di Silvia Iaccarino, formatrice, psicomotricista, fondatrice di PF06
C’è un tema sempre molto caldo sul quale ci confrontiamo con educatori, educatrici e insegnanti: i comportamenti aggressivi nei bambini e nelle bambine delle sezioni dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia.
Il tema – che interessa anche tutti gli altri contesti famigliari e sociali – dovrebbe essere affrontato con consapevolezza e delicatezza: prima di trarre conclusioni affrettate sul comportamento aggressivo di bambini e bambine, proviamo a indagarne le motivazioni.
Per approcciare il tema trattato nell’articolo sui comportamenti aggressivi di bambine e bambine, ti suggeriamo di leggere anche questo contenuto:
La Teoria Polivagale e i bambini: la sensazione di sicurezza
un contributo abbastanza ampio nel quale ho illustrato per sommi capi la Teoria Polivagale di Porges, descrivendo nella seconda parte una serie di ricadute per l’operato di educatrici, educatori e insegnanti al nido e alla scuola dell’infanzia.
La Teoria Polivagale ci aiuta a comprendere a fondo l’aggressività nei bambini (e non solo) e ci permette di attivare soluzioni creative e adeguate alla loro crescita e al loro benessere.
Nei servizi educativi è fisiologico che si verifichino comportamenti aggressivi tra bambini e bambine e può essere complesso, per gli adulti, comprendere il bambino aggressivo.
Le competenze socio-emotive e linguistiche sono in via di sviluppo e il corpo rappresenta il primo canale di comunicazione: gesti, posture, prossemica, mimica, prosodia, azioni, sono il linguaggio principale con cui i bambini e le bambine comunicano, soprattutto al nido.
Alla scuola dell’infanzia lo sviluppo nei vari distretti è più avanzato, ma è ancora frequente osservare comportamenti e bambini aggressivi, soprattutto nei momenti conflittuali, i quali rappresentano importanti momenti di crescita e che puoi approfondire qui:
I litigi tra bambini: una palestra per crescere
In che modo la Teoria Polivagale di Porges può sostenere il lavoro di educatori, educatrici, insegnanti?
Come interpretare i comportamenti aggressivi dei bambini
Possiamo partire dai fondamenti della Teoria Polivagale per interpretare il comportamento aggressivo nei bambini e nelle bambine sotto una nuova luce.
La Teoria Polivagale enfatizza il ruolo dei nostri sistemi difensivi per tenerci al sicuro e proteggerci da eventuali minacce, reali o percepite e immaginate.
Cosa succede nel nostro cervello? Il sistema simpatico è deputato alle reazioni di lotta e fuga che attiva in caso di pericolo e mobilizza il nostro corpo in due modi differenti:
- lotta, per affrontare l’elemento minaccioso,
- fuga, per scappare dall’elemento minaccioso.
Possiamo quindi leggere e interpretare l’aggressività infantile come conseguenza dell’attivazione del sistema simpatico.
Ora proviamo a portare questa teoria nei contesti educativi e nelle scuole 06 per dare una spiegazione alla nostra esperienza quotidiana: diventa più semplice evidenziare come il bambino, la bambina, neurocepisca – riferendoci alla neurocezione di cui ci parla Porges -, una minaccia nell’ambiente esterno per la quale il suo sistema nervoso autonomo lo mobilita alla lotta.
A volte l’attivazione del sistema simpatico accade senza che noi adulti ne comprendiamo i motivi. Siamo di fronte alla cosiddetta “aggressività senza senso” che si manifesta in situazioni in cui un bambino, una bambina picchia, morde, graffia uno o più compagni – spesso sempre gli stessi o nelle medesime situazioni -, senza nessun motivo valido di fronte ai nostri occhi: il bambino non è stato aggredito, né gli è stato portato via un gioco, né tenta un approccio all’altro.
Per approfondire il tema dell’aggressività senza senso puoi leggere questo articolo:
Il bambino, l’aggressività e i morsi “senza senso” al Nido
Il bambino non è aggressivo
La Teoria Polivagale aiuta molto bene nel comprendere che NON è il bambino a essere aggressivo. Il suo comportamento è un messaggio e parla di come, in quel frangente, egli non si senta al sicuro, per cui il sistema simpatico si attiva nella modalità “lotta”. Non esistono bambini violenti, bambini nervosi e aggressivi o la bambina aggressiva.
Non c’è volontà di fare del male, di distruggere, di fare un dispetto, bensì un automatismo del sistema nervoso autonomo che lavora per la protezione del bambino stesso.
C’è un aspetto rilevante da considerare: il senso di minaccia può provenire dall’ambiente esterno ma anche dal mondo interiore del bambino, della bambina. Per esempio, se è sotto stress o triste perché ha nostalgia dei genitori, questa emozione potrebbe essere neurocepita dal sistema come minaccia e attivare il simpatico (o il dorso-vagale, dipende dal soggetto).
Il problema risiede nella percezione del pericolo a carico del sistema difensivo del bambino.
Il lavoro dell’adulto non dovrà quindi focalizzarsi solo sul comportamento esplicito, ma soprattutto su come ripristinare il senso di sicurezza, perché, come sottolinea Porges, “La sicurezza è il trattamento”.
In sostanza, dovremmo allenarci a considerare che, quando si manifestano comportamenti scorretti, forse la nostra relazione con il bambino, la bambina e/o l’ambiente non incontrano i suoi bisogni emotivi e non nutrono la neurocezione di sicurezza. Il bambino violento nella fascia di età 06 anni, non esiste.
Cosa possiamo fare per risolvere la situazione?
I diversi modi per interpretare i comportamenti aggressivi nei bambini
SOS bambini aggressivi cosa fare? Abbiamo due modalità principali per intervenire: una preventiva e una contingente.
La modalità preventiva
Sul piano preventivo è fondamentale l’osservazione continuativa a 360° per comprendere quali possono essere gli elementi dell’ambiente che fanno scattare il sistema simpatico.
Per esempio:
- tipologia di esperienza in corso, ma anche la precedente e la successiva,
- quantità di persone nello spazio e quanto sono in movimento,
- stato emotivo del bambino e dei compagni,
- quantità e qualità degli oggetti presenti,
- temperatura dell’ambiente,
- clima emotivo in sezione,
- luci, rumori e gli altri dati sensoriali.
Più guardiamo in grande, più elementi cogliamo dall’ambiente nell’arco di diversi giorni, più possiamo rintracciare il fil rouge che accomuna i diversi momenti in cui un bambino si comporta in modo aggressivo.
Comprendere quali possono essere gli stimoli d’innesco può aiutarci a lavorare sull’ambiente per modificare, dove possibile, gli stimoli stessi e dove non è possibile, accompagnare in modo più ravvicinato il bambino/a affinché possa attraversare la fatica con un maggiore senso di sicurezza dato dalla nostra vicinanza.
Qualora l’innesco parta dal suo mondo interiore, sarà nostra cura lavorare sul piano emotivo con gli strumenti che conosciamo e che fanno parte delle nostre competenze educative, affinché sia possibile rispondere alle sue necessità, rassicurando, accogliendo, empatizzando.
La modalità contingente
Sul piano della contingenza, ovvero quando accadono gli episodi aggressivi, possiamo prendere in considerazione i seguenti passaggi.
- È fondamentale che l’adulto sia in uno stato “vago ventrale”, non giudicante, aperto e invii al bambino segnali di sicurezza attraverso sguardo, volume della voce, prosodia, mimica, gesti, tono muscolare, postura, prossemica, contatto fisico.
Infatti, è solo a partire da uno stato regolato in vago ventrale che noi possiamo generare un campo rassicurante grazie al quale il nostro sistema nervoso autonomo può fare da ponte affinché quello del bambino si regoli a sua volta verso il vago ventrale (la sicurezza è il trattamento, ricordi?).
- Mantenere la connessione, sostenere l’autostima del bambino ed evitare colpevolizzazioni, sgridate: non dovremmo farlo sentire cattivo e sbagliato.
- Regolare le emozioni attraverso la mentalizzazione, spiegando con le parole quello che sta succedendo. Per esempio: “Giovanni, Lucia hai pensato che Giulia volesse prenderti il gioco, così l’hai spinta. Non volevi farle male, non sapevi come fare diversamente. La prossima volta puoi usare le parole e dire ‘ci sto giocando io’”.
Molto altro si potrebbe dire e in molti altri modi si potrebbe sfaccettare il tema dell’aggressività nel bambino. Qui abbiamo delineato alcuni spunti che spero possano aiutare a dare una lettura diversa e meno giudicante dei comportamenti dei bambini e delle bambine, ricordando che “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare sotto la pioggia” (Mahatma Gandhi).
BIBLIOGRAFIA
– S. W. Porges, “Guida alla teoria polivagale”, ed. Giovanni Fioriti
– D. Dana, “La teoria polivagale nella terapia”, ed. Giovanni Fioriti