Per non perdere il filo. L’era degli “AMPLIFICATORI” pedagogici

Educazione e sviluppo infantile

 di Carola Castoldi, coordinatrice servizi prima infanzia e docente di Percorsi formativi 06

 

Progettare.

Pratica quotidiana, pensata, attraversata, composta e narrata in modo spesso molto abitudinario seppur coerente, ricercato, ponderato.

Ma cosa accade quando la cornice della progettazione cambia completamente?

Quando cambia il panorama, lo scenario, il luogo.

Cosa fare quando cambiano le priorità, la centratura, la messa a fuoco.

Cosa fare se tutto intorno cambia, meno il bisogno di continuare a rispondere ai bisogni emergenti nella scuola, nelle famiglie, nel territorio?

La scuola non è un microcosmo con regole standardizzate che riduce al suo interno tutto a sterili procedure, prassi burocratiche, confezionamento di programmi da somministrare secondo il “foglietto illustrativo”.

Se fosse così, e laddove i sistemi ricalcano ancora questo schema, gli effetti collaterali supererebbero i benefici delle pratiche didattiche stesse.

Ma quali sono gli effetti collaterali di uno scenario scolastico che si piega ad una situazione dove il “benessere delle persone è messo a rischio” (vedi coronavirus)?

Gli effetti collaterali di scuole e servizi educativi chiusi sono tanti. Quasi banale elencarli.

Ma all’interno di questo scenario drammatico c’è un effetto collaterale imprevisto che ha aperto riflessioni profonde e inaspettate nel gruppo di colleghe della scuola in cui lavoro.

Insegnanti, educatrici, coordinatrici si sono dovute sintonizzare attraverso modalità “non in presenza” per progettare strumenti educativi e didattici che in qualche modo potessero connettere le famiglie (adulti e bambini) con la scuola.

Ma cosa significa ripensare una didattica a distanza per bambini molto piccoli? Quali obiettivi vengono messi al centro della progettazione? E quali scenari può aprire questa nuova modalità?

Quando si parla di progettazione si pensa spesso a percorsi didattici che, in diversi modi nascono con degli obiettivi più o meno precisi, stretti e predeterminati che fanno da binario alle esperienze.

La nostra progettazione “in tempi di normalità” si muove all’interno di “panorami possibili” ma incerti: nasce dagli interessi dei bambini e si snoda attraverso strade inattese. Ma in questo momento, fare tutto questo, diventa estremamente difficile.

Quali obiettivi porsi in un momento in cui i bambini sono lontani da scuola, dentro le loro case a trascorrere lunghe giornate privati di tanti luoghi, tempi di socializzazione e apprendimento nei quali sperimentarsi?

La risposta può sembrare apparentemente immediata e ovvia: offriamo loro, in modo indiretto, un ventaglio di possibilità di cose da poter FARE a casa. È questa prospettiva che alimenta la mente di educatori, insegnanti della fascia 0/6 che propongono “a distanza” attività, lavoretti, esperienze che in qualche modo possano intrattenere” i bambini e le famiglie per riempire quel vuoto creato dallassenza della scuola.

Ma cosa accade quando si cerca di colmare quel vuoto non di cose ma di valori”, di pratiche”, di identità”?

Accade che le insegnanti scelgono di non fare la lista delle cose che si possono fare ma di coltivare anche a distanza il piacere dei bambini per la ricerca, per lindagine, per la scoperta.

Accade che le insegnanti chiedono alle famiglie di scendere in campoPer non perdere il filo”: un progetto che offre alle famiglie tracce (fotografiche e narrative) delle esperienze che i bambini hanno vissuto a scuola prima di questo allontanamento coatto”, per poter riconnettere i ricordi, le emozioni, gli interessi.

Creare una nuova cornice.

Istituire nuovi confini, o forse lasciare che questi confini si possano in qualche modo oltrepassare per dare il via agli sconfinamenti….

Ogni insegnante, ripercorrendo l’affondo progettuale della propria sezione, ha così lanciato la sfida di tessere in modo allargato la ricerca del gruppo dei bambini anche “a casa” e condividerla con le famiglie della scuola per coltivare quel senso di appartenenza che ci tiene legati da uno stesso filo.

Dai feed back inattesi delle famiglie, siamo riuscite a identificare gli effetti collaterali imprevisti: genitori, nonni, familiari, in senso allargato, sono diventati attori di un tempo nel quale si sono messe al centro le relazioni. Dialoghi casa/scuola quotidiani, vivi, forti, appassionati attraverso i quali i genitori raccontano le idee dei bambini, i loro trafficamenti, i loro modi di tenere vivo il ricordo della scuola e dei compagni.

Accade che i bambini ci stupiscono ma le famiglie ancora di più.

Accade che le caselle di posta si riempiono a dismisura di racconti, storie, tracce che i genitori vogliono condividere con la scuola e con le altre famiglie.

Tracce di una quotidianità che si espande, che riprende forma nelle case che i bambini abitano in questo tempo.

Cornici temporali, routinarie che riconnettono i bambini al tempo della giornata scolastica ma si caricano di significati, relazioni, emozioni nuove.

Come la storia che ci è stata inviata da Alice, mamma di Luca, 38 mesi…

“Luca manca da scuola già prima di questo periodo di chiusura forzata… mi chiede spesso della scuola, della maestra e dei suoi amici… Dice che gli manca la scuola! In un pomeriggio della settimana scorsa siamo proprio passati a vedere il cancello chiuso della scuola…
In alcuni momenti della giornata, lui ci racconta qualche pezzo della vostra giornata in classe.

Ed ecco cosa è successo questa mattina: eravamo in salotto e Luca, dopo essersi alzato, mi ha chiesto di fare il CERCHIO. Ha voluto che ci mettessimo in cerchio per fare la vostra assemblea del mattino: “Mamma, facciamo l’appello e vediamo chi c’è a scuola e chi no! ”

Dopo aver fatto colazione, ci siamo spostati in cameretta a giocare… Abbiamo acceso il tavolo luminoso, con vasetti vuoti e perle di vetro trasparente. Luca ha riempito ogni vasetto di queste pietre e chiusi poi con il tappo li ha disposti a cerchio sul tavolo e poi mi ha detto:
“Mamma, ho fatto il cerchio, l’assemblea del mattino” .

La quotidianità si riempie di frammenti, di momenti rievocati, di appuntamenti che non possono “mancare” perché parte della propria storia.

Questo è l’aneddoto di Emma, 3 anni, raccontato dalla scrittura della sua mamma Eliana.

Mi sono quasi commossa quando ho visto la mail del “Per tenere il filo” perché denota davvero quanto la scuola ci tenga ai suoi bambini e alle famiglie e cerchi di stargli vicino in un momento così delicato e particolare anche per loro.

Poi è successa questa cosa, che mi ha fatto capire come quel filo esista per davvero e resista. Questa mattina quando ci siamo svegliate Emma mi ha chiesto: “mamma che giorno è oggi?” Io prontamente le ho risposto: “giovedì”.

Lei corre in camera e prontamente mi dice: “allora devo mettere la maglietta a maniche corte perché oggi c’è psicomotricità”.

Quindi eccola pronta, maglietta sopra la felpa per fare gli esercizi a casa.”

O ancora il contributo che ci hanno donato i nonni di Riccardo, 30 mesi, che in questo tempo si stanno prendendo cura di lui e che, abituati a vivere la dimensione della scuola come luogo della ricerca e della narrazione delle esperienze dei bambini, hanno ricostruito con l’aiuto della mamma questo racconto:

R: “nonna voglio la merenda.”

Nonna: “certo amore, dimmi cosa vuoi…”

R: “mandarino..al mattino si mangia frutta, la Manu ce la dà sempre!”

Nonna: “va bene, vieni sulla sedia che lo mangiamo.”

La nonna sbuccia il mandarino e toglie alcuni semini presenti in alcuni spicchi.

R:” nonna, che colore è il mandarino?”

Nonna: “dimmelo tu..”

R: “arancio!”

Nonna: “bravo!”

R: “e quelli che stai togliendo cosa sono?”

Nonna: “sono i semini”

R: “a cosa servono? Che colore sono?”

Nonna:”se si mettono nella terra, nasce una nuova piantina”

R: “voglio mettere io terra! Dai facciamo…”

Così, dopo aver mangiato il mandarino, la nonna, il nonno e Ricky hanno piantato il semino nella terra in un vaso!

R: “abbiamo messo piantina nella pancia della terra, così cresce come i bimbi nella pancia della mamma..”

Poi insieme hanno dato l’acqua.

Accade che nella disperazione” del momento ci sono genitori che ringraziano, che sorridono, che si emozionano, che piangono di gioia per questo filo che ci sta tenendo legati, seppur lontani.

Accade che le ricerche di espandono e diventano parte della quotidianità familiare.

Come emerge nella storia di Raffaella, mamma di Riccardo, 4 anni:

“Stasera Riccardo in compagnia di sua sorella maggiore Margherita ha sperimentato le ombre generate da due luci di emergenza che abbiamo in casa. Richy, immagino da esperienze già affrontate in sezione, si divertiva a farmi vedere come avvicinando e allontanando oggetti disparati dalla luce producessero un’ombra più o meno grande.

Richy: “Cosi diventa piccolo (avvicinandosi)… così diventa grande (allontanandosi).”

Quanta gioia e stupore in piccoli gesti che per noi adulti sono semplici constatazioni della normalità delle cose. Per non parlare della luce che filtra nei palloncini e riflette sulla parete il loro colore!

Richy: ”Speriamo di tornare presto a raccontare agli amici l’esperienza e a festeggiare il mio compleanno! abbiamo già comprato i biscotti per gli amici!”

E ancora dalle fotografie e dalle scritture di Simona, mamma di Alessia, 4 anni, che attraversa il tema progettuale della sezione sperimentando materiali e combinazioni anche da casa.

Una modalità di “partecipazione delle famiglie alla vita della scuola” che stava già nascendo negli ultimi mesi, ma che questi eventi imprevisti hanno fortemente accelerato.

È così che leffetto collaterale di questa situazione surreale è che le famiglie si stringono intorno alla scuola e ogni nostra proposta nei loro confronti si traduce da strumento progettuale a distanza a rete progettuale” che non si basa tanto sui contenuti quanto sui contenitori: le persone.

La trama progettuale si fa significativa perché abbiamo sentito sulla pelle una nuova sensazione: la consapevolezza che possiamo ricercare una buona messa a fuoco progettuale solo mettendo a centro la dimensione della RELAZIONE.

Ciò che ingaggia davvero le persone (adulti e bambini) è ciò che li attraversa in un senso più profondo. È ciò che li connette al mondo. È ciò che pone se stessi in dialogo con laltro. Quel filo… che ci fa sentire legati alle cose, alle persone, alle scoperte, alle sorprese.

È così che le nostre proposte a distanza” hanno abbandonato le vesti della didattica per farsi DIALOGO, CONDIVISIONE, VALORIZZAZIONE, EMOZIONE, COMUNICAZIONE.

È così che il progetto ha valore non per sé stesso, per ciò che scrive sulla carta ma per la risonanza che genera, per le onde che si propagano intorno a noi e ci fanno sentire sotto lo stesso tetto, stretti per la mano seppur lontani.

E allora forse anche la parola didattica” non basta più per parlare di queste iniziative. Perché è riduttiva. È limitante.

Troppo ordinaria per poter contenere tutto ciò che di straordinario abbiamo scoperto in questi giorni, in cui abbiamo capito che ciò che stiamo costruendo per poter raggiungere le nostre famiglie e i nostri bambini e per tenerli agganciati a noi sono dei veri e propri amplificatori pedagogici” perchè sono in grado di moltiplicare le onde di propagazione delle idee, delle relazioni, delle emozioni moltiplicandone la portata, lampiezza e il guadagno.

E allora a tutti quelli che hanno sempre relegato le “invenzioni”, le “idee”, le “scoperte” al campo scientifico, confessiamo che abbiamo appena toccato con mano che per noi è iniziata lera degli amplificatori pedagogici: intuizioni progettuali, innovazioni pseudo didattiche, combinazioni dintenti che sono in grado di propagarsi producendo effetti fortemente generativi.

Ci sono cose che non si possono prevedere, scoperte che non si possono programmare. Certi tempi vanno solo abitati per poterli rendere significativi.

E noi promettiamo di continuare a farlo.

Siamo impegnate da giorni sul prossimo “amplificatore progettuale”, perché crediamo sia necessario mettersi in gioco, prima di tutto come professioniste, per poter tessere una rete che sia significativa e non superficiale.

Coltiviamo la dimensione dell’appassionata RICERCA a partire da noi.

Pronti a rilanciare alle famiglie “mappe esplorative” che possano alimentare questo filo che ci tiene uniti.

 

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