Direttori d’orchestra: una metafora per i coordinatori dei servizi educativi

Nido, Scuola dell'Infanzia
  di Anna Gatti, pedagogista e formatrice     Da quando si riunisce la comunità di pratica di Equilibri, corso sul coordinamento pedagogico di Percorsi Formativi 06, ci siamo confrontate spesso con la specificità del ruolo che la coordinatrice/il coordinatore svolge mentre è in servizio. Spesso la pratica organizzativa offusca la dimensione pedagogica che ha bisogno d’essere presidiata per non andar persa nella quotidianità ricca e stimolante dei servizi per la prima infanzia. Ci siamo interrogate su diversi aspetti, sulle peculiarità dei servizi che le partecipanti al percorso hanno portato, sulle interpretazioni che ciascuna riesce a mettere in gioco nel proprio contesto professionale, sulle caratteristiche individuali di ciascuna. Ad un certo punto ho però proposto di utilizzare una metafora per comprendere se, al netto delle particolarità, potessimo trovare dei fili rossi che unissero il ruolo presidiato. Da questa ricerca è nata una riflessione che ci ha spinte ad attraversare la metafora del direttore d’orchestra, con i suoi pro e i suoi contro. L’esigenza è nata dalla fatica spesso condivisa di sentir scivolare dalle proprie mani le possibilità che le équipe e i collegi docenti hanno al proprio interno: educatrici ed insegnanti valide, esperte, aggiornate accanto a giovani colleghe o a quelle più anziane, faticano talvolta a tenere il baricentro del proprio ruolo chiedendo poi di contraltare a noi di sostenerle in una ricentratura. Essere esperti dunque, serve? Se si, perché il problema nasce proprio da questa competenza? Come mai questo succede? C’entra qualcosa il coordinatore in tutto ciò? L’ipotesi che ho introdotto al gruppo è che l’essere esperti (Esperti di troppo. Il paradosso delle professioni disabilitanti, Ivan Illich) porta una fatica nel tener conto della necessità di far crescere l’esperienza e il sapere collettivo. Poichè, però, i servizi alla prima infanzia hanno nel proprio dna la collettività e l’abitare il mondo come sistema complesso, se non si riesce ad abitare lo spazio collettivo per la grande competenza individuale, abbiamo un problema. Un problema squisitamente pedagogico. Come faccio, infatti, come coordinatore (o direttore) ad insegnare ai bambini la possibilità che nasce dall’incontro con l’altro (anche se faticoso talvolta) se non riesco a farne esperienza io stesso? Daniel Pennac indirizza lo sguardo verso i bambini: “Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia” * Diario di scuola, Daniel Pennac All’interno della comunità di pratica abbiamo ragionato più volte sul parallelo tra ciò che sappiamo e pratichiamo con i bambini e ciò che mettiamo in campo come gruppo di lavoro e se partiamo dalla riflessione di Pennac, arrivare a pensare al coordinatore come un direttore d’orchestra nei confronti degli insegnanti, è un attimo. “Non ci si rappresenta che si tratta di suonare in un’orchestra sinfonica per cui non servono gli assoli: per una sinfonia non è ricercato il violinista concertista, serve invece un direttore e se mai un primo violino che faciliti il suonare insieme di tutti gli strumenti, di tutti i violini.(…) Un’organizzazione (alias, servizio) non può funzionare come una sommatoria di saperi disciplinari specialistici. L’organizzazione vive e produce quando si fonda su un meta-sapere condiviso, frutto di intrecci non banali tra saperi.” (Cosa ci faccio, io professionista, nel servizio? Intervista a Franca Olivetti Manoukian, Animazione Sociale n. 351) È dunque in questo che diventa prezioso e trova la sua specificità profondamente pedagogica il coordinatore: definire prima, presidiare e monitorare poi, il meta sapere, l’oggetto intenzionale, il mandato sociale e la Mission della realtà di cui ci si occupa e far sì che questa diventi sguardo condiviso anche a fronte delle specifiche competenze individuali.    
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