I momenti di passaggio: che fatica!

Educazione e sviluppo infantile

 

di Silvia Iaccarino, formatrice, psicomotricista, fondatrice di PF06

Tanto per i genitori quanto per educatori e insegnanti non è infrequente imbattersi in fatiche emotive dei bambini, anche intense, nei momenti di passaggio tra un’attività e un’altra, tra una routine e l’altra, tra un ambiente e un altro etc.

Solo alcuni esempi a casa: alzarsi e prepararsi al mattino; uscire di casa; salire e scendere dall’auto; entrare e/o uscire dal nido/scuola; accettare di tornare a casa dal parco; tornare a casa dopo una visita ai nonni; spegnere la TV; smettere di giocare per cenare; etc.

Alcuni esempi al nido/scuola: distacco dei bambini dai genitori in ingresso e ricongiungimento in uscita; cambio di spazio, con passaggio tra un ambiente e un altro; conclusione di un’esperienza per passare a un’altra; terminare il gioco per andare in bagno; etc.

In questi momenti, apparentemente semplici, i bambini e le bambine possono esprimere emozioni di frustrazione, rabbia, agitazione, ansia che prendono diverse forme come urlare, piangere, protestare/opporsi, lanciare oggetti, azioni “aggressive”, inibizione, etc.

Le cause di questa fatica possono essere svariate, sebbene qui focalizzeremo come muoversi in questi casi.

Cosa fare quindi?

In situazione, innanzitutto, pianificare la transizione, pre-avvisando il bambino. Per esempio: “Giovanni tra 5’ spegniamo la televisione e andiamo a preparare tavola per la cena”. Può essere utile anche un timer o una clessidra a segnare il passo. Pre-avvisare, però, non significa diventare intrusivi, pertanto è da EVITARE l’avviso continuo, tipo “conto alla rovescia”, che rischia di creare tensione.

In seconda battuta, dopo aver avvisato il bambino/a, è importante, negli ultimi minuti, connettersi sul piano relazionale e, affiancandolo/a, portarlo/a a concludere il processo in corso e passare al successivo. Per esempio, se la bambina sta facendo un disegno, sedersi al suo fianco, commentare il suo lavoro, farle una carezza, sorriderle e, dolcemente, accompagnarla a terminare per transitare ad altro, rassicurando sul fatto che potrà tornare presto al suo disegno qualora non avesse finito. È essenziale che questo sia un momento positivo e che l’adulto sia sereno nel suo approccio. Come sappiamo, i bambini sono dei precisissimi scanner delle altrui emozioni: se l’adulto si avvicina in ansia, difficilmente saprà trasmettere quella tranquillità necessaria ad una buona transizione.

È utile tenere conto che il contatto fisico, il ridere o cantare una canzone insieme (per esempio per riordinare) sono potenti strumenti al nostro servizio grazie ai quali possiamo, anche rapidamente, volgere al meglio una situazione, a partire da un nostro atteggiamento aperto, accogliente e calmo.

Inoltre, evidenziamo l’importanza dell’osservazione per comprendere quali sono le transizioni più faticose e quali meno per il bambino/a, in quali condizioni la difficoltà si esacerba o al contrario si ammorbidisce. Si tratta di osservare a 360° le differenti situazioni comprendendo non solo le persone in gioco (adulto e bambino), ma anche l’ambiente, il tempo, il tipo di attività in corso, etc. Una attenta e ampia osservazione può, infatti, aiutarci molto a capire quali sono gli elementi di difficoltà come le risorse in campo, per poter ridurre le une e potenziare le altre. 

Infine, ricordiamo sempre che il tempo è il più grande agente di cambiamento: ogni seme ne ha bisogno per portare frutto. Diamoci, quindi, tempo e diamolo ai nostri bambini, sia per affrontare nel qui e ora le diverse situazioni, sia per osservare come, un po’ alla volta, essi divengono sempre più capaci di gestire le transizioni.

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