Il nido, i social e la relazione: da dove ripartire per prassi ben direzionate ai tempi del Covid-19 – Le riflessioni di una Equipe

Educazione e sviluppo infantile, Nido

di Mariapia Febbrile, educatrice Asilo Nido Baldina Di Vittorio, della Cooperativa Sanità Sociale, Cerignola

 

 

Da un mese e più, oramai, tutti gli educatori di nido (e non solo), stanno cercando uno e più modi per realizzare percorsi e progetti rivisti alla luce dell’emergenza con canti, danze, video racconti e spunti creativi di attività motorie e manipolative da fare in casa. Per non parlare delle varie piattaforme ritrovate e riscoperte, come prezioso veicolo di rete tra cui le classiche app come Whatsapp, Facebook, o le innovative stanze virtuali per videoconferenze. 

Insomma il “Come” e il “Cosa”, nell’era digitale, davvero non mancano e offrono uno spiraglio di possibilità ora più che mai rivalutate nella loro accezione positiva.

Ma il motore dell’educatore e più in generale dell’operatore sociale è soprattutto il “Perché”. 

La nuove modalità di lavoro a cui siamo chiamati, conosciute come “Smart Working”, stanno aprendo a tutti noi nuovi scenari, che non dovrebbero essere limitati al semplice rivisitare le modalità di interazione con le nostre famiglie, ma richiedono uno sguardo aperto ad un nuovo Paradigma dell’Educazione, più ampio e complesso, che ci mette dinanzi al sorgere di nuovi Obiettivi e nuovi Bisogni che trascendono dal semplice uso degli strumenti digitali. 

Smart, infatti, in lingua inglese significa intelligente. E non possiamo esimerci da un tipo di lavoro realmente intelligente, che sia carico di spirito critico e di un agire concretamente utile.
Un lavoro intelligente che, in linea col suo stesso nome, sia un’ opera piena di concretezza e non un susseguirsi di mere pratiche tecnologiche da “copia e incolla”. 

Noi educatrici della “Cooperativa Sanità Sociale”, ci siamo attivate sin da marzo per restare in contatto con le nostre famiglie e con i nostri piccini, offrendo loro, in via multimediale, tutte le esperienze in grado di promuovere un corretto sviluppo delle loro capacità sotto l’occhio della Scienza dell’educazione e della Pedagogia.

Ma in corso d’opera ci siamo accorte di un  mutamento nella richiesta educativa da parte delle famiglie. Abbiamo nuovamente messo in discussione la nostra proposta,  proprio a partire dalle necessità emergenti, aprendo un reale dibattito in equipe e reindirizzando i nostri Obiettivi verso prassi molto più articolate. 

Parlo di “necessità emergenti” poiché, ad essere stravolta non è stata solo la forma del nostro lavoro, con le nostre capacità mediali, ma tutto ciò che è alla base della quotidianità delle nostre dinamiche.

Pensate al fatto che i nostri bambini trascorrono con noi quasi più di metà della giornata, in un ambiente su misura per loro e che punta l’attenzione esclusivamente alla loro crescita. 

Ora, invece, sono nelle proprie case con genitori e fratellini.
Questo dovrebbe risultarci come un elemento più che naturale, pensando ai tempi in cui i servizi di Asilo Nido, nel sud Italia, erano ancora piccole realtà poco diffuse.
Ad oggi, invece, questo dato tanto naturale non è.
E il “ritorno al passato”, alla casa, alla famiglia, come unico ambiente educativo, non risulta così semplice come invece potrebbe sembrare.
Mi siano concesse alcune generalizzazioni per portare un esempio tangibile.
Oggi le nostre mamme e i nostri papà sono ampiamente integrati nel mondo del lavoro e molti di loro in questo tempo di “ritorno a casa” hanno difficoltà nella gestione dei lunghissimi momenti condivisi con i propri cuccioli.

Per quanto il nido sia sempre un luogo di supporto alla relazione tra bambini e mamme e papà, o addirittura con i loro nonni o parenti più stretti, colmava comunque per un minimo di sei/otto ore al giorno, l’assenza delle figure genitoriali. Oggi, in un solo mese, invece, la situazione è cambiata drasticamente e molte di queste famiglie avvertono “il peso” di una relazione poco profonda, rispetto alle reali esigenze educative dei propri stessi figli.

Molte mamme e molti papà chiedono, ad esempio, il modo più corretto per gestire alcuni comportamenti dei propri piccoli; altri desiderano ricevere attività per comprendere quali pratiche siano in linea con la loro fase di sviluppo, e via discorrendo.

Insomma oggi l’Educatore, più che domandarsi come poter arrivare ai bambini e con quale genere di piattaforma social o mediale comunicare, dovrebbe rivedere qual è il suo posizionamento rispetto alla quotidianità della relazione Bambino- Genitore.

Se fino a poco meno di un mese fa eravamo il tramite che univa i due protagonisti della relazione educativa, adesso dobbiamo rivederci in un nuovo posizionamento, che ci metta al fianco dei genitori più che mai.

Dobbiamo ridefinire il nostro diretto interlocutore e ricordarci che la Relazione è il cuore del nostro servizio. 

Le classi collettive virtuali dovrebbero essere solo strumento ultimo di un lungo programma di ridefinizione della nostra nuova pratica poiché una storia raccontata o un tutorial su un’attività non sono esaustive al nostro reale compito, che è quello di “educare” ovvero ex-ducere, più che “istruire” e dare direttive.

Possiamo allora puntare alla relazione con la famiglia, di cui oggi più che mai facciamo tesoro, e che tutti, ma proprio tutti, stiamo riscoprendo.

Il nostro interlocutore quindi ora sono in primis i genitori dei nostri piccoli. A loro dobbiamo guardare vivamente quando puntiamo gli occhi alla nostra webcam.

Dalle fatiche nella loro relazione con i propri figli dovremmo ripartire per garantire strumenti efficaci per creare quotidianità serene e piene di senso con i piccoli. 

Il nostro focus ora più che mai diventa il “nucleo genitore-bimbo”.

Da qui la scelta della nostra equipe: partire dal singolo e dalla relazione, con sistemi mediali che ci permettano di ottenere una comunicazione ancor più intima ed efficace di prima con i nostri genitori. 

Ora più che mai l’educatore non deve pensare tanto all’attività manuale o psicomotoria da suggerire, ma favorire le braccia e le mani di quei genitori che, fino a poco fa, erano presenti in modo limitato nella vita dei propri figli e che ora si trovano in difficoltà.

L’Educatore è colui che cura la Relazione.
L’Educatore non è un Insegnante. Nemmeno un esperto di tutorial, canali YouTube o Media Communication.
Non si ferma a proporre attività già trovate in rete e altamente fruibili da chiunque, senza scavare a fondo sul perché e sugli obiettivi per cui certe attività vengono adoperate, oltre che sui destinatari delle proprie offerte.

Senza una seria e ligia riflessione in merito a queste nuove modalità, rischieremmo di fare un lavoro poco adeguato ai nostri interlocutori: bambini e famiglie.

Abbiamo bisogno di evitare la dispersione delle nostre relazioni di cura.

La Relazione rimane insostituibile base e approdo per le nostre pratiche, e null’altro dovrà mai eclissare questo nostro focus. 

Per concludere, riprendo le parole del Professor Mario Morcellini nel testo “Comunicazione e Media” ed. Egea: 

“Il punto di vista degli esperti e degli scienziati sociali deve essere in grado di sporcarsi le mani con gli sviluppi e i mutamenti tecnologici, ma deve rivendicare con forza la necessità di una riflessione che sia sull’uomo e non si appiattisca sulle macchine”. 

 

 

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