Quando si pensa ai bambini le immagini che generalmente si fanno spazio nella nostra mente sono di gioia, allegria, serenità, vivacità. Possono comparire anche scenari più faticosi, legati ai fatidici “capricci” e ad eventuali preoccupazioni su quali strategie educative possano essere più utili per favorire la loro crescita.
Raramente però ci si accosta a temi più difficili, temi che anche culturalmente omettiamo nei nostri discorsi quotidiani: la morte, la fine, l’abbandono, il dolore, la malattia e la tristezza.
Si assiste ad un fenomeno paradossale: se da un lato c’è un’esposizione passiva alla morte, spettacolarizzata negli eventi di cronaca dai mezzi di comunicazione, come nei social; dall’altro nel quotidiano non se ne parla, si omette come qualcosa da offuscare e tacere per la sua portata emotiva, per la paura di quello che possa scatenare, delle emozioni che poi da adulti dovremmo accogliere e sostenere.
Ma la finitudine costituisce una dimensione imprescindibile dell’esistenza con cui inevitabilmente i bambini entrano in contatto.
Prima o poi infatti arrivano a porci la “grande domanda”: perché si muore? Seguita da altre grandi domande: cosa succede, dove si va?
Quando accade di sperimentare una perdita, anche piccola per gli adulti (la morte di un animale domestico per esempio) noi educatori, genitori spesso ci sentiamo impreparati nell’affrontare il vero e forte dolore provato dal bambino, correndo il rischio di minimizzarlo, nasconderlo e di non riuscire a costituirci come “basi sicure”, contenitori emotivi della loro tristezza.
C’è poi un ulteriore aspetto che si tende a non considerare nell’affrontare una tematica tanto delicata: parlare di morte implica il parlare della vita, del suo essere bene unico e prezioso di cui avere cura.
Affrontare il tema della morte con i bambini è anche un atto di responsabilità assunta dagli adulti: è nostro compito aiutare i bambini, futuri adolescenti, a divenire consapevoli del valore della vita, della sua unicità e della sua irrepetibilità. Dare spazio a questo tipo di discorsi significa svolgere un lavoro di prevenzione verso il futuro dei bambini, dotarli degli strumenti necessari per gestire i dolori e fatiche che nella loro esistenza incontreranno, rendendoli consapevoli di come questi possano essere detti, affrontati, elaborati ed infine superati.
Parlare di fine e di vita nel quotidiano: come e con quali strumenti.
La giornata formativa avrà come obiettivo quello di confrontarsi sul tema della morte in relazione alla prima infanzia per attivare, quindi, consapevolezze sull’importanza di educare nel quotidiano al tema della finitudine umana, sottraendola al tabù in cui è occultata nella nostra cultura e che ne amplifica la portata traumatica per bambini e adulti.
Nel corso si offrirà una conoscenza approfondita della letteratura scientifica sull’argomento, con un particolare affondo sulla chimica cerebrale legata al sentimento dell’amore e dell’abbandono e alle varie fasi che caratterizzano l’elaborazione del lutto, alternata a momenti pratici finalizzati a sviluppare strumenti educativi operativi che consentano di accompagnare i bambini nelle problematiche emotive legate alla fine della vita, nella convinzione che il “dare parola, spazio” alle domande dei bambini sulla morte, sull’abbandono e sul dolore sia una delle condizioni per sostenere e favorire l’elaborazione dei lutti che ognuno è destinato a vivere nella propria esistenza.