di Silvia Iaccarino, formatrice, psicomotricista, fondatrice di PF06
Tuo figlio, tua figlia, gioca con amici e amiche: simulano una battaglia, fingono di stringere armi e pistole e di giocare alla guerra. Reagisci d’istinto e cerchi di fermare il momento di gioco perché non lo reputi istruttivo e utile.
Hai già affrontato una situazione simile? Vediamo insieme se è giusto o meno permettere di giocare alla guerra o di fare i giochi con le armi.
In questo articolo vorremmo offrirti una visione oggettiva di questo tema, sia per rassicurarti quando vedi bambine e bambini che giocano con le pistole (inventate, ovvio), sia per darti una spiegazione concreta di questo atteggiamento.
Disclaimer – Abbiamo trattato il tema dei giochi con le armi nel 2017. Riproponiamo l’articolo, ampliato e aggiornato, in un contesto storico dove il tema della guerra è più che mai attuale. Il focus di questo contenuto non è tuttavia legato alle attuali vicende storiche come, ad esempio, la guerra tra Russia e Ucraina. Il nostro scopo è sempre informativo ed educativo.
Indice dell’articolo
Giocare alla guerra in età prescolare
Giocare alla guerra per canalizzare le energie aggressive
Il valore simbolico del giocare alla guerra
Giocare alla guerra per sentirsi potenti
Giocare alla guerra è un gioco simbolico
Cosa possiamo fare per valorizzare il gioco delle armi e non renderlo pericoloso?
Bibliografia sul gioco delle armi
Giocare alla guerra in età prescolare
Quando osserviamo bambini e bambini in età prescolare – e non solo – notiamo che soprattutto i maschi tendono a simulare giochi con le armi, giochi con le pistole. Mettono in scena tematiche che agli occhi degli adulti risultano violente e aggressive e fanno ampio uso delle armi, giocattolo e non: basta usare pollice e indice per avere in mano una pistola da usare nell’immediato.
Il gioco delle armi viene agito da bambini e bambine di ogni cultura e rappresenta un tema universale, non correlato a specifici contesti sociali, storici o politici.
Di fronte a questi giochi di guerra e armi noi insegnanti, educatrici, educatori e genitori, tendiamo a storcere il naso. E cosa facciamo? Spesso li vietiamo ed evitiamo di acquistare armi giocattolo. Il nostro divieto nasconde il timore che, attraverso questi giochi con pistole e fucili, bambini e bambine diventino persone violente e guerrafondaie.
Lo psicoanalista austrico Bruno Bettelheim afferma però che impedire di fare i giochi con le armi “perché si ha in odio la violenza e la guerra, è negativo per il bambino e riflette esclusivamente preoccupazioni e paure nostre. C’è chi teme che la passione per le armi, da bambini, sia la causa della violenza degli adulti, o addirittura che, giocando a questi giochi, il loro figlio possa diventare da grande un assassino. Ma questi sono ragionamenti sbagliati e pericolosi”.
Pensare che un bambino, una bambina, possa diventare una persona violenta in età adulta solo perché gioca con le armi, equivale a pensare che possa diventare un ingegnere o un muratore perché fa le costruzioni coi mattoncini, un meccanico o un pilota d’aereo perché ama giocare con le macchinine o gli aeroplani.
È evidente che le tematiche dei giochi simbolici dei bambini e delle bambine non sono predittive delle loro professioni future o della loro inclinazione a essere più o meno violenti.
Giocare alla guerra per canalizzare le energie aggressive
Permettere ai bambini e alle bambine di esprimere le loro naturali istanze aggressive attraverso il gioco simbolico garantisce che non vengano trattenute e soffocate, col rischio di farle esplodere poi con violenza in fasi successive del ciclo di vita, come per esempio in adolescenza o in età adulta.
Suggerisce Bettelheim “… giocare alla guerra e con le armi consente di scaricare le frustrazioni accumulate, e quindi tende a ridurne il livello. Di conseguenza il bambino riuscirà a controllare i sentimenti aggressivi e ostili, più facilmente che non se gliene fosse impedita la scarica a livello simbolico.”
Bambini e bambine vivono nel quotidiano una serie di frustrazioni connaturate alla loro immaturità e giovane età. Facciamo alcuni esempi pratici: vorrebbero prendere un gioco sullo scaffale ma non ci arrivano, vorrebbero la pasta al sugo e invece c’è quella in bianco, il fratellino invade lo spazio di gioco e prende la macchinina preferita.
Sono situazioni normali e che non dobbiamo risparmiare loro, entro limiti accettabili.
Bambini e bambine hanno bisogno di imparare a tollerare e gestire la frustrazione, ma in situazioni come quelle sopra esemplificate è normale che manifestino una quota di tensione aggressiva fisiologica. Tensione che è necessario esprimano e canalizzino in modo sano.
Ti proponiamo il pensiero di Donald Woods Winnicott, pediatra e psicoanalista britannico:
“Tutti i bambini provano rabbia e, di conseguenza, aggressività. Questi sentimenti sono classificati come ‘cattivi’. Il bambino che si rende conto di avere in sé qualcosa di cattivo può sentirsi ‘sporco’, colpevole. Sapere che tali sentimenti possono essere espressi, a certe condizioni (ad esempio attraverso il gioco) senza provocare risentimento e violenza nei suoi confronti, è rassicurante per il bambino”.
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Il gioco rappresenta un canale privilegiato per poter esternare le tensioni in due forme.
- La forma sensomotoria: giochi di movimento, costruire grosse torri con gli scatoloni da abbattere e poi rifare, manipolare vari tipi di impasto, lanciare oggetti.
- La forma simbolica: bambini e bambine inventano scenari di gioco fantastici, impersonano super eroi e personaggi cattivi (anche in base al cartone animato, film o videogioco del momento), giocano a guardie e ladri, o giocano a fare la guerra. Così sparano, colpiscono, uccidono, distruggono con armi di diverso tipo e potenza, inscenano battaglie e scontri di ogni genere. E, di solito, simulano la lotta tra il bene e il male.
In questo modo manifestano in modo simbolico le loro tensioni emotive senza fare male a nessuno perché tutto avviene sul piano della finzione.
Mettere in scena l’eterna lotta tra il bene e il male attiva la comprensione di questi concetti e contribuisce al loro sviluppo morale.
Il valore simbolico del giocare alla guerra
Oltre a consentire la canalizzazione delle energie aggressive, il gioco con le armi ha diverse valenze simboliche.
Giocare alla guerra rappresenta una possibilità per esprimere in modo sano le proprie pulsioni aggressive, ma ti presentiamo anche un’altra chiave di lettura interessante di cui tenere conto: dal punto di vista simbolico le armi rimandano alla potenza. Il bambino, la bambina, ama giocare con pistole, fucili e spade perché sono oggetti che rispecchiano un’immagine di “Sé Potente”.
Ecco come spiega questo concetto Giuseppe Nicolodi:
“Nel bambino il gioco delle armi vuole enfatizzare la loro valenza di potenza, non quella di portatrici di morte. Volergli attribuire anche questa valenza è un’interpretazione gratuita, magari del mondo dei grandi, ancorati al concreto, non dei bambini”.
Attraverso il gioco delle armi ai bambini e alle bambine interessa distruggere e uccidere l’altro perché nella finta morte dell’amico/amica possono riconoscere la propria potenza. Dopodiché, il finto morto deve risuscitare subito per poter fare ancora e ancora questo gioco divertente che dimostra il potere del bambino e della bambina nel mondo.
Il gioco delle armi è quindi piacevole e divertente per bambini e bambine perché “… dilata la potenza di sé; è simbolo del contenuto del proprio corpo identificato come portatore di cose buone, forti, potenti. Va quindi separata e distinta la collaterale valenza mortifera che le armi si trascinano nella loro accezione concreta, e va riconosciuto a questo gioco tutta la sua importanza per la fase evolutiva del bambino” spiega Nicolodi.
Giocare alla guerra per sentirsi potenti
Come mai i bambini e le bambine hanno così bisogno di sentirsi potenti, istanza che esprimono anche in altri contesti, non solo ludici?
I motivi principali sono due.
- Bambini e bambine in età prescolare stanno costruendo il proprio Sé e la propria identità e necessitano di sviluppare fiducia in sé stessi, in primis nel loro corpo attraverso il concetto di sono forte, sono capace. Hanno bisogno di sperimentare il poter agire sul mondo per trasformarlo, di essere un agente e di sentire di essere buoni, quindi amabili.
- Da adulti, ricordiamo quanta impotenza bambini e bambine sperimentano ogni giorno. Non possono decidere molto della loro vita: come è normale che sia gli adulti gestiscono la routine quotidiana in tutti gli aspetti.
Per comprendere questo concetto ci aiuta il pensiero di A. Solter:
“I bambini hanno poco potere e sono fortemente consapevoli della forza e della conoscenza superiore degli adulti. Sono consapevoli anche delle proprie imperfezioni e dei propri errori quando tentano di acquisire nuove abilità. Non è sorprendente che essi vogliano giocare il ruolo di un essere potentissimo, coraggioso, forte, buono, ammirato da tutti, che non sbaglia mai e risolve ogni problema. Fingendo in questo modo i bambini possono superare alcuni dei loro sentimenti di paura, impotenza e incertezza”.
Per questo nel gioco con le armi i bambini e le bambine tendono a fingere di essere dei super eroi o comunque dei personaggi invincibili che non hanno paura di niente.
Di conseguenza, attraverso il gioco simbolico delle armi – e molte altre forme ludiche – bambini e bambine recuperano quel senso di potere di cui necessitano per rinforzare il proprio Sé, sviluppare una buona autostima, sentirsi capaci, buoni, forti e costruire una solida personalità.
Il gioco simbolico rappresenta anche un’importante palestra per imparare, nel tempo, l’autoregolazione: per giocare a fingere il bambino, la bambina deve avere la padronanza del proprio corpo al fine di dosare la forza, i gesti, l’attivazione emotiva.
Uno sforzo utile a mantenere il registro simbolico e non sfociare sul piano del reale, facendo a quel punto male per davvero.
Giocare alla guerra è un gioco simbolico
Condividiamo un’ultima riflessione sulla valenza del gioco della guerra: il nostro mondo è pervaso da secoli – in base alle epoche storiche – di battaglie, scontri e guerre a cui i bambini e le bambine sono esposti di continuo. Una dinamica amplificata dalla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa.
Quando un bambino/a, soprattutto piccolo/a, sente o vede scene che rappresentano armi, guerra, morte, rimane colpito sul piano emotivo: non comprende cosa succede ma sente che si tratta di qualcosa di brutto.
Deve fronteggiare emozioni spiacevoli che possono confondere, disorientare e di cui non sempre gli adulti si rendono conto per supportare nell’elaborazione di questi vissuti.
Poiché il gioco – in particolare quello simbolico – rappresenta un naturale strumento terapeutico, bambini e bambine mettono in scena le diverse situazioni a cui sono esposti per metabolizzare i loro vissuti e cercare di comprendere il mondo che li circonda.
In quest’ottica possiamo considerare il gioco delle armi come il riflesso di quanto accade nel mondo, una realtà che i bambini e le bambine hanno bisogno di capire sul piano cognitivo e di elaborare sul piano emotivo.
È importante per noi adulti riflettere su cosa vedono i nostri bambini e bambine sugli schermi, selezionare i programmi e cercare di proteggerli da contenuti non appropriati alla loro età.
Cosa possiamo fare per valorizzare il gioco delle armi e non renderlo pericoloso?
Il gioco delle armi esiste da sempre e risponde al bisogno dei bambini e delle bambine di fare i conti con alcune istanze interne.
Oggi però sono anche molto esposti a cartoni animati, film, videogiochi, programmi che influenzano le loro emozioni e i loro comportamenti, fornendo dei modelli di aggressività che noi adulti non vogliamo certo passare loro.
Genitori – così come educatrici, educatori e insegnanti – hanno il compito di svolgere un ruolo di controllo e di scelta rispetto a cosa vedono i bambini e le bambine: l’eccessiva esposizione a programmi violenti può disturbare lo sviluppo emotivo dei piccoli, favorire l’emulazione dei personaggi protagonisti dei programmi e creare modelli di comportamento potenzialmente disfunzionali.
Cosa possiamo fare?
- È fondamentale monitorare i contenuti di cui i bambini e le bambine fruiscono sugli schermi, applicare un controllo e fornire una guida prioritaria rispetto alla qualità e alla quantità di stimoli su questo tema.
Quando osserviamo che il bambino/a imita i personaggi dei cartoni o dei videogiochi e rischia di fare male agli altri (per esempio perché simula le mosse di qualche personaggio senza la capacità di modulare la forza delle proprie azioni) è urgente attivarsi per ridurre il tempo-schermo e modificare la qualità dei programmi a cui i bambini/e sono esposti.
- Quando i bambini e le bambine fanno giochi di fantasia e di ruolo ma senza arrecare un danno, come afferma Bettelheim, “noi dovremmo rispettare il loro desiderio, accettando quei giochi per quello che sono: attività che in quel momento rivestono importanza per loro, ma che non fanno presagire niente di particolare per il loro avvenire”.
Qual è il pensiero di PF06?
Suggeriamo di non acquistare le armi giocattolo, tanto a casa quanto nei contesti educativi.
Preferiamo che i bambini e le bambine le costruiscano con i mattoncini, le imitino con le dita, con un piccolo bastone, una banana, uno spazzolino da denti o qualsiasi altro oggetto che la loro creatività può suggerire.
Una pistola giocattolo è solo una pistola giocattolo: non potrà mai essere altro e obbliga il bambino, la bambina a un unico tipo di gioco, impedendogli di trasformare quell’oggetto in qualcosa di diverso.
Un tubo di cartone può essere una spada, un fucile, un bastone, una base per costruire delle torri o altro in base alla fantasia del piccolo.
Forniamo a bambini e bambine materiali destrutturati che possano investire nel gioco simbolico attraverso la loro fantasia per trasformarli in ciò che desiderano e favorire il processo creativo.
Possiamo regolamentare il gioco delle armi all’interno di una cornice di finzione: “Stiamo giocando per finta, non ci si fa male per davvero. Non si fa male agli altri e non ci si fa male”.
Lasciamo poi ai bambini e alle bambine l’opportunità di usare l’immaginazione per realizzare lo scenario e iniziare il divertimento.
Bibliografia sul gioco delle armi
- Un genitore quasi perfetto, ed. Feltrinelli, Milano, 2013
- Giochi con me? di C. Porta, ed. Il Leone Verde, Torino, 2012.
- L’educazione psicomotoria nell’infanzia, ed. Erickson, Trento, 2016
- Mamma, io sono grande! J. Solter ed. La Meridiana, Molfetta, 2000