Riflessività: strumento di professionalità tra saper essere e saper fare e generatrice di innovazione dell’essere

Nido, Scuola dell'Infanzia

 

di Lia Michelotti, pedagogista

 

La riflessività rappresenta lo strumento più efficace per generare conoscenza di sé e del mondo; innovazione, intesa innanzitutto come processo di crescita personale volto ad espandersi coinvolgendo l’altro, influenzando così il contesto nel quale questo processo si genera.

Per riflessività si intende la capacità di guardarsi dentro, di osservare il passato, la propria storia confrontandosi, allo stesso tempo, con il contorno, le circostanze, nel qui ed ora, al fine di produrre un cambiamento e “trasformarsi”.

Potremmo definire la riflessività come sospensione di tempo critico tra l’io e l’io trasformato dall’incontro con altro.

Si tratta di un processo di fermento intellettivo che richiede capacità di sospendersi, di “ondeggiare” nell’incertezza e nel dubbio, alla ricerca di senso e significato, di trasformazione, d’innovazione. Sostanzialmente un processo di ricerca e sperimentazione dapprima personale, capace di contagiare, in un moto a spirale, il contesto nel quale tale processo si genera ed evolve.

Saper riconoscere le emozioni legate ai propri vissuti permette di comprendere gli schemi di comportamento di fronte a determinate situazioni. Essere consapevoli delle proprie dinamiche interiori permette di gestire le emozioni senza che queste ultime prendano il sopravvento, concedendosi, in questo modo, la possibilità di scegliere con cognizione di causa, assumendo così, un atteggiamento responsabile nei propri confronti e in quelli dell’altro da sé.

Esplorare a fondo la propria affettività permette di liberare il campo dai residui difensivi e darsi la possibilità di un vero incontro con il Nuovo, ed è allora, che l’orizzonte dell’essere si amplia.

Un professionista riflessivo si conosce, si comprende e nella propria consapevole autenticità esercita la responsabilità delle proprie scelte e azioni.

La capacità riflessiva genera consapevolezza ed agire con consapevolezza è sinonimo di libertà: libertà dai pre-giudizi, dalle congetture, dalle sovrastrutture difensive. Significa concedersi opportunità e possibilità. Significa ampliare il ventaglio delle scelte possibili. La consapevolezza è ciò che distingue l’essere dal saper essere. L’atteggiamento del soggetto riflessivo è quello di tendere all’oltre, di cogliere ogni occasione come potenziale di crescita ed arricchimento del proprio essere che mette a disposizione dell’altro. Soltanto un approfondito lavoro su sé stessi rende il soggetto realmente disponibile ad accogliere pienamente Altro e l’Altro, a generare trasformazione e innovazione. La riflessività si nutre del pensiero critico e dinamico; sposa il problematicismo, vive di ricerca. Una delle sue principali caratteristiche è la resilienza: non solo intesa come capacità di affrontare le avversità, ma di trarre da queste ultime Esperienza. La criticità diviene motivo di evoluzione e progresso.

«Ogni cambiamento, infatti, a qualsiasi scala dimensionale abbia luogo, sposta interi pacchetti di energia, apre finestre, mostra orizzonti che possono rendere l’esistenza più interessante e significativa.[1]»

Quella che definiamo sospensione è una dimensione spazio-temporale della mente in uno stato di fermento intellettivo, di meditazione attiva, provocata dall’incontro con altro (inteso come evento, persona, stato emotivo; tutto ciò che provoca un inter-esse) e caratterizzato da una prima fase di ascolto competente alla quale segue una fase euristica di esplorazione e di inferenza durante le quali si elaborano criticamente e creativamente ipotesi e strategie per generare nuova cultura ed esperienza.

L’esperienza è tanto più significativa quanto maggiore è il cambiamento e la trasformazione generata.

Il significativo incontro con altro, ovvero quella circostanza che muove al cambiamento e alla costruzione del Nuovo, genera nel soggetto inter-esse inteso come coinvolgimento dell’essere; un sentimento di viva curiosità, di desiderio di conoscere;  attenzione, intesa come una disposizione psicologica che nasce dall’interesse, “tendere verso”, prestare ascolto; interazione, ovvero influenza e/o, azione reciproca; relazione.

Il desiderio di conoscenza suscitato dall’incontro con altro da sé, smuove l’essere, lo spinge a “prendere dall’altro” generando uno sviluppo progressivo della coscienza, che costruisce conoscenza, altra. La risultante è progresso, inteso come avanzamento, evoluzione, e innovazione dell’essere.

La riflessività costituisce l’opportunità di percorrere infiniti sentieri di possibilità, di non fermarsi al percorso più semplice e conosciuto ma alimentare la passione verso la ricerca di altri orizzonti di senso.

Questo tipo di approccio alla professione permette di dare senso al proprio fare per un esserci consapevole ed intenzionale.

«All’essere umano non basta vivere; ha necessità di dare significato al tempo della vita, di inventare l’esistenza in un orizzonte di senso, trovando quelle direzioni del pensiero, del sentire e dell’agire in cui sente di poter trovare la sua consistenza, ossia di realizzare una pienezza d’essere[2]».

 

 

 

[1] Barillà D., Inadeguati non si nasce. Tracce per pensare la vita e per educare, Carthusia Edizioni, Collana Pensare-Educare senza effetti collaterali, Milano, 2009, pagg. 91-92

 

[2] Mortari L., Aver cura della vita della mente, Carocci Editore, Studi Superiori, Roma 2013, pag. 9

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