di Silvia Iaccarino, formatrice, psicomotricista, fondatrice di PF06
Tuo figlio primogenito e tua figlia, la piccola, stanno giocando sul tappeto con le costruzioni. A un certo punto lei si avvicina al fratello e… bam, gli dà una botta sul braccio, lo picchia.
Quante volte assisti a questo tipo di litigi tra fratelli e sorelle? E, soprattutto, quante volte il più piccolo o la più piccola è il primo, la prima, ad alzare le mani?
A volte ti stupisci di fronte a questo atteggiamento perché ti aspetti che, durante le liti tra fratelli e sorelle, il maggiore picchi il minore magari per gelosia.
Durante il supporto alla genitorialità sono diverse le occasioni in cui i genitori raccontano questo tipo di esperienza e spesso rispondiamo a domande ricorrenti:
- mi aspettavo che fosse il grande geloso del piccolo e invece è il contrario, insomma che si fa?
- Perché i fratelli si picchiano e il minore colpisce il maggiore?
- In che modo posso limitare i litigi tra fratelli e sorelle?
Le dinamiche che regolano le relazioni tra fratelli e sorelle sono complesse da comprendere, anche per un genitore.
In questo articolo facciamo chiarezza su questo argomento e vediamo quali possono essere le diverse chiavi di lettura per interpretare questi comportamenti e le soluzioni da adottare.
Indice dell’articolo
Quali sono le cause dei litigi tra fratelli e sorelle
Il fratello minore desidera comunicare con il fratello maggiore
Il fratello minore vuole giocare con il giocattolo che ha il fratello maggiore
Il fratello minore reagisce a un gesto che ha ricevuto dal fratello maggiore
Il fratello minore attraversa emozioni intense
Il fratello minore è geloso del fratello maggiore
Il fratello minore ha bisogno di essere ascoltato
Dietro ai litigi tra fratelli si nasconde il bisogno di connessione
Quali sono le cause dei litigi tra fratelli e sorelle
Iniziamo dalle chiavi di lettura utili a interpretare i comportamenti di bambini e bambine in età 06 in generale e, nello specifico, a comprendere le relazioni tra fratelli e sorelle e il perché si picchino.
Prima di approfondire, una premessa:
- condividiamo indicazioni valide tanto per i genitori quanto per educatrici, educatori e insegnanti,
- i titoli di esempio sono scritti, solo per praticità, al maschile e in riferimento al comportamento del fratello piccolo verso il grande,
- le chiave di lettura sono utili per interpretare anche i comportamenti dei fratelli maggiori verso i minori e dei bambini e bambine nei contesti 06.
A prescindere dalla dinamica della situazione, l’adulto-guida ha il compito di offrire un rispecchiamento e promuovere strategie comunicative.
I bambini e le bambine nella fascia 04 anni in particolare – ma facciamo riferimento anche allo 06 – possono manifestare delle difficoltà nella comunicazione verbale connesse alla loro immaturità linguistica. Quando il fratello più piccolo picchia il più grande potrebbe avere l’intenzione di entrare in contatto con lui.
Bambini e bambine molto piccoli comunicano principalmente attraverso il corpo, il loro strumento di comunicazione più importante, e attraverso i comportamenti.
Nei contesti 06 (e oltre) il comportamento è un linguaggio e indica come sta il bambino e ciò che vuole comunicare.
Se il piccolo o la piccola vuole interagire con il fratello e la sorella o con un altro bambino o bambina e non sa usare le parole per creare il contatto, tira i capelli, spinge, morde, graffia, tira uno schiaffone.
Qual è la soluzione?
Concentriamoci sulla volontà comunicativa. Possiamo dire, per esempio, al bambino e alla bambina minore: “Giovanni, Lucia vedo che hai tirato i capelli a tuo fratello, tua sorella. Cos’è che volevi dirgli/dirle? Non tiriamo i capelli. Tirare i capelli fa male. Usa le parole. Volevi chiedere di giocare con te?”
Cosa può succedere in questa situazione? Il bambino piccolo annuisce con intensità oppure si lascia scappare un timido “Sì!”.
A questo punto continuiamo: “Ah benissimo Giovanni, volevi giocare con Lucia che bella idea. La prossima volta puoi usare le parole. Puoi dire a tua sorella: giochi con me?”.
La volta successiva in cui il bambino o la bambina tirerà ancora i capelli, spingerà, graffierà, morderà e picchierà (e ce lo aspettiamo, perché c’è bisogno di molto tempo prima che bambini e bambine imparino strategie di comportamento differenti) noi adulti continueremo imperterriti a proporre una valida alternativa.
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Questa situazione si verifica spesso: il fratello o la sorella minore vede il maggiore con un giocattolo e sente subito il desiderio di averlo.
Qual è la soluzione?
“Giovanni, Lucia, cos’è che volevi dire a tua sorella, a tuo fratello? Forse mi sembra di capire che tu voglia la macchinina con cui sta giocando lui o lei, è così?”. Anche in questo caso è probabile che il piccolo annuisca e noi possiamo verbalizzare la soluzione.
“Ok, al posto di picchiare puoi usare le parole e chiedere a tuo fratello se ti presta la sua macchina, o se potete giocare insieme”.
Forniamo strategie operative e parole adeguate per esternare la loro volontà e il desiderio.
Nel tempo bambini e bambine svilupperanno la capacità di usare le parole al fine di comunicare un’istanza interiore.
Non lasciamoci prendere dallo sconforto se non riusciamo a ottenere subito un risultato ma continuiamo a svolgere il nostro intervento educativo.
Man mano che il bambino o la bambina costruisce la sua architettura cerebrale e rinforza le sinapsi, sarà in grado di articolare a parole la sua richiesta senza picchiare il fratello o la sorella.
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Facciamo un esempio: i bambini stanno giocando tra di loro a un certo punto il più grande fa qualcosa che infastidisce il più piccolo il quale risponde con uno schiaffo, un morso, un graffio, una tirata di capelli.
I piccoli nella fascia 06 stanno costruendo le loro competenze sociali ed è normale che manifestino modalità relazionali un po’ materiali.
Qual è la soluzione?
Stabiliamo subito limiti chiari per l’interazione e verbalizziamo: “Giovanni, Lucia, forse ci sei rimasto male perché tuo fratello o tua sorella non ha voluto prestarti la bambola mentre stavate giocando in cucina, lo capisco, mi dispiace. Comprendo che questa cosa ti abbia fatto sentire frustrato. Quando ti senti così non voglio che picchi, puoi dirlo con le parole: sono arrabbiato, mi sento arrabbiato”.
Anche in questo caso offriamo concretamente un esempio di parole per dirlo, in modo che il bambino, la bambina possa utilizzarle in un momento successivo.
Nella situazione appena descritta è importante rivolgersi anche al fratello, sorella maggiore. Quando ci sono queste situazioni di interazione reciproca, potremmo dirgli:
“Guarda Giulio ho capito che non vuoi che tuo fratello giochi con questo tuo oggetto, glielo puoi dire con le parole, puoi dirgli ci sto giocando io, non te lo voglio prestare adesso”.
Diamo anche al bambino più grande gli strumenti per interagire al meglio con il bambino più piccolo.
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Bambini e bambine possono picchiare, graffiare o mordere quando attraversano emozioni importanti e forti. A volte sono solo stanchi e affamati, altre hanno sonno oppure si trovano in una condizione di sovraccarico.
Cosa può accadere? In modo involontario il piccolo disorganizza il suo comportamento e, in questa disorganizzazione, coinvolge il fratello o la sorella maggiore con uno schiaffo, un morso, un graffio.
Qual è la soluzione?
Proviamo a capire come si sente il bambino, la bambina, attraverso l’osservazione. Cerchiamo di comprendere se è stanco, ha fame, ha sonno, e poi rispondiamo al bisogno.
Se il bambino, per esempio, ha perso l’organizzazione comportamentale perché ha fame, il nostro intervento educativo sarà: “Giovanni, Lucia ho visto che hai tirato i capelli a tuo fratello, tua sorella. Forse, secondo me, hai un po’ fame, che dici?”. Annuisce.
“Ah ok, allora guarda quando è così e senti che hai fame puoi dirmi con le parole ho fame e io ti do da mangiare, ti preparo qualcosa. Ho capito che glieli hai tirati perché in quel momento, con la fame che avevi, non sei riuscito a frenare il tuo gesto. La prossima volta vedrai che andrà meglio”.
Anche in questa occorrenza il nostro lavoro di adulti-guida deve essere continuativo.
Ci vuole tempo affinché il cervello dei bambini e delle bambine costruisca le strade che mettono in comunicazione le diverse aree cerebrali che consentiranno al bambino e alla bambina di usare le parole.
Offriamo un rispecchiamento al bambino: “Hai fame, hai sonno, sei stanco, sei sovraccarico? Ok, guarda allora facciamo così…” e possiamo, a seconda della situazione, offrire qualcosa da mangiare o da bere, proporre un pisolino, ascoltare della musica rilassante, leggere un albo illustrato che piace.
Guarda questo corso ondemand: Comportamenti “aggressivi” nei bambini: morsi, graffi e litigi
Si tratta di una situazione che capita spesso: il bambino o la bambina è geloso, è gelosa delle interazioni dei genitori con il fratello, sorella maggiore o viceversa. Se dopo un’attenta osservazione ci rendiamo conto che il problema è la gelosia, possiamo agire in modi diversi.
Qual è la soluzione?
- Prima di tutto doniamo il nostro tempo, di qualità ed esclusivo, a ciascun bambino e bambina.
Quando abbiamo più figli è importante trovare un momento in cui il genitore possa trascorrere tempo esclusivo con ciascun figlio/a: dieci minuti, un quarto d’ora; può bastare andare insieme nella caffetteria sotto casa e fare colazione il sabato mattina.
- Coltiviamo la relazione con il bambino e la bambina e rendiamola il più possibile affettuosa, giocosa: serve favorire la secrezione di ossitocina. Le emozioni – come dice Paolo Borzacchiello – sono “ormoni con sopra un’etichetta”.
Facciamo in modo che all’interno del cervello del bambino e della bambina possa essere secreto l’ormone ossitocina, magari insieme alle endorfine che rilassano, distendono e rendono le interazioni favorevoli. Otteniamo la liberazione di questi ormoni col contatto fisico, trascorrendo insieme tempo divertente, leggero, piacevole e momenti di unione all’interno della famiglia.
- Rispecchiamo la gelosia del bambino (che sia il grande verso il piccolo o il piccolo verso il grande):
“Giovanni, Lucia, forse mi sembra di capire che hai graffiato tuo fratello perché io stavo parlando con lui e con lei e magari eri un po’ geloso. Lo capisco, guarda è normale essere gelosi, succede a tutti. La prossima volta puoi usare le parole, puoi venire da me e puoi dirmi anch’io voglio leggere il libro insieme a voi, anch’io voglio un abbraccio”.
È molto importante confermare, legittimare, validare la gelosia, senza far sentire il bambino, la bambina, sbagliato per questa emozione.
Il concetto da trasmettere è semplice: tutte le emozioni vanno bene, compresa la gelosia, non tutti i comportamenti sono adeguati.
Bambini e bambine hanno il diritto di sentirsi in tutti i modi del mondo – gelosi, frustrati, arrabbiati, tristi, felici – ma non possono comportarsi come vogliono.
Il nostro compito è da una parte validare sempre le emozioni e dall’altra riorientare i comportamenti.
La gelosia può manifestarsi quando noi genitori dedichiamo tempo esclusivo a uno dei due fratelli, per esempio quando allattiamo il piccolo.
In queste situazioni è molto utile recuperare le foto di quando il grande ha ricevuto lo stesso trattamento dai genitori e mostrarle.
“Guarda Giovanni, capisco che sei un po’ geloso di Lucia perché è piccola e la tengo tanto in braccio per allattarla, per farla addormentare. Sai che anche tu quando eri piccolo hai ricevuto le stesse cure? Guarda ti faccio vedere le foto!”
Aggiungiamo il racconto di qualche aneddoto simpatico o affettuoso che faccia comprendere al bambino e alla bambina il nostro amore incondizionato.
Leggi questo articolo di approfondimento: Gelosia per la nascita di un fratellino, sorellina? Ecco cosa fare
Bambini e bambine hanno la necessità di essere ascoltati, visti, guardati perché il loro senso di sé è ancora labile e in costruzione.
Se non percepiscono lo sguardo dell’adulto su di loro potrebbero agire in modo inconsapevole comportamenti aggressivi verso il fratello o la sorella, per ottenere da parte dell’adulto uno sguardo e connettersi.
Bambini e bambine hanno bisogno di connessione, non di attirare l’attenzione.
Qual è la soluzione?
Interveniamo in questo modo:
“Giovanni, Lucia, ho visto che hai tirato i capelli a tua sorella, tuo fratello, forse in questo momento ti sentivi un po’ perso, avevi bisogno che io stessi un po’ con te, che ti guardassi, che ti parlassi, è così?” Magari il bambino o la bambina annuisce.
“Ti capisco. Puoi venire da me, mi tiri la maglia oppure mi chiami e io capisco che hai bisogno”.
Dietro ai litigi tra fratelli si nasconde il bisogno di connessione
Le chiavi di lettura che abbiamo condiviso possono aiutarci a comprendere gli atteggiamenti dei fratelli o sorelle minori nei confronti dei maggiori e viceversa.
Sono interpretazioni valide anche all’interno dei contesti educativi e scolastici dove accadono le stesse dinamiche: quante volte un bambino, una bambina, mostra gelosia nei confronti di un’educatrice o un educatore?
Noi adulti ci confrontiamo nella quotidianità con bambini e bambine che:
- provano un’emozione intensa e non sanno come esternarla,
- agiscono attraverso un comportamento aggressivo,
- sono frustrati da un’interazione con un pari,
- vogliono giocare con i giochi degli altri,
- ricercano una modalità per interagire,
- hanno bisogno di connessione.
Nei contesti educativi e scolastici molti comportamenti dei bambini e delle bambine derivano dalla stanchezza e dal sovraccarico sensoriale, perché sono ambienti molto stimolanti che possono innescare comportamenti aggressivi.
Nell’ambito dei litigi tra fratelli e sorelle, tra compagni e compagne, è importante porre attenzione alle emozioni che provano bambini e bambine e che non sanno ancora in che modo comunicare, esternare, manifestare a parole.
Il compito di genitori, educatrici, educatori e insegnanti è fornire le parole giuste per comunicare quell’emozione e assicurare la propria presenza nel percorso di crescita dei bambini e delle bambine per incontrare il loro bisogno di connessione.
Vuoi ascoltare questo articolo? Ecco il podcast: Quando il bambino/a piccolo/a picchia il fratello/sorella grande (ma anche viceversa)