustrato e il suo lettore – in Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato

 

3-    PENSIERO NARRATIVO 

Può sembrare banale affermare che leggere albi illustrati permetta lo sviluppo e il consolidamento del pensiero narrativo… ma forse non lo è così tanto e sicuramente non è mai abbastanza andare ad indagare in modo approfondito quel che sta dietro concetti e termini utilizzati in ambito educativo. 

Il pensiero narrativo comporta il collegamento delle vicende e delle azioni dei protagonisti alle loro intenzioni, ai loro desideri, alle loro credenze. Ora le ricerche della psicologia dello sviluppo che si rifanno alla teoria della mente, hanno evidenziato come il bambino sia capace di comprendere l’origine dei comportamenti propri e altrui attraverso la rappresentazione della mente propria e di quella dell’altro, cioè sia in grado di comprendere le intenzioni, i desideri,  e le credenze proprie e altrui. Raggiungendo il linguaggio verbale a due o tre anni conquista una crescente capacità di manipolare i rapporti interpersonali e di agire sugli stati mentali altrui per modificarne i comportamenti.

Il pensiero narrativo permette anche di affrontare le situazioni nuove, inaspettate, imprevedibili ed eccezionali, quindi quegli eventi unici che contraddicono o trasgrediscono le regole dell’ambiente culturale: tale modalità di pensiero permette di affrontare  l’intenzionalità legata ai desideri, ai sentimenti, alle credenze di ciascun individuo. Pertanto la comprensione del pensiero narrativo presuppone una teoria della mente che permetta di mettere a fuoco l’eccezionalità delle intenzioni individuali ed in particolare i livelli di sviluppo legati alla comprensione di tali stati mentali nella mente propria e altrui.” Mario Groppo

  

4-    IMPORTANZA DELLA VOCE (come possibilità di INCONTRO)

Quando si legge un libro a un bambino, la voce è la storia: dà corpo alla storia, la riempie, come l’acqua riempie il letto del fiume. La voce è la storia come l’acqua è il fiume. È una voce che s’infiltra nella storia e scorre docile dentro di lei, gira serena nelle anse delle frasi, frulla nei gorghi delle esclamazioni, si allarga nei laghi delle descrizioni, spumeggia nelle rapide dei dialoghi: insomma, è un bel fiume che va.

E attenzione, non sto parlando di “leggere bene”, di dizione corretta e interpretazione brillante: io non ne ero e non ne sono capace. Ma è la voce nostra, quella che c’è toccata in sorte, unica e irripetibile. Che già da sola per quel bambino è la voce migliore del mondo, quella che l’ha chiamato nell’umano: ma che ora ha raddoppiato la sua forza, perché ha trovato l’accordo armonioso con la voce scritta e zitta di quel libro”.

(Bruno Tognolini e Rita Valentino Merletti LEGGIMI FORTE. Accompagnare i bambini nel grande universo della lettura) 

Cosa c’è di più profondo di quel momento in cui un bambino sta con un adulto di riferimento e, insieme, si incamminano verso il bosco di parole di un albo.

Un viaggio davanti a loro.

Si conosce l’inizio.

Non si sa con chi si viaggerà.

Dove si arriverà.

Come si tornerà.

Come in tutti i viaggi che si rispettino.

 Cosa permette al bambino di andare Oltre? Di fidarsi e affrontare l’ignoto pagina dopo pagina?

La voce, la presenza del “suo” adulto.

 Un passo in più in tal senso ci permette invece di completare il quadro e comprendere questo discorso.

Perché ai bambini piace tanto sentirsi ripetere le stesse storie?

Per la nostra voce.

Per sfidare l’ignoto.

Per incontrare il conosciuto.

Per scoprire l’Altro.

Per sperimentarsi come Altro.

Per essere visti.

Per vedere.

Per entrare in una narrazione e, in quella narrazione, ri – conoscere di esserci da sempre.

Per entrare in una narrazione e, da quella narrazione fatta propria, ripartire per narrare e creare lui stesso nuove narrazioni.

 

6-    ALBI ILLUSTRATI ED EMOZIONI.

Un’importante riflessione va fatta sui libri che parlano di emozioni: non possiamo dire che esistano libri che insegnano a riconoscere le singole emozioni, a gestirle ma possiamo invece affermare che in tutti i libri (di qualità) possiamo ritrovare molteplici emozioni vissute dai protagonisti e che questo, in un contesto narrativo possa accompagnare in un percorso di identificazione da parte di chi ascolta.

 “La narrativa più di qualunque altra comunicazione linguistica è in grado di suscitare emozioni e perciò i processi emotivi sono rilevanti per una comprensione profonda del testo per andar oltre la superficie.

La lettura della narrativa induce emozioni vere e proprie come ad esempio la paura, la gioia, la rabbia, il disgusto , che sono emozioni primarie e come tali sono presenti sin dai primi mesi. Nella lettura il processo di identificazione empatica può indurre a provare emozioni primarie simili a quelle provate dal personaggio, diversamente se il personaggio prova gelosia, senso di colpa ecc… il lettore piuttosto che si è sprovare la stessa emozione cerca di capire i motivi che hanno indotto il personaggio a provare tali emozioni”. Maria Chiara Levorato, Le emozioni nella lettura.

  

PROPOSTE DI ALBI AL NIDO 

Mi piace chiudere con una parte maggiormente esperienziale, in cui la vita al nido e gli albi illustrati si incontrano dando vita a nuove pratiche e insieme riflessioni.

 

1-    BAMBINI.

Quest’anno, con le colleghe della sezione piccoli (e in realtà anche come gruppo educativo dell’intero nido, ma io riferirò l’esperienza diretta della mia sezione) abbiamo fatto un pensiero sugli albi illustrati, pensiero che ha portato con sé delle scelte non solo legate al tipo di albi da leggere ma anche sulla fruibilità libera da parte dei bambini.

Si è scelto di lasciare a disposizione, in un angolo morbido, un cestino con circa 6/7 libri di cui i bambini possono fare esperienza in modo libero e autonomo.

A differenza di altri anni in cui i libri che venivano lasciati a disposizione erano libri di mediocre qualità, con il pensiero “così se li rovinano li buttiamo” quest’anno ci siamo fatte guidare da un pensiero diverso:

diamo fiducia ai bambini, ai loro percorsi di conoscenza, al loro saper stare con materiali diversi in modi diversi;

diamo fiducia a noi stesse, sia come esempio di utilizzo dei libri che come “fattore umano” che sa – stare e so-stare in mezzo ai bambini che utilizzano i libri.

Questo ha permesso fino ad ora di avere libri curati, vissuti certamente ma per questo doppiamente ricchi di storia.

Quello che insieme alla cura nell’utilizzo ci ha maggiormente colpite è stato come, pur così piccoli, il momento di lettura sia qualcosa di fortemente ricercato, anche all’interno di una gestione autonoma e non necessariamente legato ad una situazione di lettura ad alta voce.

Non esiste il “momento della lettura”, esiste il momento in cui ho voglia di leggere o in cui ho voglia  mi venga letto qualcosa.

Crediamo che promuovere e sostenere un’idea di bambino competente passi anche da questo tipo di gesti e che il libro sia uno degli “strumenti” più potenti in tal senso. 

2-    ADULTI.

È naturalmente emersa una riflessione anche su come accompagnare i genitori verso il mondo degli albi illustrati di qualità.

Essendo una sezione piccoli abbiamo ritenuto che il momento dell’ambientamento potesse essere una prima occasione di incontro tra genitori e libri.

Ecco che abbiamo pensato ad un libro che ci accompagnasse in questo periodo, da leggere in presenza di adulti e bambini nei primi giorni e da lasciare sempre a disposizione dei bambini anche in seguito.

La scelta è caduta su “Buon viaggio piccolino” perché abbiamo pensato che l’unione di immagini e parole potesse davvero rendere visibile ai genitori le modalità con cui vengono vissuti anche gesti quotidiani e di routines da parte dei bambini.

Questa scelta ha portato dei rilanci sia da parte dei genitori – alla prima lettura emozionati e poi interessati, stupiti dalla storia – che dei bambini; tanti di loro, adesso, riconoscono perfettamente l’albo dalla copertina e ce lo chiedono esplicitamente, alcuni anche mimando/riproducendo alcuni gesti, suoni del testo.

 Abbiamo poi approfittato della prima riunione di inizio settembre per far conoscere ancora un po’ dell’immenso mondo degli albi.

Questa scelta si è sviluppata seguendo due strade:

–      la lettura di un libro come vero e proprio momento di inizio riunione;

–      la proposta di uno spazio appositamente strutturato per poter visionare i vari libri a disposizione in sezione. 

Quello che ci guida?

La possibilità di far respirare l’amore per i libri ai bambini che frequentano quotidianamente prima di tutto.

La cura, che noi come adulti rivolgiamo in primis ai bambini e poi ai materiali e ai libri, come energia motrice per un capovolgimento e una vera rivoluzione.

 “La cura non ha mai la struttura del progetto estrinseco, ma precede, fonda e regola ogni progetto educativo perché antepone ad esso la relazione originaria e in prima istanza decontestualizzata, con l’altro, con l’accoglienza, l’ascolto, la tutela della differenza che è premessa per la realizzazione dell’uomo come progetto; essa non è mai, riducibile a tecniche consolidate e ripetibili, neutre e asettiche (benché possa comprenderne), perché presuppone coinvolgimento, investimento affettivo, messa in questione di se stessi, delle proprie certezze, dei propri schemi e prospettive, della stessa identità, ossia l’esatto opposto del tecnicismo”.

(R. Fadda, Il paradigma della cura. Ontologia, antropologia, etica. In Fenomenologia della cura, a cura di Luigina Mortari e Alessia Camerella)

 

 

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