di Silvia Iaccarino
Una citazione meravigliosa questa di Andreoli che condivido profondamente e di cui parlo spesso in formazione, sia con i genitori che con i professionisti.
La cifra distintiva di questo nostro tempo è la spasmodica ricerca della perfezione. L’ansia da prestazione invade ogni settore della nostra vita e ci sentiamo soffocare e sovrastare da aspettative irrealistiche in primis nei nostri confronti e poi verso i bambini.
Ci richiediamo performance impeccabili, con conseguente delusione, frustrazione, perdita di pazienza quando siamo sotto il 100, cioè più o meno sempre, visto che la perfezione non è di questo mondo…😜😜 E lo stesso facciamo coi bambini, senza rendercene conto.
Stiamo perdendo di vista la nostra Umanità.
Essere Umani significa abbracciare la propria e altrui imperfezione, la propria e altrui fragilità e vulnerabilità.
E, se ci pensiamo bene, i momenti in cui ci sentiamo profondamente connessi gli uni agli altri sono proprio quelli in cui le nostre ferite e fragilità vengono scambiate e condivise.
E’ la vulnerabilità che ci unisce e ci lega, più della “forza” per come la intendiamo di solito. Ed è quando scopriamo le nostre ferite, con umiltà, che ci mettiamo al sicuro nelle relazioni. E’ controintuitivo, ma è così. Presentarci come “perfetti” ci rende spaventati e intimoriti: abbiamo paura di venire “smascherati” nella nostra imperfezione. Invece, mettere sul piatto i propri limiti, fatiche, ferite, fragilità, ci rende umani e rende possibile l’incontro autentico con l’altro, da soggetto a soggetto (e non da maschera a maschera).
Ecco che allora, come dice Andreoli, il bravo educatore è quello che mostra la propria fragilità anche al bambino: per dargli un esempio di cosa significa essere umani e per incontrarlo nell’autenticità del proprio essere e della propria Essenza. ❤️