A qualsiasi età, essere in relazione con gli altri è uno dei bisogni principali che guidano il nostro agire.
In ciascuno di noi alberga la tensione di creare un legame con le persone che stimiamo, che sentiamo come affidabili e importanti per la nostra vita. Ma creare un legame non basta per sentirsi connessi. I due elementi non coincidono. Possiamo essere legati a molte persone, e di fatto lo siamo. Ma ci sentiamo connessi con ognuna di queste?
Se vogliamo assumere il punto di vista della Brown, possiamo interrogarci, in particolare in merito alla relazione educativa, su quanto davvero siamo connessi ai bambini di cui ci prendiamo cura, tanto come genitori che come professionisti.
Ciò che davvero nutre, all’interno di un rapporto, è il grado di connessione che ciascuno di noi sente con l’altro. Non basta essere in relazione per generare connessione. Serve di più.
Ricordate nel film “Avatar” il famoso saluto: “Io ti vedo”? Ecco. Quello. Serve sentirsi visti davvero, nel profondo, con autenticità e presenza.
A volte proviamo frustrazione quando i bambini non ci ascoltano, non ci seguono, si oppongono, ci mettono in discussione. Ma quante volte, invece di puntare il dito sulla loro inadeguatezza, ci poniamo domande in merito al grado di connessione presente nella relazione?
Se per tutti sentirsi connessi agli altri è importante, per i bambini ancora di più. Perchè la connessione, come una corda invisibile, rassicura il bambino, gli fa sentire di avere un posto nel mondo e di valere per le persone a cui vuole bene. Soprattutto per i più piccoli (ma non solo), rappresenta anche una bussola per non perdersi nel mare vasto della vita e per orientare la propria rotta.
Interrogarsi su quanto i bambini percepiscano la connessione nella relazione può diventare strumento potente per l’adulto per comprendere più profondamente molti dei loro comportamenti, soprattutto quelli “scorretti”, e, di conseguenza, con maggiore sensibilità, empatia ed efficacia, sapersi attivare per ristabilire il collegamento.