Con la testa fra le nuvole

Educazione e sviluppo infantile

 

 

di Ilenia Schioppetti, educatrice, titolare del Nido in famiglia La casetta delle Favole – Venezia

 

 

 

La testa fra le nuvole… la testa per aria… se cerchiamo nei libri e nei dizionari il significato di questo modo di dire vi troveremo spesso parole di negativita’, parole che descrivono persone distratte, che non riescono a pensare in maniera logica ed oggettiva, fuori dalla realta’ imminente e quotidiana, presi da altri pensieri.

Presi da altri pensieri…

 

Eppure, a mio avviso, fra le nuvole resta un posto bellissimo. 

Ho quasi quarant’anni, ma una fra le mie cose preferite e’ rimanere sdraiata con il naso all’insu’, immersa in un quadro effimero, che cambia forma velocemente accompagnato dal vento. Incantata davanti a tanta bellezza che vorrei ma non posso fermare, e mentre cerco di catturare un’immagine ecco che soffiate dal vento le nuvole ancora una volta mi raccontano una storia, e io, con il naso all’insu’ non posso fare altro che leggerla. E raccontarla. Ma come si racconta una storia di nuvole?

Se cerchiamo nei libri e nei dizionari, troveremo tutti i risvolti scientifici che interessano le nuvole, ma nessuna storia.

Presi da altri pensieri… pensieri che lasciano poco spazio alla vita e alle emozioni.

Un po’ come succede per i bambini. 

Se cerchiamo nei libri e nei dizionari, troveremo tutti i risvolti scientifici, pedagogici, psicologici, storici, sociali e chi piu’ ne ha piu’ ne metta che interessano i bambini, ma nessuna storia.

Presi da altri pensieri… pensieri che lasciano poco spazio alla vita e alle emozioni.

Ho quasi quarant’anni e sono un’educatrice, ma una fra le mie cose preferite e’ rimanere con i piedi all’insu’ e la testa all’ingiu’, immersa in un quadro effimero, che cambia forma velocemente accompagnato dai pensieri, pensieri che soffiano come il vento. Incantata davanti a tanta bellezza che vorrei ma non posso fermare, e mentre cerco di catturare un’immagine ecco che soffiate dal vento dei pensieri le azioni dei bambini ancora una volta mi raccontano una storia, e io, con lo sguardo capovolto non posso fare altro che leggerla. E raccontarla. Ma come si racconta una storia di bambini?

Raccontare il bambino e’ difficile, si corre sempre il rischio di stereotiparlo con un pensiero adulto, conforme alle aspettative che al posto di esaltarne la soggettivita’ mette in risalto ancora una volta la sua oggettivita’.

Raccontare il bambino dal suo punto di vista. Raccontare il bambino nei suoi momenti piu’ vivi. Raccontare il bambino attraverso le sue azioni, attraverso i suoi pensieri. Raccontare il bambino che spesso non vediamo, che passa inosservato perche’ il nostro sguardo e’ concentrato altrove.

Preso da altri pensieri…

E allora apriamo lo sguardo, apriamolo allo stupore e alla meraviglia delle piccole cose. Quelle piccole cose che nascono silenziose e prepotenti come le margherite nelle fessure dell’asfalto. Quelle cose che ti lasciano a bocca aperta, che ti disarmano da tanta bellezza, ma che rischiano di passare inosservate.

Impariamo a sguardarle, rimanendo in equilibrio dopo essere inciampati in un disordine che fa sobbalzare ma genera vita. Un disordine che ti blocca il respiro, blocchiamo insieme al respiro le regole, i divieti, le ansie, le insicurezze, teniamole li e trasformiamole espirandole in liberta’, fiducia, bellezza, competenza, aiuto, autonomia. Facciamo scorrere il nostro respiro fra le mani, fra i pensieri, leggero come il vento che accompagna le nuvole. 

Presi da altri pensieri… pensieri che vivono la vita e le emozioni.

Capovolgiamoci, i piedi in aria, il naso sul pavimento, alla ricerca di quell’incantevole bruttezza delle opere effimere che volano via in un soffio, ma che lasciano segni potenti e permanenti dentro di noi ma soprattutto dentro i bambini, raccontandoci tutto quello che le parole spesso non riescono a dire.

Iniziamo a guardare sempre meno i prodotti, e sguardiamo i processi. 

Sguardare e’ nato cosi’, dopo un’intensa mattinata al nido con la testa in giu’ fra le gambe. 

Guardare non bastava piu’, e allora ho fatto come mi insegnano loro, ho preso una parola e ci ho attribuito il significato che mi serviva, fuori dagli schemi, fuori dalle regole, dentro di me.

Sguardare: per sguardare non bastano gli occhi. Sguardare significa chiudere gli occhi e aprire lo sguardo. Aprirlo attraverso le emozioni, e cercare la bellezza, quella bellezza che spesso col solo guardare puo’ sfuggire. Sguardarla significa coglierla, riconoscerla e fermarla, anche dopo che e volata via. Mantenendo dentro di se le sensazioni che suscita per trasmetterle.

Quindi per scrivere una storia di bambini bisogna lasciarsi cullare capovolti dai pensieri, come il vento soffia fra le nuvole, bisogna imparare a leggere le opere fra le righe e non nelle cornici, bisogna inventarsi le parole, uscire dagli schemi, rompere le regole, bisogna aspettarle, li dove nascono, con il naso sul pavimento, incantati davanti a tanta bellezza, che non possiamo certo fermare, ma che abbiamo il dovere di leggere e raccontare come un soffio di vento, che arriva lontano trasportando semi preziosi trasformando il mondo in un grande giardino fiorito!

Ma per fiorire un giardino non ha bisogno solo di semi, ha bisogno anche di pioggia. Pioviamo le parole, pioviamo le storie, pioviamole forte, come piove la pioggia nelle sere d’estate quando sei senza ombrello. Pioviamole sempre: improvvise, come gli acquazzoni d’estate inaspettati!

Pioviamole, come piovono i bambini. Offriamo pozzanghere di parole per saltarci dentro, pioviamo storie per camminarci sotto senza ombrello a bocca aperta per vedere quante gocce ne possiamo bere.

Buttiamo semi di parole e piovamoci sopra le storie affinche’ tutti possano sdraiarsi con il naso all’insu’ in un prato fiorito a sguardare le nuvole! 

 

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