Processo o prodotto? Una riflessione sui “lavoretti”

Educazione e sviluppo infantile

di Silvia Iaccarino

“Chi lavora coi bambini non deve tanto acquisire approfondite conoscenze disciplinari, quanto appropriarsi di un metodo di lavoro che riesca a sostenere i bambini nei loro processi investigativi intorno ai fenomeni del quotidiano, disponendo contesti appositamente pensati per loro, finalizzati a rinforzare e sviluppare in modo creativo le loro naturali competenze” E. Giordano e M. C. Onida*

A partire da questa citazione, evidenziamo come, per un equilibrato sviluppo in tutte le aree, sia importante che i bambini possano investigare e scoprire il mondo che li circonda.

Per favorire ciò, l’adulto dovrebbe promuovere curiosità, interesse, motivazione all’apprendimento attraverso un “metodo di lavoro” che, basandosi sulla propria sapiente regia, predispone spazio, tempo e materiali in modo che il bambino possa liberamente scegliere cosa, come, quanto investigare e provocare il mondo intorno a sé.

I bambini dovrebbero, pertanto, poter scoprire e conoscere il mondo e se stessi seguendo il proprio unico e personale stile di apprendimento, entrando totalmente nel momento presente e coinvolgendosi nel piacere del fare, ovvero immergendosi nel processo stesso di scoperta, con il proprio ritmo e la propria individualità irripetibile, piuttosto che finalizzando il proprio agire al risultato.

I bambini, soprattutto nella fascia 06 anni, vivono in un eterno presente che consente loro di concentrarsi e dedicare la propria attenzione a ciò che stanno facendo in ogni singolo momento, liberi da programmazioni e frenesie orientate al futuro ed al raggiungimento di un risultato specifico.

Essi possono così permettersi, senza fretta (se non siamo noi adulti a imporla), di fare, rifare e rifare ancora la stessa azione più volte consecutive, di interrogare e provocare continuamente il mondo e gli oggetti intorno a loro alla ricerca di dati che possano consentire di fare ipotesi su come funziona la realtà, di dedurre schemi, comprendere nessi di causa-effetto, intrecciare reazioni e relazioni, provare, sbagliare, fare statistiche per trovare ridondanze che consentano di afferrare il segreto dei fenomeni che accadono intorno a sè…

Le ricerche più recenti evidenziano, infatti, come l’apprendimento dei bambini sia simile al modo di procedere degli scienziati ed è pertanto molto importante favorire ciò mettendo a loro disposizione uno spazio, un tempo e dei materiali destrutturati, poveri e di recupero, affinché la loro esplorazione possa procedere liberamente secondo il metodo scientifico, privilegiando quindi il processo di provocazione e di scoperta del mondo anziché la produzione di qualcosa di finito e predefinito in partenza dagli adulti.

 

Per i bambini, tra l’altro, poter lavorare liberamente sui materiali alla scoperta delle loro caratteristiche sensoriali e del loro funzionamento, getta le basi della creatività non convenzionale e condizionata dai cliché adulti.

Come dice Munari, infatti: “Se vogliamo che il bambino diventi una persona creativa, dotata di fantasia sviluppata e non soffocata (come in molti adulti) noi dobbiamo fare in modo che il bambino memorizzi più dati possibili, nei limiti delle sue possibilità, per permettergli di fare più relazioni possibili, per permettergli di risolvere i propri problemi ogni volta che si presentano” (in “Fantasia”, ed. Laterza, 1998)

Creatività, quindi, come capacità di cogliere nuove e inedite relazioni tra oggetti che si conoscono, producendo qualcosa di innovativo e che va oltre la semplice somma delle parti.

Invece, ciò che frequentemente accade, soprattutto in questo periodo natalizio, è l’usanza di proporre ai bambini di comporre dei “lavoretti” da portare a casa e donare ai propri genitori. Si tratta di proposte predefinite, decise dall’adulto, che portano alla produzione di oggetti uguali per tutti, spesso molto strutturati ed in cui l’intervento dell’adulto stesso nel prodotto finito è significativo per la sua buona riuscita.

Ma che cosa imparano i bambini dai lavoretti, come il Babbo Natale costruito con il piatto di carta ed i bottoni perfettamente posizionati al posto giusto grazie all’intervento dell’adulto?

I lavoretti, sostanzialmente, creano situazioni in cui l’individualità del singolo bambino non emerge, in quanto essi sono tutti uguali. Il lavoretto, inoltre, abitua e condiziona il bambino ad uno standard estetico predefinito, al quale viene invitato ad uniformarsi. In questo senso, senza accorgercene, gettiamo anche i semi del conformismo, e la paura di essere diversi dagli altri, intaccando potenzialmente anche l’autostima, quando invece dovremmo favorire nei bambini lo sviluppo del pensiero critico e quindi del pensare con la propria testa.

Sarebbe  auspicabile poter coltivare lo spirito scientifico dei bambini, la loro creatività e anche sostenerne l’autostima grazie alla possibilità di lasciarli liberi di esprimere se stessi, il proprio mondo interiore, la propria personalità nascente valorizzando le loro creazioni uniche ed irripetibili, mai uguali le une alle altre, prodotte a partire dai materiali destrutturati che mettiamo a loro disposizione.

“Non dobbiamo mai dimenticare che la legge basilare della creatività infantile ha il suo valore non nel risultato, nel prodotto della creazione, ma nel processo stesso. Non è importante ciò che i bambini creano, ma che loro creino, esercitino e allenino la loro immaginazione creativa”

L.S. Vygotsky

“Ogni bambino è un artista. Il problema è come rimanere tali anche quando si diventa grandi”

P. Picasso

Contrariamente al focus sul prodotto, il processo rappresenta un viaggio creativo non finalizzato alla realizzazione di un qualcosa di precostituito. Non ci sono esempi da seguire, né indicazioni step by step, non c’è un modo giusto o sbagliato per fare il lavoro ed il prodotto artistico che viene creato è unico per ogni bambino e ne rispecchia lo stile personale.

Nel processo, l’esperienza è basata sulla libera scelta: il bambino guida e l’adulto lascia fare senza indicare quale direzione il suo lavoro debba prendere. Il bambino può scegliere cosa e come esplorare, sperimentare, può essere spontaneo e vivere il piacere dell’espressione di sé libera e non predefinita.

A partire da queste riflessioni dovremmo quindi sempre chiederci: il prodotto per chi viene realizzato (per il bambino stesso e il suo apprendimento o per altri)? Quali sono le opportunità di apprendimento per il bambino nella proposta che stiamo facendo? Qual è il suo grado e la sua possibilità di creativa espressione di sé, della propria unicità? Quanta libertà ha per poter interrogare e provocare la realtà secondo le proprie istanze interiori di evoluzione e crescita?

I bambini, abbiamo detto, sono dei ricercatori, dei piccoli scienziati che costruiscono il loro apprendimento: non sono vasi vuoti da riempire con le nostre idee preconcette ed il nostro pensiero adulto.

Il processo sostiene la possibilità per il bambino di pensare liberamente, di esprimersi, di apprendere secondo il proprio ritmo ed il proprio stile personale.

Gli adulti dovrebbero creare il più possibile situazioni in cui i bambini hanno spazio e tempo per perdersi in esplorazioni ininterrotte e spontanee.

“In tutti noi è innato l’interesse per il mondo che ci circonda. Osservate un bambino o un qualsiasi giovane animale che si muova strisciando con difficoltà: sta cercando e imparando servendosi della vista, dell’udito, del gusto, del tatto e dell’olfatto. Dal momento in cui nasciamo, diveniamo esploratori di un mondo complesso e affascinante. In alcune persone questo interesse può spegnersi con il tempo o con l’incalzare della vita, in altre, invece, più fortunate, si mantiene vivo per tutta la loro esistenza”

G. Durrell

Facciamo in modo di essere coloro che aiutano i bambini a mantenere vivo tale interesse! 🙂

* “Materie intelligenti” a cura di M. Guerra, ed. Junior, 2017

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