“Voglio stare per conto mio!”

Educazione e sviluppo infantile

di Silvia Iaccarino, fondatrice di PF06, formatrice e psicomotricista

 

 

“Mi piacerebbe parlare delle difficoltà dei bambini di entrare relazione con i pari. Ho in sezione un bambino per il quale è difficile relazionarsi con gli altri e questo gli crea frustrazione e crisi di pianto. Il bambino non vuole essere toccato dagli altri, sta bene seduto da solo, aggrappato alle mie gambe. Ora ho notato che inizia a voler giocare, a sentirsi libero nel momento in cui gli altri vanno a dormire.”

Così mi ha scritto un’educatrice e provo a portare alcune riflessioni intorno a queste parole che mi portano ai bambini altamente sensibili  (ma non solo): infatti, non è infrequente trovare bambini con questo comportamento che può mettere in crisi l’educatore.

Una prima fatica dell’adulto è legata all’idea di bambino che si ha in mente: spesso, infatti, abbiamo l’idea che i bambini vadano d’accordo con tutti, che abbiano sempre piacere a stare con gli altri. C’è quindi un’idea “viziata” sin dall’inizio, quella del bambino “festaiolo”.

In realtà i piccoli, come i grandi, hanno le loro predisposizioni, i loro desideri, le loro inclinazioni. Dovremmo uscire dall’ idea che il bambino che desidera stare da solo sia “problematico”. Se questo è un dato incrociato con altri elementi, allora potrebbero esserci delle probabilità di trovarci di fronte ad una situazione di disagio, magari legata ad una fatica del bambino che può essere approfondita, ma non è detto certo che lo sia.

Diversamente, potrebbe essere un bambino altamente sensibile, magari introverso che, di conseguenza, manifesta tale comportamento poiché c’è per i suoi gusti “troppo” intorno a sé.

Nel nostro caso, infatti, questo bambino si sente libero di giocare nel momento in cui gli altri vanno a dormire: preferisce quindi, tendenzialmente, interazioni con l’adulto o da solo o in piccolo gruppo. In un ambiente più tranquillo è in una condizione di poter interagire con altri. Di fatto, è più una questione legata al contesto educativo che del bambino in sé. Il bambino, messo nel contesto a lui adeguato, gioca, in un altro non lo fa.

Cosa può funzionare per lui? Sicuramente offrirgli uno spazio circoscritto, suo, riservato e personale in cui giocare. Può essere un angolo, un tappeto tutto suo, non “invaso” dagli altri. Se abbiamo modo di circoscriverlo in modo che i pari sappiano leggere che è la zona di quel bambino, andrà molto meglio. Gli altri devono saper leggere il confine e possono entrare solo se lui lo permette.

Il bambino ci sta dicendo: “Io ho necessità di uno spazio mio”.

Se lavoriamo spingendolo all’interazione, stiamo forzando la mano. A lui interessa, prima di tutto, sentirsi al sicuro in quell’ambiente. La priorità non è l’interazione sociale, ma è garantire il senso di sicurezza del bambino. La teoria polivagale ci aiuta a capire quanto scrivo. Per poter interagire con gli altri e attivare il nostro sistema di coinvolgimento sociale, la condizione essenziale è quella di sentirci al sicuro. Quando non ci sentiamo sicuri in un ambiente, non siamo disponibili ad interagire socialmente in modo positivo e costruttivo. È inutile spingere quel bambino ad interagire con gli altri quando lui si sente minacciato in quel luogo: il numero di persone, il rumore, la luce, l’attività che si sta svolgendo, gli stimoli sensoriali, potrebbero farlo sentire In difficoltà.

La prima cosa è la messa in sicurezza della persona. Quando il bambino si sentirà al sicuro, arriverà naturalmente ad aprirsi agli altri.

Non si tratta di un isolamento punitivo, non è la sedia per pensare, ma stiamo cogliendo un bisogno e stiamo rispondendo a quel bisogno.

“Guardate bambini che in questo momento G. ha bisogno di stare un po’ per conto suo”: possiamo dire questo ai pari che sono in classe con G.

Tutti abbiamo bisogno del nostro spazio.

Stare in relazione con gli altri è anche impegnativo.

La richiesta sociale è di comportarci In determinati modi e questo implica investire molta energia: ciò accade sia a noi che ai bambini. E’ complesso stare in relazione con gli altri tutto il tempo, è legittimo avere degli spazi e dei momenti per sè stessi.

Suggerisco di avere in sezione spazi in cui i bambini possano stare per conto loro: un tavolo con un telo sopra a creare una tana, una scaffalatura vuota, uno scatolone. E’ una necessità pressochè di tutti, poi ovviamente c’è chi ha una necessità più spiccata di altri.

Il bambino di questo esempio ci sta dicendo che ha bisogno di radicarsi in uno spazio suo. Da qui potrà partire.

Diversi bambini sono particolarmente sensibili alle variabili del contesto.

Questo bambino in particolare ci sta già suggerendo la strada:  sta bene quando gli altri bambini dormono. Non c’è nulla di sbagliato. I bambini costruiscono il loro sguardo attraverso i nostri occhi. Se noi lo viviamo come problematico e  consideriamo atipico il fatto che lui voglia stare a tratti per conto proprio, anche gli altri potrebbero integrare tale sguardo. Se invece noi facciamo presente ai bambini che è normale, è legittimo, è sano desiderare di avere momenti in solitudine, essi potranno dare anche a sè stessi tale opportunità e sapranno di trovare il loro bisogno accolto dall’adulto di riferimento.

 

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