di Libero Iannuzzi, maestro di musica, musicista
Introduco il tema di questo articolo attraverso il messaggio privato ricevuto da una mamma, Gianna: “ma il ritmo è la cosa primaria per insegnare la musica? si può insegnare la musica anche attraverso l’attività motoria?”.
Sottese a questa domanda importantissima di Gianna, ve ne sono altre alle quali cercherò qui di rispondere: con che attività iniziare l’insegnamento della musica ai bambini? Body-percussion, strumento musicale, ritmo, canto, danza, pentagramma, teoria o pratica?
Prima di scegliere le attività opportune è chiarire da dove parte e dove vuole arrivare il nostro percorso didattico. Vorrei quindi condividere la mia idea in proposito.
DA DOVE INIZIARE
Generalmente quando svolgo le mie attività alla scuola primaria comincio sempre con un discorso e un scambio di idee su cosa sia per i bambini la musica. individuare gli elementi principali: ritmo, armonia strumenti, ecc ecc. il ritmo quindi è un elemento della musica certamente, che però dialoga con tutti gli altri.
La musica nell’esperienza dei nostri piccoli dovrebbe essere un’esperienza a 360 gradi, che coinvolga tutte le parti di cui è composta.
Premetto che, in Italia, a differenza di molti altri paesi europei, l’insegnamento della musica nell’età infantile è stato penalizzato in un certo modo dall’approccio classico e canonico di intenderla, con i suoi rigidi schemi e immancabili esercizi di solfeggio.
Purtroppo la vena musicale di troppi bambini e ragazzi è stata soffocata da lezioni di pianoforte che lasciavano sicuramente poco spazio al divertimento e all’esplorazione piacevole di tutte le sfumature della musica.
Dico questo con tutto il rispetto e l’amicizia per i musicisti classici che, grazie alla loro tenacia e al loro amore per la musica e per lo strumento sono riusciti a superare questa montagna e a godere del loro apprendimento.
Detto ciò, ritengo che il corpo sia nostro amico e il nostro primo veicolo musicale e noi insegnanti dovremmo valorizzarlo.
Esiste una differenza abissale tra i bambini che suonano uno strumento e i bambini che VIVONO LA MUSICA, che comunicano attraverso la musica. Questi bambini sono pochi ma si vedono subito in quanto trasmettono gioia, divertimento e coinvolgimento in ciò che fanno.
LA VOCE
La voce fa parte del nostro corpo, tutto ciò che diciamo e cantiamo risuona in noi e rimane impresso nella nostra memoria: non a caso, per esempio, per studiare un libro ne ripetiamo i contenuti ad alta voce .
Personalmente adopero un sistema che ho ribattezzato “suoni e silenzi” il quale, in sintesi, consiste in un codice di lettura del ritmo attraverso sillabe e parole con cui poter riprodurre la durata di un suono e di un preciso tempo: “pa” per le battute da un tempo o un quarto, “titti” per le battute da mezzo tempo o 2 ottavi ecc.
Dopo aver riprodotto queste semplici sequenze ritmiche con la voce, si possono creare moltissime combinazioni con il movimento corporeo.
IL CORPO
E’ fondamentale che ci sia un passaggio graduale tra la voce e la riproduzione motoria, io consiglio sempre di procedere con l’utilizzo simultaneo di voce e corpo: battere le mani, le gambe i piedi ecc. e contemporaneamente leggere il ritmo con la voce.
Voce e corpo quindi inizialmente andranno di pari passo, infatti è del tutto spontaneo che il ritmo vocalizzato sia guida per il movimento corporeo.
Ovviamente è possibile anche suonare un ritmo muovendosi, camminando e saltando: abbiamo veramente infinite varianti e combinazioni di ritmi da poter eseguire (alcuni esempi sono contenuti nel sito www.suoniesilenzi.com).
Da camminare a ballare il passo è breve, come potete immaginare questo metodo apre la possibilità anche all’apprendimento di danze e balli: prima si legge il ritmo con la voce, poi si affiancano passi di danza e infine solo il corpo.
Intorno alla questa progressione di base si possono inventare molteplici attività con cartoncini, palette colori, figure e disegni che possano rappresentare elementi ritmici e modalità di esecuzione con il corpo.
Ad esempio si può scrivere il ritmo con dei cerchi colorati di cartoncino e sotto a questi scoprire delle carte con disegnato il suono da emettere con una determinata parte del corpo. Una volta capito lo svolgimento sarà facile creare il proprio repertorio di giochi musicali.
LO STRUMENTO MUSICALE.
Solo al terzo posto in questa sequenza didattica troviamo lo strumento musicale che è esterno al nostro corpo, quindi necessariamente la progressione didattica sarà: voce-corpo-strumento.
Anche nell’apprendere lo strumento, sarà importante utilizzare sia la voce che il corpo per creare un’esperienza a 360 gradi e che si proceda nello sviluppo del gusto e del senso musicale.
Come già detto prima, infatti, non possiamo trasferire ad un oggetto esterno un sentimento che non abbiamo già presente dentro il corpo. Non possiamo dare ad uno strumento la responsabilità di trasmetterci la passione della musica.
CONCLUSIONE
Una volta compreso e sperimentato questo schema didattico è importante tenere presente un criterio operativo fondamentale.
Non è necessario, anzi, a volte è sconsigliato, focalizzarsi su uno schema didattico rigido e lineare. E’ decisamente più utile e più produttivo procedere in modo circolare, tornando sulle attività già fatte, anticipando se necessario anche la conoscenza dello strumento se il bambino lo richiede. Se un bambino dimostra sin da subito passione e interesse per uno strumento non dovremmo negargli la possibilità di esplorarlo e di cimentarsi con esso, ma dovremmo anche ricordare di sviluppare integralmente anche le altre dimensioni di cui abbiamo parlato prima.
Lo schema con cui impostiamo la nostra azione didattica non deve essere unidirezionale.
Questa schematicità è utile a noi adulti per mettere ordine tra i concetti ma non è utile trasmetterla ai bambini.
Non focalizziamoci quindi sugli schemi didattici ma lasciamo che i bambini esperiscano la musica, la voce e il corpo secondo il loro piacere e secondo il loro gusto, tornando a riprendere la voce e il corpo anche quando magari stiamo suonando alcuni strumenti. Viceversa, non neghiamo gli strumenti anche durante le fasi di utilizzo della voce e del corpo se vediamo che i bambini ne sono attratti.
Edwin Gordon fondatore del Metodo Gordon e della Music Learning Theory afferma: “la musica è un linguaggio e va appreso al pari di qualsiasi altro linguaggio”. Si impara imitando e si impara sbagliando senza seguire per forza una progressiva linea evolutiva.
La fase di formalizzazione andrebbe riservata successivamente, quando il bambino è pronto a entrare in questa dimensione, ovvero verso i 6/7 anni.
Noi insegnanti abbiamo il dovere di far sperimentare ai bambini il piacere della musica, senza obbligarli e annoiarli con schemi che non incontrano il loro interesse.
Buon lavoro! 🙂