di Ilenia Schioppetti, La casetta delle favole, Venezia
“I dettagli apparentemente minimi non dovrebbero essere ignorati, perché è solo attraverso di essi che sono possibili i grandi progetti.” Cit.
Il nido e’ chiuso. Ormai da quasi tre mesi. Spento. Eppure, io sono rimasta accesa. E ho cercato di mantenere viva l’energia che lo abita. Prendendomene cura quotidianamente. Non solo sotto il punto di vista igienico e strutturale, come ci viene richiesto, ma soprattutto sotto il punto di vista energetico ed estetico, ponendo le persone e i vissuti al centro di ogni cosa. Perché uno spazio non è fatto solo di materiali e arredi, ma anche e soprattutto di persone. Perché uno spazio e’ un contenitore fisico, ma anche e soprattutto un contenitore emotivo e di relazioni. Ed è proprio di ciò che non ho mai smesso di prendermi cura in questo periodo. A luci spente, ma a cuore accesso. Ho cercato di mantenere viva l’energia, l’entusiasmo, la spiritualità, la sacralità, il pensiero, la storia.
Si tende a dare poca importanza all’aspetto estetico degli spazi che si riservano ai bambini, considerandolo un aspetto superficiale, dimenticando invece di quanto sia fondamentale il ruolo dell’ambiente nel processo di crescita e di apprendimento di ogni individuo. Sono numerosi gli studi che se ne sono occupati e se ne stanno ancora occupando. Ne parlava già la Montessori all’inizio del secolo scorso. E successivamente Elinor Goldschmied, figura che sento molto vicina, e per me continua fonte di insegnamento e ispirazione. Nel suo libro Persone da zero a tre anni ha dedicato infatti una parte importante all’ambiente del nido, come luogo in cui adulti e bambini passano lunghe ore della loro giornata, e quindi andando a ribadire la necessita’ della creazione di “un ambiente confortevole e piacevole alla vista”. Lei scriveva di come lo spazio influisce sul comportamento delle educatrici e dei bambini e quindi su quanto sia necessario che il suo aspetto offra interesse e piacere. Sottolineava l’importanza della progettazione e della costruzione di un ambiente accogliente, luminoso, con tappeti, sedie comode, quadri e piante già a partire dall’entrata, per offrire alle persone un’accoglienza ricca di cura, ma inteso anche come luogo che racconta e veicola messaggi. Messaggi che creano un ponte fra nido, famiglie e comunità che presentano al pubblico i valori e le scelte del centro educativo. Si potrebbe parlare di una pedagogia invisibile, ossia di quei messaggi che senza parole contribuiscono alla costruzione di un vissuto. L’attenzione allo spazio e alla scelta dei materiali si riferisce a tutti gli ambienti del nido affinche’ sia le educatrici che i bambini possano provare piacere e soddisfazione abitandolo. Ambiente che si costruisce attraverso i materiali, la progettazione, lo studio, l’osservazione. Che tiene conto dei canoni estetici che riguardano l’arte ma non solo, che tiene conto anche dei gusti personali di educatrici e bambini, perche’ la sensazione che si prova abitando uno spazio in cui ci sentiamo accolti e protagonisti, anche sotto il punto di vista dell’abbellimento e della cura, provoca in noi sensazioni di benessere, felicita’ e gratitudine che contribuiscono alla costruzione di un campo energetico positivo e coinvolgente. Relazioni interessanti che si costruiscono attraverso materiali spazi e persone interessanti.
Materiali interessanti, lo ripeto, dove interessanti non significa necessariamente costosi; la progettazione degli spazi infatti ci costringe a metterci in gioco per utilizzare e trasformare le risorse in nostro possesso, o servirci di risorse a basso costo ma di qiaòità.
Ed e’ proprio questo mettersi in gioco, questo coinvolgimento personale ricco di entusiasmo, questo investimento di tempo, di risorse, di ricerca che inizia a costruire una storia, che inizia a tessere quella rete di relazioni che continuera’ poi a crescere con le storie dei bambini, delle famiglie e di tutte le persone coinvolte nella vita del nido.
L’investimento di risorse a basso costo ma funzionali e’ indispensabile anche per il fatto che l’ambiente, per Elinor Goldshmied, non si fa una volta per tutte, ma si deve rinnovare continuamente seguendo progetti che si costruiscono sull’osservazione dei bambini.
Un ambiente che si costruisce, e di disfa per ricostruirsi e modellarsi attorno alle persone che lo vivono. Imperfettamente perfetto. Oggettivamente perfetto. Un ambiente curato anche sotto il punto di vista estetico, dove per estetico non si intende solo bello ma anche e soprattutto vivo. Abitato. Anche quando non è possibile abitarlo. Perché non sono solo i corpi a creare le relazioni, ma giocano un ruolo fondamentale anche le sensazioni e le emozioni.
Per questo ogni giorno sono venuta al nido e me ne sono presa cura, ho continuato a valorizzarne la sua preziosità, l’ho contemplato, l’ho ammirato un po’ come se fosse un piccolo museo. Una camera delle meraviglie. La mia camera delle meraviglie. Un luogo, come ci spiega Marco Peri nel suo libro *Nuovi occhi*, che fa “coesistere perfettamente arte e scienza, disposto e mescolato secondo un ordine simbolico capace di far nascere molteplici connessioni”.
Le camere delle meraviglie erano piccoli musei privati dove, nel diciottesimo secolo, i collezionisti conservavano raccolte di oggetti straordinari per le loro caratteristiche, e dove le persone non solo accedevano per contemplare le opere, ma per dipingere, studiare, apprendere, pensare, vivere emozioni e sensazioni. Raccolte di oggetti, distinti in oggetti naturali detti NATURALIA , e oggetti costruiti dall’uomo detti ARTIFICIALIA.
L’insieme di questi oggetti veniva denominato MIRABILIA, ovvero cose che suscitano meraviglia. Meraviglia, parola che fa tornare alla mente la dimensione dello stupore, elemento fondamentale in educazione.
“La meraviglia può essere il motore per favorire la curiosità, lo sviluppo intellettuale ed emotivo tanto dei bambini e delle bambine come degli adulti” Marco Peri
E’ interessante anche l’aspetto culturale ed educativo delle Camere delle meraviglie che mette in luce come “tutti i campi del sapere sono collegati, come nella vita, da fili invisibili e che le contaminazioni tra ambiti distanti possono generare nuove letture intriganti e produttive” (Marco Peri)
Un po’ come succede in un nido. Un po’ come succede nel mio nido. Chiuso e spento da ormai quasi tre mesi. Ma acceso. Ancora. Di quel fuoco che alimento quotidianamente e che terrò acceso fino al giorno del ritorno dei bambini. Prendendomi cura dei materiali, dello spazio, dell’energia, delle emozioni, della spiritualità e della sacralità come elemento imprescindibile di ogni ambiente di crescita.