La timidezza nei bambini: ecco come attraversarla

Educazione e sviluppo infantile
La timidezza nei bambini - Percorsi Formativi 06

di Silvia Iaccarino, formatrice, psicomotricista, fondatrice di PF06

La timidezza nei bambini e nelle bambine è un elemento che educatrici, educatori, insegnanti e genitori riscontrano spesso, in particolare nella fascia 0-10 anni.

In che modo possiamo accompagnare lungo il percorso di crescita quei soggetti che mostrano timidezza?

In una società che valorizza l’estroversione, può essere complesso per noi adulti affrontare la timidezza di un bambino o di una bambina: chi manifesta comportamenti riservati, taciturni e distaccati desta un po’ di perplessità e fatica.

C’è, di base, una difficoltà nell’approccio e nella valorizzazione di comportamenti che divergono da quelli estroversi.

La timidezza implica una serie di sentimenti, pensieri e comportamenti che sono legati al fatto di sentirsi a disagio nelle interazioni sociali rispetto alla media delle persone.

In questo articolo vediamo insieme cos’é la timidezza e come si manifesta nei bambini e nelle bambine, quali sono le cause principali e che tipo di strategie educative possiamo proporre come supporto.

 

Indice dell’articolo

Come si manifesta la timidezza nei bambini

Che cos’è la timidezza?

Il bias della timidezza

Bambino introverso e bambino timido

Quali sono le possibili cause della timidezza nei bambini?

Quali sono i comportamenti che definiscono la timidezza nei bambini?

Quando dobbiamo preoccuparci della timidezza

Strategie di supporto per la timidezza dei bambini

 

Come si manifesta la timidezza nei bambini

Il bambino o la bambina timido o timida può provare agitazione nei contesti sociali sconosciuti. L’agitazione deriva spesso dalla paura del giudizio degli altri, dal sentirsi in soggezione, non all’altezza, non adeguati. Un sentimento che riguarda anche l’autostima.

I comportamenti associati alla timidezza includono l’evitamento di situazioni sociali, la chiusura, il distanziamento, la ritrosia rispetto all’interazione con le altre persone.

Questo atteggiamento è molto visibile nei bambini dai quattro, cinque anni in su e nella fascia della scuola primaria.

I bambini più piccoli – nella fascia 03 – tendono in modo istintivo a ritrarsi dal contatto con gli sconosciuti.

Se siamo per strada e incontriamo un conoscente, un vicino di casa, un’amica, una persona che il bambino, la bambina non frequenta spesso, è tipico che i piccoli di due, tre, quattro anni si nascondano dietro di noi.

Può capitare anche con persone più conosciute che i bambini non sono però abituati a vedere fuori dal loro contesto.

Per esempio, un bambino potrebbe faticare a riconoscere la sua educatrice se la vede al supermercato perché si trova in un ambiente differente dal quale è di solito abituato a osservarla.

Si tratta di un atteggiamento normale che non è connesso alla timidezza ma a un meccanismo di protezione attivato dal bambino nel momento in cui incontra una persona che conosce poco, o che magari conosce bene, ma vede per la prima volta fuori dal suo contesto.

È molto importante non etichettare questi comportamenti con la parola timidezza, perché in realtà il bambino non è timido ma si sta proteggendo rispetto a uno sconosciuto o semi-sconosciuto.

 

Che cos’è la timidezza?

È una caratteristica del soggetto – può riguardare anche noi adulti – che si manifesta con un atteggiamento riservato e poco socievole.

Parliamo di timidezza quando un bambino, una bambina tende nella sua modalità comportamentale a esitare nel fare nuove conoscenze e può avere difficoltà nel relazionarsi con gli altri, sia adulti che bambini, in modo stabile.

La timidezza non è una patologia! Se un bambino o bambina è timido/a non necessita di un neuropsichiatra.

Ci sono degli elementi che possono far pensare che il bambino sia in forte difficoltà: in questo caso è utile un approfondimento, in primis con il pediatra e poi nell’eventualità con uno psicologo, una psicologa dell’età evolutiva.

La timidezza non è un tratto patologico, ma un aspetto che può influenzare il modo in cui l’individuo, adulto o bambino, interagisce con l’ambiente intorno a sé, in particolare con le persone.

Bambini e bambine timidi possono aver bisogno di più tempo rispetto agli altri per sentirsi a proprio agio nelle situazioni sociali, e questo atteggiamento non implica in nessun modo che ci siano fatiche in altre aree dello sviluppo (cognitivo, motorio, linguistico). Il bambino o la bambina ha solo bisogno di più tempo per relazionarsi con l’altro.

 

Il bias della timidezza

Quando parliamo di timidezza siamo soggetti a un bias: paragoniamo un comportamento rispetto a quello che notiamo nella media. Non dovremmo però fare paragoni ma dare a ogni bambino e bambina il diritto di essere quello che è e manifestare le sue caratteristiche.

Non c’è niente di male nel fatto che il bambino sia più riservato o taciturno o più ritroso rispetto agli altri ed è giusto provare il desiderio di aiutarlo se lo vediamo in difficoltà per questo.

Proviamo a interpretare la timidezza dei bambini come una modalità diversa di approcciare alle persone. Modalità che rientra comunque nella norma.

Nella variabilità del nostro modo di essere, nell’unicità e irripetibilità di ciascuno di noi, ci sono bambini e bambine che mostrano una maggiore apertura verso gli altri e bambini che ce l’hanno meno.

 

Bambino introverso e bambino timido

Che differenza c’è tra introversione e timidezza? Proviamo a non sovrapporre questi due aspetti.

  • Il bambino introverso manifesta caratteristiche di temperamento tali per cui è un soggetto che nella norma preferisce stare da solo o in piccoli gruppi di amici, apprezza la solitudine e la usa per ricaricare le batterie, sta bene con sé stesso. Non prova ansia nei contesti sociali ma non li predilige. Il bambino introverso è a suo agio nella sua bolla e non è in difficoltà. L’introversione è una caratteristica innata, come l’estroversione.
  • Il bambino timido può essere introverso e a un certo punto, per diversi motivi che vedremo più avanti, inizia a manifestare timidezza. Nella timidezza c’è la difficoltà, il disagio nel relazionarsi con gli altri. C’è il vivere le relazioni sociali come fonte di stress.

Bambini e bambine timidi vorrebbero essere più socievoli ma si sentono in difficoltà e non hanno abbastanza strumenti e capacità per interagire.

Se nell’introversione osserviamo un bambino, una bambina che sta bene con la sua condizione di riservatezza, introspezione, solitudine, nella timidezza notiamo elementi di fatica, difficoltà.

La timidezza può anche portare a comportamenti di autoesclusione dai contesti sociali, come talvolta a manifestazioni di aggressività per la frustrazione che il soggetto attraversa.

Molti bambini e bambine timidi imparano nel tempo a gestire questa loro caratteristica e a sviluppare sicurezza nelle interazioni sociali.

Riconoscere la differenza tra timidezza e introversione ci aiuta come professioniste, professionisti e genitori ad adottare strategie di supporto appropriate per sostenere lo sviluppo sociale ed emotivo dei bambini e delle bambine. L’osservazione ci aiuta a capire se siamo di fronte a un bambino introverso o a un bambino o una bambina timida: impariamo a usare lenti differenziate.

 

Quali sono le possibili cause della timidezza nei bambini?

Le cause della timidezza sono variabili da persona a persona e si possono attribuire a una combinazione tra fattori genetici e ambientali.

  • Secondo alcuni studi c’è una variabilità che può essere attribuita alla genetica: bambini e bambine possono ereditare una predisposizione alla timidezza dai loro genitori.

L’epigenetica è una scienza che studia la modalità di trasmissione tra generazioni sia del patrimonio genetico, sia dell’epigenoma, ovvero delle esperienze che i genitori vivono nel corso della loro esistenza e vengono codificate all’interno del DNA come informazioni che dicono ai geni come funzionare.

Secondo l’epigenetica ereditiamo, oltre ai tratti genetici dei nostri genitori, anche l’esperienza che loro hanno interiorizzato, compresa almeno quella delle tre generazioni precedenti.

Un bambino, una bambina, porta con sé tutto quel patrimonio di geni e di esperienze che entrano nel suo sistema. Compresa, a volte, la timidezza.

 

  • Un altro aspetto che può incidere sulla timidezza è lo stile educativo dei genitori: adulti troppo critici, iperprotettivi o perfezionisti possono contribuire allo sviluppo della timidezza nei loro bambini e bambine.

Così come atteggiamenti di timidezza manifestati da mamma e papà possono trasmettere ai figli e alle figlie un approccio ristretto alla socialità.

Anche le esperienze sfavorevoli nei contesti sociali possono portare allo sviluppo della timidezza nei bambini.

 

  • La timidezza è connessa alla modalità con cui noi adulti definiamo bambini e bambine, aspetto che condiziona l’autostima dei piccoli, cioè l’immagine di sé.

Il bambino o la bambina comincia a modificare il suo modo di relazionarsi con gli altri: “Se mi dicono che sono timido, ok, si vede che è così, faccio il timido”.

 

Bambini e bambine costruiscono la loro identità a partire dallo scambio reciproco con gli altri e si rispecchiano nelle persone intorno a loro, in particolare negli adulti di riferimento, ma anche nel gruppo dei pari, soprattutto dalla scuola dell’infanzia in poi.

Se continuiamo a etichettare un soggetto come timido – parola caricata di un significato sfavorevole a cui il bambino è sensibile – capisce che c’è qualcosa che non va quando gli diciamo “Uh ma come sei timido!”. Così facendo un bambino introverso può diventare timido perché, senza volerlo, lo abbiamo condizionato.

 

Quali sono i comportamenti che definiscono la timidezza nei bambini?

Vediamo quali possono essere i comportamenti che denotano aspetti di timidezza di bambini e bambine.

 

  1. L’esitazione nel fare nuove conoscenze: i bambini timidi tendono a evitare di avvicinarsi a nuove persone, una tendenza che può anche essere legata a determinati e specifici contesti.

 

  1. La fatica a staccarsi da un genitore, magari quando il bambino o la bambina deve entrare al nido o alla scuola dell’infanzia il mattino.

 

  1. La necessità di osservare a lungo le situazioni prima di coinvolgersi: il bambino e la bambina ha bisogno di prendere un tempo di osservazione per capire il contesto, la situazione, prima di partecipare in modo attivo.

 

  1. L’evitamento nelle situazioni sociali: i bambini con questa caratteristica tendono a evitare più che possono le situazioni che sono per loro stressanti.

Possono manifestare comportamenti silenziosi, acquiescenti, soprattutto nei contesti extrafamiliari.

A volte mostrano tranquillità, conformità alle regole, motivo per cui il loro disagio potrebbe essere difficile da intercettare.

  1. Faticano a esprimere le proprie capacità: anche se bambini e bambine con questa caratteristica sono assolutamente nella norma dal punto di vista dello sviluppo cognitivo, del quoziente intellettivo – a volte sono anche molto creativi – potrebbero essere in fatica nell’esprimere le loro qualità.

 

  1. Arrossire: la timidezza si manifesta talvolta con il cambiamento del colorito del volto, oppure a volte bambini e bambine si chiazzano per esempio sul collo, sul petto e possono esserci anche delle manifestazioni somatiche come il mal di pancia, il mal di testa senza apparenti cause organiche.

 

  1. Talvolta difficoltà nel sonno e, in età scolare, una possibile incidenza anche sul rendimento scolastico.

 

La timidezza può avere un impatto importante sulle relazioni sociali dei bambini e delle bambine in termini di:

  • quantità di amici,
  • fatica nella relazione con i coetanei,
  • evitamento delle situazioni di gruppo,
  • sensibilità al giudizio altrui,
  • bassa autostima.

 

La timidezza è un aspetto che spesso subisce un’evoluzione nel corso del tempo. Molti adulti lo sostengono: sentiamo spesso dire da un genitore “Da piccolo, da piccola ero molto timida e molto timido. Poi pian piano, nel tempo, grazie a una serie di cose che ho vissuto, sperimentato, fatto, ho imparato a gestire questa parte della mia personalità”. Magari hai vissuto anche tu questa situazione.

 

Quando dobbiamo preoccuparci della timidezza

Quando riscontriamo nei bambini e nelle bambine degli elementi di fatica frequenti, un disagio continuo nella relazione sociale, una scarsa evoluzione della timidezza anche a fronte del nostro supporto, è importante confrontarsi col pediatra e valutare l’opportunità di un approfondimento specialistico con una o uno psicologo dell’età evolutiva.

Se sei educatrice, educatore, insegnante e osservi questi atteggiamenti, condividi il tuo pensiero con i genitori.

Se sei genitore, parlane con il pediatra e, se necessario, intraprendi un percorso di supporto professionale.

 

Strategie di supporto per la timidezza dei bambini

In qualità di adulti, come possiamo aiutare nella quotidianità bambini e bambine con questa caratteristica e accompagnarli nella loro crescita? In che modo possono prendere dimestichezza con questa loro caratteristica?

 

Un primo aspetto da considerare è l’evitare di essere troppo protettivi. Anche se l’adulto ha un’intenzione amorevole di supporto e sostegno, in realtà questa modalità iperprotettiva mette ancora più in fatica il bambino e la bambina che si potrebbe sentire inadeguato, incapace di affrontare determinate situazioni.

Lavoriamo su noi stesse, noi stessi, per evitare di sovraccaricare bambini e bambine con il nostro istinto protettivo: i piccoli che manifestano timidezza hanno bisogno di uscire un po’ dalla loro zona di comfort.

È importante evitare approcci autoritari e modalità critiche, umilianti, svalutanti e il perfezionismo.

 

Serve un approccio autorevole che coniughi calore, amorevolezza, gentilezza, accoglienza, con la giusta fermezza dei limiti, dei confini.

L’approccio autorevole aiuta molto bambini e bambine a crescere in modo armonico perché è caratterizzato da una forte capacità di essere accoglienti, gentili, caldi, e una solidità, consistenza dell’adulto.

 

  1. Accoglienza e accettazione

Un primo aiuto che possiamo fornire a bambini e bambine che manifestano la caratteristica della timidezza è di accettarli, accoglierli per quello che sono e farli sentire ben voluti, amati, considerati.

Bambini e bambine – questo è un aspetto che vale per tutti e non solo per i bambini timidi – hanno bisogno di sentirsi valorizzati. Anche perché spesso il bambino con timidezza ha una scarsa autostima, quindi c’è proprio bisogno che lui o lei si senta importante e benvoluto.

Partire dall’accoglienza e dall’accettazione dovrebbe essere il nostro primo punto di lavoro.

 

  1. Comprensione

Un altro aspetto di rilievo è mostrare comprensione ed empatia verso i sentimenti, le emozioni che il bambino o la bambina manifesta nelle diverse situazioni. Di solito provano nervosismo, ansia, disagio, a volte timore o paura a seconda delle situazioni.

Normalizzare le emozioni permette al bambino, alla bambina di non sentirsi sbagliato.

 

  1. No alle critiche

Evitiamo di criticare, prendere in giro, mettere in imbarazzo il bambino o la bambina per la sua timidezza, anche etichettandolo come timido o timida davanti ad altre persone.

 

  1. Fare un passo indietro

Quando il bambino si trova in situazioni relazionali, come adulti è importante fare un passo indietro. Cosa significa? Per esempio, evitare di rispondere alle domande al posto del bambino o della bambina. Non dobbiamo correre in soccorso per salvarlo dalle situazioni sociali difficili perché potremmo aumentare il suo senso di inadeguatezza.

 

  1. Accompagnare

Aiutiamo il bambino e la bambina a superare, attraversare con gradualità le sue paure sociali in modo delicato, nel rispetto delle modalità, dei tempi e delle possibilità che via via il bambino mostra di poter attraversare.

Per esempio, se osserviamo che nostro figlio o figlia o un bambino al nido o alla scuola dell’infanzia vorrebbe chiedere a un altro bambino di giocare ma è in fatica, possiamo trovare dei modi, a seconda dell’età del bambino, per supportarlo in questo aspetto.

Problematizziamo la situazione col bambino e la bambina in un momento in cui non ci sono altre persone che ascoltano, in cui abbiamo la possibilità di parlare con lui o con lei con serenità: “Guarda Giovanni, guarda Lucia, ho visto che quando siamo al parchetto hai molto desiderio di andare a giocare con gli altri bambini. Vedo proprio l’interesse, la curiosità, la voglia che hai di andare. Però capisco che c’è un po’ di fatica. Come possiamo fare? Come ti senti?” In base alla proprietà di linguaggio del bambino possiamo aiutarlo ad aprirsi a noi con serenità, senza premere, senza spingere.

Raccontiamo le nostre esperienze di quando eravamo piccoli e proviamo a ragionare insieme sul come si potrebbe fare la volta successiva.

 

  1. Stare nelle situazioni sociali

Non dobbiamo precludere a bambini e bambine le situazioni sociali, evitando di portarli alle feste di compleanno o al parco solo perché mostrano timidezza.

Cerchiamo di capire cosa è sostenibile per lui o lei, in termini di tempo e condizioni.

 

  1. Riconoscere le emozioni

Negare, sminuire, svalutare le emozioni dei bambini e delle bambine, anche se la nostra intenzione è positiva, può farli sentire inadeguati. È invece importante riconoscere e legittimare i loro stati emotivi, qualsiasi essi siano. Nessuna emozione è mai sbagliata.

 

  1. Spiegare le interazioni sociali

Aiutiamo bambini e bambine a capire di più e meglio le interazioni sociali, soprattutto quelle tra pari che sono per loro le più complesse. Proviamo a spacchettare i dati impliciti, le regole non dette all’interno degli scambi sociali, delle interazioni tra persone. Per un bambino interagire con un pari è una sfida significativa.

Se un adulto funziona normalmente, agevola l’interazione col bambino, favorisce, chiarisce, fa in modo che lo scambio possa essere ben leggibile da parte del bambino e quindi affrontabile.

Negli scambi tra bambini osserviamo una serie di elementi legati alla loro immaturità che rendono a volte faticosa la comprensione delle intenzioni.

Bambini e bambine in età 06 stanno ancora costruendo le loro competenze socio-emotive.

 

Aiutiamo il bambino, la bambina, a guardare il punto di vista dell’altro oltre che il suo e allargare la visuale per comprendere più in profondità cosa accade nelle interazioni. Questo approccio li supporterà nello sviluppare una migliore autostima e un buon senso di autoefficacia.

 

  1. Essere un modello

Modelliamo comportamenti sociali fiduciosi e aperti davanti al bambino, alla bambina. Noi adulti possiamo essere i primi a mostrare una maggiore apertura verso gli altri davanti ai piccoli offrendo loro un esempio da cui poter imparare.

Possiamo incoraggiare la partecipazione del bambino e della bambina alle feste degli amici più intimi, organizzare a casa nostra momenti di condivisione, favorire queste occasioni in ambienti sicuri per il bambino.

 

  1. Favorire la costruzione di una buona autostima

È importante potenziare l’autostima di bambini e bambine, mettendoli nella condizione di avere successo anche in piccoli aspetti della quotidianità non connessi alla socialità, ma collegati con il sentirsi capaci, auto-efficaci, padroni delle situazioni, in grado di avere competenza nelle diverse occorrenze.

Apparecchiare e sparecchiare la tavola, vestirsi da soli, scegliere se mettere la maglietta gialla o quella blu: piccole cose per coltivare l’autostima di bambini e bambine.

 

Leggi anche questo articolo: Costruire l’autostima nei bambini, un processo lungo una vita

 

  1. No ai paragoni

Evitiamo di fare paragoni con altri bambini e bambine. A nessuno piace sentirsi paragonato agli altri, neanche a noi adulti.

 

  1. Gestire lo stress

Forniamo ai bambini e alle bambine strategie di gestione dello stress. La timidezza deriva da un’emozione che blocca, porta a ritirarsi e a non andare verso una situazione attraente ma che fa sentire nervosi, agitati, in ansia.

Supportiamo i piccoli nell’acquisire piccole strategie di regolazione delle emozioni come, per esempio, esercizi di respirazione.

 

In questo episodio del nostro podcast trovi spunti utili sulle tecniche di respirazione per i bambini:

Bambini, bambine e la timidezza

 

  1. Rispettare i tempi

Rispettiamo i tempi del bambino e della bambina perché possa sentirsi a suo agio.

I piccoli che presentano la caratteristica della timidezza hanno bisogno di tempo per osservare le situazioni prima di coinvolgersi. È importante concedere un tempo adeguato in modo che lui o lei abbia l’opportunità di capire, vedere, valutare e poi con i suoi tempi ingaggiarsi. Noi possiamo esserci in accompagnamento per dare un po’ un incoraggiamento senza spingere, senza forzare e senza sostituirci al bambino e alla bambina.

 

  1. Riconoscere i successi

Riconosciamo e apprezziamo quando il bambino, la bambina raggiunge piccoli successi. Se osserviamo che riesce a prendere un’iniziativa, avere uno scambio costruttivo, è importante offrire un riconoscimento (senza fare festa grande eh): “Lucia, ho visto come poco fa hai rivolto la parola alla tua amica, al tuo amico chiedendogli come sta, wow, puoi essere orgogliosa di te. Hai visto? Ieri volevi farlo e non eri riuscita, oggi sì!”.

 

Qui trovi qualche spunto: Consigli pratici per fare i complimenti ai bambini

 

 

  1. No alle etichette

Evitiamo l’etichetta Sei timido. Cerchiamo di sostituire la parola timido con riservato, discreto per non dare una connotazione negativa al termine. Cerchiamo di non mettere l’etichetta della timidezza, ma di usare altre parole come riservatezza, discrezione.

 

Diamo una valenza positiva, costruttiva, favorevole alle manifestazioni del bambino. La timidezza è una definizione che diamo noi per convenzione culturale: nella nostra cultura definiamo timidi una serie di comportamenti che potrebbero benissimo essere di un bambino serenamente introverso.

Se osserviamo che questa timidezza sfocia o rischia di sfociare in ansia sociale, in ansia generalizzata, in depressione, chiediamo aiuto in primis ai pediatri, poi eventualmente agli psicologi dell’età evolutiva.

 

Accogliamo e accettiamo bambini e bambine per ciò che sono, senza pretendere di cambiarli.   Rispettiamoli e sosteniamoli nell’attraversare le emozioni e le fatiche.

La timidezza è una ritrosia che porta all’immobilità, allo stare alla finestra. Il nostro lavoro consiste nell’accompagnare bambini e bambine ad attraversare le loro emozioni.

Quando i piccoli imparano a conoscerle, a non averne più paura, a respirarci dentro, riescono di conseguenza a regolarle e a maneggiare la timidezza.

Quando questa emozione non sfocia in stati di ansia o depressione, possiamo con pazienza, comprensione ed empatia, dare un supporto affinché bambini e bambine possano fiorire ed esprimersi nelle relazioni sociali.

Qualche suggerimento di lettura…

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