Nel nostro immaginario culturale e collettivo il tema della morte, della malattia e della perdita sono in genere taciuti.
Ne parliamo quando questi eventi colpiscono l’esperienza diretta del singolo, e sono ciò che più viene visto come distante dal mondo dell’infanzia spesso connotato solo di colore, allegria e leggerezza.
In generale la stessa parola sofferenza stride, facendo risuonare in noi paure, timori e desiderio di protezione verso le bambine e i bambini.
Come se fosse un’emozione che, in questa parte della vita, non si dovrebbe sperimentare e si dovesse evitare.
Ciò che è frattura e sofferenza appartiene intrinsecamente all’esperienza di vita dell’essere umano fin dalla nascita.
Questo concetto viene rielaborato e accettato se vi è la possibilità di annoverarlo tra le esperienze di ogni giorno.
Se viene integrato in un tutto più complesso, dandogli “possibilità d’essere” e pertanto di essere vissuto, rappresentato e superato ma non dimenticato, diventa un elemento di crescita.
La finitudine costituisce una dimensione imprescindibile dell’esistenza con cui inevitabilmente i bambini e le bambine entrano in contatto e su cui attivano domande, riflessioni e indagini che meritano attenzione.
Bisogna attivare un’investigazione accompagnata da adulti, educatrici, educatori capaci di raccogliere e offrire suggestioni e stimolazioni che aprano al dialogo piuttosto che rifuggirlo.
Perché educare alla vita
C’è poi un ulteriore aspetto che tendiamo a non considerare nell’affrontare una tematica tanto delicata: parlare di morte implica il parlare della vita, del suo essere bene unico e prezioso di cui avere cura.
Affrontare il tema della morte con i bambini/e è anche un atto di responsabilità assunta dagli adulti: è nostro compito aiutare i bambini, futuri adolescenti e adulti, a divenire consapevoli del valore della vita, della sua unicità e della sua irripetibilità.
Dare spazio a questo tipo di discorsi significa:
- svolgere un lavoro di prevenzione verso il futuro dei bambini,
- dotarli degli strumenti necessari per gestire i dolori e fatiche che incontreranno nella loro esistenza,
- renderli consapevoli di come questi possano essere detti, affrontati, elaborati e superati.
Parlare di fine e di vita nel quotidiano: progettare un’educazione alla morte nei servizi 06
L’obiettivo dell’incontro formativo è confrontarsi sul tema della morte in relazione alla prima infanzia per attivare consapevolezze sull’importanza di educare nel quotidiano al tema della finitudine umana, sottraendola al tabù in cui è occultata nella nostra cultura e che ne amplifica la portata traumatica per bambini e adulti.
Nel corso approfondiamo la letteratura scientifica sull’argomento, con un particolare affondo sulla chimica cerebrale legata al sentimento dell’amore e dell’abbandono e alle varie fasi che caratterizzano l’elaborazione del lutto.
Affrontiamo nello specifico cosa significhi progettare un’educazione alla morte nella quotidianità nei servizi educativi e quanto ciò si traduca concretamente nella condivisione con le famiglie, nelle pratiche di osservazione, di ascolto e di dialogo con i bambini e nell’attivare esperienze a partire da mediatori e provocazioni significative.
Il “dare parola, spazio” alle domande dei bambini sulla morte, sull’abbandono e sul dolore è una delle condizioni per sostenere e favorire l’elaborazione dei lutti che ognuno è destinato a vivere nella propria esistenza.