L’amico immaginario

Educazione e sviluppo infantile

 

di Silvia Iaccarino

“L’amico immaginario è un confidente fidatissimo è il coraggio per affrontare le paure, è la rabbia per quello che non va, è una lacrima per un momento triste, è una risata per una cosa buffa”  E. Rossini, E. Urso

“Gli amici immaginari possono realizzare miracoli. Possono fare tutte le cose negative e sperimentare tutte le cose buone che un bambino di tre anni sogna” T. B. Brazelton

 

 

E’ molto frequente riscontrare nei bambini dopo i 2-3 anni di età  la presenza di amici immaginari, i quali sono il frutto della loro intelligenza sociale ed emotiva.  Una ricercatrice americana ha riscontrato che circa il 63% ne possiede uno e sono presenti in diverse culture e background.  Si tratta di un fenomeno più diffuso tra figli unici o maggiori e tipico dei bambini in generale: né dei più né dei meno dotati.

Gli amici immaginari possono rimanere in loro compagnia per diversi anni e tendenzialmente spariscono all’improvviso quando i bambini sono un po’ più grandicelli (mediamente verso i  7-8 anni).  Si tratta solitamente di persone, ma possono essere anche personaggi fantastici o animali (vedi in Inside out Bing Bong, l’amico immaginario di Riley, un po’ elefante e un po’ gatto).

Gli amici immaginari, i quali possono anche essere più di uno per lo stesso bambino, hanno spesso una valenza positiva, ma talvolta anche “ostile”. Per esempio, un bambino potrebbe avere un amico “buono” e/o uno un po’ “monello”, a cui attribuire le proprie “marachelle”. A volte sono dello stesso sesso del bambino , a volte no.  Talvolta assomigliano molto al piccolo, spesso invece si differenziano da lui.

L’amico immaginario solitamente cresce insieme al bambino e può arrivare ad avere una personalità molto articolata e complessa, che si arricchisce man mano che il piccolo cresce e ne amplia le caratteristiche.

Con il passare degli anni gli amici immaginari, come detto, spariscono e vengono talvolta sostituiti dai “paracosmi”,  ovvero società immaginarie, universi inventati, con una loro propria storia (vedi per esempio il mondo di Harry Potter o del Signore degli anelli).

I bambini, poi, sono consapevoli dell’irrealtà dei loro amici immaginari. Dopo i 3 anni, infatti, essi sanno distinguere realtà e finzione e quindi hanno consapevolezza del fatto che i loro amici sono, appunto, frutto della fantasia.

A volte gli adulti si preoccupano per queste manifestazioni, temendo che siano indice di qualche tipo di problema nei bambini.

Non è così: “Essi (gli amici immaginari nda) non indicano né genio né follia. I bambini che li inventano non sono, nell’insieme, più intelligenti, creativi, timidi o folli degli altri. Gli amici immaginari non sono frutto di angoscia o traumi, né precursori di patologie. In alcuni casi vengono adoperati come supporto per risolvere determinati problemi, ma per lo più costituiscono un puro e semplice divertimento.

Vista la numerosità di bambini accompagnati da questi personaggi, viene spontaneo interrogarsi rispetto al beneficio che ricavano dalla loro presenza.

Grazie ad essi i bambini possono, sostanzialmente, creare scenari di gioco simbolico con la fantasia e, tramite questa capacità, esplorare situazioni di vita, ruoli, eventi, in tutta sicurezza.

Per i bambini piccoli il mondo è un luogo affascinante, interessante, tutto da scoprire, da un lato, ma dall’altro imparare, conoscere, crescere implica grande fatica, inquietudine, dubbi, paure che, affrontate in compagnia di un amico fidato, possono essere maggiormente affrontabili.

L’amico immaginario, infatti, è una presenza di cui il bambino può fidarsi totalmente, sempre dalla sua parte, sempre disponibile e pronto a sostenerlo.  Esso  “è un paziente ascoltatore sempre interessato a ciò che gli si dice, capace di ascoltare per ore e ore e per giorni. Con la peculiarità che a questo amico si può parlare anche di tutte quelle cose e di tutti quei particolari che non sembrano interessare gli adulti o che loro non ritengono importanti. Un incredibile personaggio questo amico, curioso di sapere quello che è accaduto al bambino, che lo fa sentire sempre al primo posto e che dialoga con la costante disponibilità a gioire o soffrire con lui. Un amico che ascolta e capisce e fa domande e dà risposte sempre adeguate alle capacità cognitive del bambino.

Inoltre, la presenza di questo amico consente al bambino di costruire la propria identità e immagine personale: “nell’amico immaginario con cui è in relazione tutti i giorni il bambino riversa le immagini di sé che raccoglie nelle relazioni con gli altri, in particolare con gli adulti, e giorno dopo giorno aggiusta e si appropria dell’immagine do sé che gli altri gli trasmettono. Proiettare sul suo compagno ciò che riceve dal mondo esterno consente al bambino di elaborare quelle parti di sé per lui più difficili da comprendere, o quelle percepite come problematiche.

Grazie all’amico immaginario, il bambino può, tra l’altro, imparare a gestire le proprie emozioni  proiettandole su di lui. Se, per esempio, il bambino ha paura del buio, può trasferirla all’amico immaginario e affrontare questa paura aiutando l’amico stesso. In questo modo, come tipicamente accade nel gioco simbolico, il bambino impara a maneggiare le emozioni, recupera potere, senso di padronanza ed efficacia, sicurezza in sé.

Da questo punto di vista, tramite l’amico immaginario e come in un gioco di finzione, il bambino può provare a essere tante persone diverse, in tanti modi diversi, esplorando quindi innumerevoli emozioni, situazioni, ruoli,  in totale tranquiillità.

L’amico fantastico contribuisce, quindi, in modo significativo alla crescita del bambino. Alcuni studi hanno, infatti, evidenziato che i bambini con un amico immaginario tendono ad essere meno aggressivi, più collaborativi nelle relazioni sociali, più concentrati e con un linguaggio più sviluppato di coloro che non ce l’hanno. Inoltre, per dare vita all’amico immaginario ed arricchirne la personalità, il bambino fa un grande lavoro cognitivo tramite l’immaginazione e l’uso del registro simbolico: ciò contribuisce  al progresso anche in questa area di sviluppo.

Come comportarsi con l’amico immaginario del bambino? Abbiamo detto che per il piccolo esso rappresenta un elemento importante e di forte rassicurazione lungo il proprio percorso di crescita ed a cui va dato conto, accettandolo ed accogliendolo “in famiglia”. Se, quindi, il bambino chiede di apparecchiare la tavola anche per lui, sarà importante dare seguito a tale richiesta, e ad altre di questo genere, ma sempre aspettando l’iniziativa del bambino.

Bisogna evitare di voler convincere il bambino che tale presenza non esiste: il bambino lo sa da sé. E’ inoltre importante non prendere in giro il bambino per via di esso, né canzonare o sminuire l’amico stesso.

Quando eventualmente preoccuparsi? Abbiamo detto che, sostanzialmente, l’amico immaginario è una presenza utile alla crescita del bambino. La sua presenza potrebbe, al contrario, evidenziare un malessere o disagio qualora dovessimo osservare che il bambino si isola dal mondo frequentemente e per un lungo tempo per stare con il suo amico fantastico, schivando le relazioni con i pari e il coinvolgimento nel gioco.

In conclusione, se, da un lato, l’amico immaginario va accolto e trattato come se fosse reale, dall’altro è importante non invadere questo angolo di fantasia del bambino lasciando che sia lui a parlarne ed a coinvolgerlo nella quotidianità: “accogliamo la sua discreta presenza con entusiasmo, ma senza essere invadenti.

 

 

 

 A. Gopnik, “Il bambino filosofo”, ed. Bollati Boringhieri, Torino, 2010

 G. Sparnacci, “L’amico immaginato”, in Uppa 6/2014

 E. Rossini, E. Urso, “I bambini devono fare i bambini”, ed. BUR, Milano, 2016

 ibidem

 

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