“Mamma, papà, sei cattiva/o”

Educazione e sviluppo infantile

 

di Silvia Iaccarino, formatrice e psicomotricista

 

In diversi casi, nel lavoro con i genitori, mi sono stati riportati episodi in cui bambini e bambine, in preda alla rabbia e alla frustrazione, hanno pronunciato frasi come “mamma/papà sei cattivo/a” oppure “sei brutta/o, vai via!”. Ricordo, in particolare, la mamma di un cinquenne, molto spaventata, che mi raccontò come il figlio, irato, le disse: “ti odio…ti brucio e ti butto dal balcone”.

Si tratta di affermazioni dure che possono spaventare molto un genitore o un caregiver, soprattutto perché spesso si tende a prenderle alla lettera ed a figurarsi un futuro delinquenziale infausto.

Sebbene frasi simili possano ferire molto chi le riceve, è fondamentale avere in mente che il bambino/a, dicendo “mamma/papà, cattiva/o, brutta/o, vai via”, sta semplicemente comunicando la sua rabbia e frustrazione come può, in base al suo grado di sviluppo linguistico e socio-emotivo. Facilmente, l’adulto ha posto un limite non gradito, negato la realizzazione di un desiderio, o ripreso il bambino/a per un comportamento “scorretto” e, da lì, ecco la fatidica espressione.

E’ importante, quindi, non prendere sul personale, né alla lettera ciò che i nostri bambini e bambine ci dicono quando provano emozioni intense. Del resto, anche noi adulti, quando siamo molto arrabbiati potremmo dire parole che non pensiamo veramente, è esperienza comune.

Allo stesso modo, i nostri bambini sono “solo” arrabbiati e non pensano davvero che il genitore sia cattivo, né desiderano veramente che scompaia dalla sua vita. Semplicemente non hanno ancora acquisito un modo socialmente adeguato di condividere ciò che sentono.

Che fare dunque in questi casi?

Innanzitutto, è importante evitare di rimproverare il bambino/a, perché ciò potrebbe generare sensi di colpa, di inadeguatezza, e insicurezza sul proprio valore. E’, invece, utile assumere un atteggiamento di accoglienza ed empatia, facendogli capire che comprendiamo la sua rabbia.

Potremmo dire, per esempio, “Caspita, ti senti proprio tanto arrabbiato!”. E, se la situazione lo permette, potremmo aggiungere qualche altra parola per contestualizzare: “”ti sei arrabbiato perché non puoi mangiare il cioccolato ora…lo capisco, fa arrabbiare quando non si può avere ciò che si vuole…succede a tutti”.

Se il bambino/a in quel momento si lascia avvicinare, può essere anche utile dare un abbraccio, che potrebbe scioglierlo in un pianto liberatorio: “Sono qui con te, piangi pure, dopo andrà meglio”.

Grazie al nostro atteggiamento neutrale, calmo e non giudicante, il bambino/a può sentirsi compreso e amato in modo incondizionato, anche quando è arrabbiato e ciò, nel tempo, lo aiuterà a progredire nel suo sviluppo emotivo.

NB: Suggerisco sempre di osservare molto i nostri bambini e bambine perché grazie all’osservazione possiamo capire di più e meglio. Se questi episodi si ripetono, può essere importante notare eventuali ridondanze: succede regolarmente dopo una certa ora, in certi contesti, situazioni, con certe persone etc. Potremmo, infatti, renderci conto che tali manifestazioni sono anche un segnale di stress e di “serbatoio vuoto”. Se così fosse, allora diventa anche importante occuparsi del serbatoio affettivo per riportare ad un maggior equilibrio il nostro bambino/a.

Se non riusciamo ad accogliere con empatia le emozioni del bambino/a, niente di grave: siamo umani!! Per fortuna la regola dei terzi ci viene in soccorso: appena torniamo calmi, sarà importante “fare pace” con nostro figlio/a per recuperare la relazione. Inoltre, potrebbe essere importante per noi fare delle riflessioni sui nostri “tasti dolenti” per comprendere in quale parte ci siamo sentiti feriti e, così, prenderci cura di noi stessi e della nostra umana e sana vulnerabilità.

 

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