di Vincenza Rocco, phD, pedagogista, insegnante di Scuola dell’Infanzia
Pensiamo sia esperienza comune per i professionisti dell’educazione trovarsi a gestire imprevisti, ritardi, anticipi, agli ingressi e alle uscite dei bambini nei vari momenti della giornata scolastica. Ne abbiamo parlato anche nel gruppo Facebook di Percorsi Formativi.
È comune trovarsi a gestire, per esempio:
- un gruppo in circle time da soli e nel frattempo accogliere un bambino o una bambina che entrano oltre l’orario previsto per i più svariati motivi;
- ingressi anticipati senza preavviso che trovano impreparato il personale che accoglie;
- telefonate, messaggi che avvisano dell’ingresso in ritardo: “Stanotte, Lucia non ha dormito bene, la lascio dormire ancora un po’ e poi arriviamo” oppure “Oggi, sono a casa, Lorenzo non fa il pre-orario, arriviamo più tardi”;
- cambi improvvisi: “Da oggi Giovanni per qualche giorno fa mezza giornata” e poi il giorno dopo “Oggi tempo pieno”;
- richieste di vario tipo, per esempio: “Marta ha danza nel pomeriggio, usciamo mezz’ora prima così riposa prima dell’attività sportiva”.
E così via.
Dall’altra parte ci sono i genitori che si trovano ad affrontare la fatica di rispettare gli orari indicati dalla struttura. I motivi possono essere molteplici. Principalmente riscontriamo fatiche legate alla gestione delle routine quotidiane, oppure inciampi nell’organizzazione familiare e lavorativa. Ogni famiglia ha poi il proprio stile ed è compito del servizio educativo/scuola accogliere e ascoltare, valorizzando tale diversità.
Capita di sentire frasi del tipo:
“Anche se siamo svegli dalle 6.00, siamo riusciti ad arrivare solo ora. Che fatica, farla vestire, farle fare colazione e uscire di casa. Sono stravolta prima ancora di andare al lavoro.”
“Oggi il capoufficio mi ha trattenuto per una riunione all’ultimo minuto e non sono riuscita ad arrivare in tempo”.
E poi ci sono i silenzi: arrivi, uscite in ritardo senza parole.
Come affrontare tutto ciò senza farsi travolgere emotivamente? Come gestire l’ingresso al nido e a scuola del bambino e della bambina?
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Rispettare l’orario di ingresso al nido e alla scuola dell’infanzia è una fatica per tutti gli adulti
Per quanto riguarda le fatiche genitoriali, suggerisco di leggere questo articolo Perché i bambini non vogliono andare a scuola? Motivi e consigli dove Silvia Iaccarino enuclea in modo chiaro le difficoltà che le bambine e i bambini incontrano ad uscire di casa al mattino per andare alla scuola dell’infanzia e all’asilo nido e offre alcuni consigli per affrontare in modo più sereno e consapevole questo passaggio.
Avere presente che i bambini non fanno apposta, non ci vogliono sfidare o provocare al mattino, è molto importante. Il loro comportamento è un messaggio da accogliere e decifrare. I bambini e le bambine sono persone in crescita, vanno accompagnati/e ad attraversare questi momenti faticosi e hanno bisogno di avere a fianco adulti comprensivi, amorevoli. Senza dubbio alcune strategie, che non sono da intendersi come ricette magiche, possono essere di aiuto per arrivare a scuola o al nido con uno stato d’animo più sereno e non stanchi, arrabbiati, frustrati, esausti. Anche un’organizzazione flessibile risulta favorevole a conciliare i vari bisogni familiari.
Per quanto riguarda i professionisti, la gestione degli ingressi e delle uscite fuori orario può destabilizzare la routine scolastica, creare confusione e generare un clima poco sereno e accogliente all’interno della sezione.
Non è sempre così. Ci sono esperienze di asili nido in cui l’adozione di un orario flessibile in entrata ha risolto diverse problematiche. Molto dipende dal tipo di organizzazione che si ha di fronte, dalle risorse e i limiti presenti, dalla tipologia del servizio, dai valori che guidano le scelte.
Pur consapevoli delle differenze di ogni organizzazione e ogni contesto, dall’analisi delle varie esperienze raccolte, notiamo che focalizzare il problema del mancato rispetto degli orari come mancanza di rispetto per il lavoro degli educatori e degli insegnanti non risolve la situazione ma la rende più complessa.
Si può infatti creare un cortocircuito relazionale. L’educatore, l’educatrice, l’insegnante si sente sminuito/a nel proprio lavoro, non considerato/a, il genitore viene etichettato come irrispettoso, la comunicazione si raffredda, la rigidità prende il sopravvento.
E, in tutto questo, il genitore non pensa minimamente di mancare di rispetto al/alla professionista, piuttosto è concentrato sulle sue difficoltà di gestione o altro che non ci siamo dati il tempo di scoprire.
Sei spunti sul rispettare gli orari di ingresso e di uscita al nido e alla scuola dell’infanzia
Come uscire da questi cortocircuiti? Alcune parole ci possono venire in aiuto per cambiare sguardo e allargare la prospettiva.
Flessibilità
La società in cui viviamo oggi è diversa rispetto anche a solo dieci anni fa. Le famiglie sono cambiate, le situazioni familiari sono sempre più diversificate e complesse, i sostegni familiari sono ridotti, le richieste lavorative sempre più impegnative, sfidanti, competitive, i ritmi di vita accelerati.
Quello che viene richiesto al servizio educativo e alla scuola è di interrogarsi, mettersi in ascolto dei nuovi bisogni che caratterizzano le famiglie.
La flessibilità negli orari di ingresso e di uscita può essere di aiuto per le famiglie alle prese con l’accudimento dei piccoli.
Pensiamo ai genitori turnisti (medici, infermieri, operai con turni notturni o altri operatori), che magari non riescono a vedere per due giorni i bambini, le bambine e che di fronte alla possibilità di poter stare per più tempo con loro, quando possono, lo vedono come un dono.
Pensiamo ai genitori che mostrano fatiche nella gestione pratica con uno o più figli/e o nella gestione emotiva nella cura verso i piccoli. Gli orari flessibili possono accogliere queste fragilità.
Certo, dall’altra parte ci sono gli educatori, le educatrici e gli insegnanti che si trovano ad affrontare emotivamente questo carico. E quindi è importante che, come organizzazione, ci si interroghi sulla sostenibilità di queste dinamiche.
Disposizione all’ascolto dei bisogni
Il punto allora è mettersi in ascolto dei bisogni sia dei genitori che dei professionisti. Diamo per scontato che i bisogni dei bambini e delle bambine siano al centro. Ma qui il nocciolo è fra gli adulti. Ogni soggetto porta con sé dei bisogni.
È importante riuscire ad andare in profondità, oltre alla superficie del comportamento manifestato da quella tal famiglia, non prenderla sul personale, ma chiedersi che cosa ci sta comunicando. E, allo stesso tempo, domandarsi:
Quali sono i miei bisogni (di educatore, di insegnante)?
Quale vissuto emotivo smuove il comportamento di quel genitore?
Provo rabbia, fastidio o sono indifferente?
Come mi sento a lavorare in un’organizzazione flessibile o in un’organizzazione meno flessibile?
Trovo sicurezza nell’organizzazione chiara e definita in orari precisi?
Un percorso praticabile potrebbe essere quello di mettere in dialogo i diversi bisogni cercando, il più possibile, di tenere conto dei bisogni di tutti.
Un processo che richiede tempo, disponibilità a mettersi in discussione, ed è la base per creare benessere collettivo e alleanza educativa. Non tutti i bisogni potranno essere accolti, ogni organizzazione ha i suoi limiti, ma l’importante è impegnarsi per cercare la migliore soluzione possibile in quel dato periodo per quella organizzazione.
Dalle fragilità nascono, a volte, soluzioni davvero creative.
Corresponsabilità
Ogni servizio educativo/scuola chiede di lavorare insieme, famiglie e professionisti, per il benessere dei bambini e delle bambine. Ognuno per il proprio ruolo e con la propria responsabilità, ma è necessario fare squadra insieme.
Si tratta di lavorare per costruire un clima di fiducia, ricercare la collaborazione – e non in questa scuola si fa così e punto –, condividere valori, principi, obiettivi, progetti e anche problematiche cercando insieme la soluzione migliore.
Di fronte alle fatiche del rispetto degli orari, proviamo a raccontare reciprocamente quali sono le difficoltà e cercare insieme una risposta per venirsi incontro.
Comunicazione non giudicante
Per riuscire a costruire un dialogo costruttivo e duraturo diventa fondamentale interrogarsi sul tipo di comunicazione che si attua nei propri servizi e scuole.
È una comunicazione che accoglie le diversità, che sospende il giudizio, che si apre ai punti di vista diversi dai propri?
Quanta cura e attenzione mettiamo nel scegliere le parole durante le riunioni, i colloqui, le comunicazioni scritte?
Le parole possono essere finestre oppure muri.
Nel nostro servizio, qual è il clima comunicativo? Come strutturiamo i colloqui? Quanto spazio diamo alle famiglie? Per non parlare della comunicazione non verbale: quali posture, sguardi assumiamo, qual è il tono della voce quando incontriamo le famiglie?
Le domande aiutano a guardarsi in profondità. L’invito è a continuare a farsi domande per indagare qual è il tipo di comunicazione che emerge nei propri contesti.
Comunità e regole
Pur parlando di famiglie e bambini al plurale, quando affrontiamo le questioni come quella degli orari pensiamo alla singola famiglia, al singolo genitore.
Ecco che l’attenzione al singolo non dovrebbe allo stesso tempo far perdere la visione d’insieme. La scuola, il servizio sono una comunità. Un insieme di soggetti che si trovano a vivere nello stesso ambiente con una serie di regole, vincoli e opportunità. È essenziale trovare un equilibrio: un’eccessiva personalizzazione renderebbe il servizio poco sostenibile, così come una eccessiva generalizzazione può portare rigidità e scontro.
La ricerca di quell’equilibrio tra le diverse esigenze dei singoli e le esigenze del gruppo è fondamentale per il benessere di tutti, per far crescere i bambini in un ambiente di apprendimento sicuro, accogliente, stimolante.
Domandiamoci: nel nostro servizio/scuola come viviamo questa dimensione? Siamo una comunità educante?
Essere aperti al cambiamento
Di fronte a qualsiasi problema, fatica, chiediamoci: quanto siamo aperti al cambiamento?
Siamo disposti a rivedere le pratiche in base alle esigenze emerse dal gruppo di genitori e bambini che ci troviamo di fronte?
O le risposte: “Abbiamo fatto sempre così”, “Non possiamo fare altrimenti” “Non abbiamo le risorse” ci limitano e chiudono il problema?
Aprirsi al nuovo comporta dei rischi, ma aprirsi al nuovo può aiutare i servizi e scuole a trovare soluzioni innovative, creative, mai pensate prima, proprio grazie a questa disponibilità a mettersi in gioco.
In educazione entrano in gioco l’immaginazione, la creatività, l’imprevisto, l’ignoto. Non abbiamo ricette magiche per risolvere tutti i problemi, ma possiamo affrontare con spirito critico ogni situazione, mettendoci in gioco.
E in questo processo possiamo sbagliare: anche per noi adulti l’errore è contemplato, va accolto e attraversato per migliorare sempre di più.
Per rispondere alla nostra domanda iniziale, l’invito è quello di farsi portatori di buone domande che ci mettano in discussione, ci aiutino ad uscire dalla nostra zona di comfort, a evitare di prenderla sul personale, ci invitino a essere curiosi in modo autentico e ci permettano di dialogare con le famiglie che incontriamo per costruire un ambiente scuola sempre più accogliente, aperto alle differenze e ai bisogni di tutti.